Per ‘corazzare’ il cuore e proteggerlo da infarto e scompenso cardiaco, senza ricorrere a terapie invasive, potrebbe bastare un farmaco anti-aggregante orale (il ticagrelor), già in commercio, somministrato con modalità diverse rispetto a quelle comunemente usate, con il vantaggio di limitare eventuali effetti collaterali come sanguinamenti e difficoltà respiratorie. Lo rivela uno studio di ‘riposizionamento’ di questo farmaco per i pazienti a rischio. La ricerca è stata condotta dall’Unità di Medicina critica traslazionale dell’Istituto di Scienze della vita della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con la Fondazione Toscana G. Monasterio e il Cardiocentro Ticino di Lugano. I risultati sono stati pubblicati su ‘Scientific Reports’ (gruppo Nature), dopo che i dati preliminari avevano incuriosito la comunità scientifica in occasione del Congresso internazionale dell’American Heart Association.
Il ticagrelor, nel corso dello studio, ha rivelato di mediare un nuovo meccanismo di protezione del cuore. Il farmaco è stato in grado di attivare le cellule progenitrici isolate da cuore umano, promuovendone la proliferazione e favorendo il rilascio di esosomi, ovvero le più piccole vescicole extracellulari conosciute, capaci di rendere cellule cardiache (cardiomiociti) più resistenti alla morte programmata da carenza cronica di ossigeno. Si tratta di un danno presente nelle persone che presentano un albero coronarico malato, incapace di irrorare il tessuto cardiaco in modo adeguato.
“Siamo partiti dallo studio dell’interazione diretta del principio attivo con il suo recettore, regolarmente espresso dai progenitori cardiaci umani, per capire quanto una dose del farmaco ticagrelor, più bassa rispetto a quella convenzionale, fosse già sufficiente e rivelare l’inatteso potenziale cardioprotettivo del farmaco, che i cardiologi hanno sotto gli occhi da anni per altre ragioni“, sottolinea Vincenzo Lionetti, docente di anestesiologia all’Istituto di Scienze della vita della Scuola superiore Sant’Anna e coordinatore dello studio internazionale. “L’uso di dosaggi più bassi di ticagrelor – aggiunge – garantisce una cardioprotezione non-invasiva, più efficace e sicura, e ora sappiamo il perché. Per queste ragioni un colosso farmaceutico svedese si è subito interessato alla nostra ipotesi, i cui risultati sono ora pubblicata su ‘Scientific Reports’, supportando la ricerca con un finanziamento incondizionato. Valentina Casieri, ricercatrice in Patologia clinica della nostra unità di ricerca, ha dimostrato che altri farmaci anti-aggreganti orali non inducono lo stesso meccanismo cardioprotettivo del ticagrelor”.