A partire dall’epicentro dell’epidemia, in Cina, il coronavirus ha seguito tra vie per diffondersi nel resto del mondo: una diretta in Europa, una verso gli Stati Uniti e la terza verso Sud, verso Corea e Australia. Lo ha detto all’ANSA la virologa Ilaria Capua, direttrice del centro ‘One Health’ dell’universita’ della Florida, sulla base delle oltre 150 sequenze genetiche dei coronavirus finora pubblicate. “Va sfatato il mito che l’Italia abbia diffuso il virus“, ha aggiunto.
“Il dato evidente – ha proseguito Capua – è che la dinamica dell’infezione in Europa è diversa da quella raccontata finora”. Le sequenze genetiche del coronavirus ottenute in Italia sono ancora poche, ma sufficienti per capire che “non sono stati gli italiani a diffondere l’infezione”.
“E’ comunque inutile cercare ancora di rintracciare il paziente zero: potrebbe essere uno, ma potrebbero essere centinaia. Quello che sappiamo – ha proseguito la virologa – è che il nuovo coronavirus e’ arrivato in Europa dalla Cina probabilmente in gennaio, portato da centinaia di persone. Adesso stiamo cercando di ricostruire gli ingressi multipli in Europa grazie alle sequenze genetiche”.
Queste ultime sono depositate nelle due grandi banche dati chiamate Gisaid e GeneBank, a disposizione dei ricercatori di tutto il mondo per essere analizzate. Somiglianze e differenze che emergono dal confronto delle mappe genetiche indicano che “l’Europa si comporta come un’area unica”, ha osservato. E’ probabile che “una massa critica di persone con il virus arrivata in Europa abbia contribuito a diffonderlo. Non è stata soltanto l’Italia – ha concluso – a fare da cassa di amplificazione”.