A dicembre, uno sconosciuto coronavirus è emerso nella città cinese di Wuhan. Attualmente, il virus ha infettato oltre 82.000 persone nel mondo, provocando più di 2.800 vittime e diffondendosi in altre decine di Paesi al di fuori della Cina. Oltre alla Cina, punto di partenza dell’epidemia, al momento preoccupano due focolai in particolare: sono la Corea del Sud (al 2° posto al mondo per numero di contagiati) e l’Italia (4° posto). Nel nostro Paese, allo scoppio del focolaio in Lombardia, dove ora i casi confermati sono più di 300, sono scattate misure molto drastiche, che hanno messo in quarantena diversi comuni, isolando di fatto circa 50.000 persone. Nonostante queste misure non siano riuscite ad impedire che il virus si diffondesse in altre regioni, c’è chi ancora grida all’allarmismo, ad un’esagerazione della situazione.
Per cercare di comprendere l’utilità di queste misure, che in Cina hanno riguardato decine di milioni di persone, è necessario introdurre il concetto di tasso netto di riproduzione, indicato con R0. Quando emerge una nuova malattia, le organizzazioni sanitarie fanno riferimento a questo valore per valutare se un’epidemia si diffonderà: R0 rappresenta il numero medio di persone a cui un individuo infetto può trasmettere la malattia in una popolazione che non ha mai affrontato quella malattia prima. Se R0 è 3, significa che in media, ogni caso creerà 3 nuovi casi. Ma non è tutto così semplice.
R0 è importante perché se maggiore di 1, probabilmente l’infezione continuerà a diffondersi. Ma se è inferiore ad 1, probabilmente si arresterà da sola. Quindi questo numero è di vitale importanza, perché fornisce fondamentali informazioni per le organizzazioni e le nazioni per valutare al meglio la risposta ad un’epidemia come quella che il mondo sta affrontando in questo momento.
Ma il tasso netto di riproduzione non è facile da calcolare, soprattutto nei primi giorni di un’epidemia, quando non è ancora chiaro quanti casi ci siano. Alcune persone potrebbero essere state infettate senza mostrare sintomi, mentre altre potrebbero non aver riportato i loro sintomi alle autorità sanitarie. Dati assenti su chi abbia la malattia, sui loro spostamenti e sui loro contatti, costringono gli scienziati a calcolare R0 attraverso complicate simulazioni in cui vengono utilizzate una varierà di metodi. Questo è il motivo per il quale le stime del tasso netto di riproduzione possono variare tra di loro. Inoltre, questo parametro dipende anche dalla probabilità che qualcuno ha di essere infettato dopo il contatto con una persona malata e dalla frequenza con cui si verifica tale contatto. “Nei posti con un buon controllo dell’infezione, dove si possono isolare i casi appena si verificano, si vedrà un R0 più basso rispetto ai posti in cui è partita inizialmente l’epidemia”, spiega Majumder.
Il nuovo virus, che rappresenta una minaccia da non sottovalutare, è emerso in un momento in cui gli scienziati hanno più strade che mai per pubblicare i loro dati e confrontarsi. Questa è una cosa positiva, poiché una comunicazione aperta e veloce può aiutare a tenere a bada la malattia più rapidamente.