Coronavirus, il mistero del “paziente zero” in Italia: “ormai è inutile trovarlo, abbiamo malati di seconda e terza generazione che si moltiplicheranno”

Coronavirus, il punto della situazione sul "paziente zero": passano i giorni e diminuiscono le chance di trovarlo
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Il Coronavirus è arrivato in Italia e ha già fatto 7 morti su 229 casi di contagio accertati: 6 persone sono decedute in Lombardia, una in Veneto. Il focolaio dell’epidemia è proprio nel cuore della pianura Padana, tra il lodigiano e il padovano. Ma in realtà è più corretto parlare di “focolai” perchè non è ancora stato ricostruito il percorso del virus, com’è arrivato in Italia e come s’è diffuso su un territorio così vasto e diffuso. Gli esperti sono preoccupati perchè non si riesce a ricostruire l’origine dell’epidemia: il manager lombardo di Castiglione d’Adda che aveva cenato con il 38enne di Codogno ancora ricoverato in prognosi riservata è stato “scagionato” dagli esami sierologici. Non ha mai avuto il Coronavirus.

Foto di Emanuele Cremaschi / Getty Images

Come l’hanno preso, quindi, tutti gli altri? Giovanni Rezza, dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità, è perentorio: “si è concretizzato lo scenario che ho sempre temuto: il primo contagiato è un italiano che non è mai stato in Cina“. Abbiamo centinaia di malati autoctoni e del caso-Italia si è preoccupata persino l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che con il direttore europeo Hans Kluge ha comunicato: “Quello che preoccupa della situazione italiana è che non tutti i casi registrati sembrano avere una chiara storia epidemiologica, cioè un legame con viaggi in Cina o contatti con altri casi già confermati“.

Foto di Emanuele Cremaschi / Getty Images

Per Giorgio Palù, docente ordinario di microbiologia e virologia all’Universita’ di Padova, continuare a cercare il paziente zero “Ormai è inutile. Due sono i motivi che rendono la ricerca meno importante. Il primo è che il virus è altamente contagioso e lo è anche nei pazienti asintomatici. Un recente studio cinese ha trovato alte concentrazioni di virus in naso e bocca in pazienti perfettamente in salute. Il secondo è che ormai la diffusione è autoctona e non piu’ legata ai viaggi in Cina. Da un confronto tra il tasso di mortalità dell’influenza stagionale e Covid-19, sembra che la seconda sia più letale. Nella stagione 2018-2019 circa il 10% della popolazione è stata colpita dall’influenza stagionale o da sindromi simil-influenzali. Qualcosa quindi come 8 milioni di persone, di cui 8mila morti direttamente (ad esempio per polmonite) o indirettamente legate all’influenza. Si tratta quindi di un tasso di mortalita’ dello 0,1%. Per Covid-19 si parla invece di un tasso di mortalita’ di circa il 2%, legata soprattutto alle forme gravi che danno polmonite interstiziale.

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Pier Luigi Lopalco, epidemiologo dell’Università di Pisa, è convinto che i pazienti zero non si possono più trovare perché il virus partito dalla Cina è arrivato in Italia già da tempo. “Evidentemente ha circolato silenziosamente già da gennaio. Se i malati si sono rivolti al sistema sanitario si è pensato che fossero stati colpiti dall’influenza, oppure avevano sintomi così lievi che nemmeno sono andati dal dottore. I pazienti che vediamo adesso potrebbero appartenere alla seconda o terza generazione dei contagiati“. Se questa teoria fosse vera, ci potrebbero anche essere stati altri morti per Coronavirus che sono deceduti nelle scorse settimane e quindi non sappiamo che sono morti per questa malattia. “Se non stanno più male, o se non hanno mai avuto problemi, i casi zero sono davvero difficili da individuare. Tanto più che il numero dei malati sta salendo e le indagini epidemiologiche sui loro contatti diventano sempre più difficili“.

Lopalco ha sempre segnalato il pericolo degli asintomatici: “Una persona che è sfuggita ai controlli, non ha detto che era andato in Cina e ha contagiato altri, creando poi una seconda e terza generazione di malati. Se lo scenario è questo, la macchina che si è attivata in questi giorni riuscirà rapidamente a contenere il focolaio e a riportare la situazione sotto controllo. Ma nello scenario più difficile che possiamo immaginare, abbiamo punti da cui è partito il contagio che potrebbero essere più di uno. Persone che sono tornate dalla Cina alle loro attività, magari con sintomi lievi e non si sono preoccupati di avvisare che sono state in zone a rischio, avviando così più di un focolaio. In questo caso, la probabilità che il virus circoli diventa alta“.

Intanto abbiamo 229 casi confermati, di cui 172 in Lombardia e 33 in Veneto, le due Regioni dove ci sono stati i 7 morti. I prossimi giorni potranno rivelarsi decisivi per capire quanto il Coronavirus è diffuso in Italia oltre i focolai lombardo-veneti.

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