Il coronavirus continua a diffondersi a macchia d’olio nel mondo. Mentre in Cina i numeri dei contagi continuano a diminuire di giorno in giorno, l’epidemia sta creando diversi e preoccupanti focolai altrove, in particolar modo in Italia, Corea del Sud ed Iran. L’epidemia, partita a fine dicembre da Wuhan, in Cina, ha costretto alla quarantena decine di milioni di persone nel Paese asiatico. Così, gli impianti industriali si sono fermati, le città si sono svuotate e le emissioni della Cina sono calate del ben 25%.
Coronavirus, in Cina l’epidemia ha ridotto le emissioni di CO? di 1?4: crollato l’utilizzo di carbone e petrolio, impatto enorme sull’inquinamento globale
In Italia, l’epidemia è esplosa da un focolaio in Pianura Padana, una delle aree più densamente popolate e più globalizzate d’Europa, spesso e volentieri alle prese con problemi di inquinamento per gli elevati livelli di polveri sottili nell’aria. Al momento, la Lombardia è di gran lunga la regione con il maggior numero di contagiati in Italia, con 1.520 casi e 55 morti registrati finora. In quella che è diventata la “zona rossa” in Italia, sono scattate importanti misure di precauzione per tentare di contenere il più possibile la diffusione del virus. Il 23 febbraio, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è scattata la sospensione di tutti i servizi educativi e dei viaggi di istruzione, la chiusura di musei e cinema e l’invito alla popolazione ad adottare norme virtuose per evitare la diffusione del contagio. Lo smart working e il telelavoro, inoltre, hanno limitato gli spostamenti e l’uso di auto e veicoli a motore.
Il coronavirus ha messo in stand-by la Lombardia e in generale tutta Italia, con pesanti ricadute sull’economia e sul turismo del nostro Paese, che risente degli effetti dei divieti di viaggio verso l’Italia proprio a causa dell’epidemia. Eppure, in tutto questo caos, sembra esserci una notizia positiva. Lo stop forzato imposto dal coronavirus sta avendo un impatto benefico sulle emissioni della Lombardia, proprio come successo in Cina, e i dati dell’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) lo confermano.
Solo a gennaio, molte città italiane, tra cui Milano, erano tra le città più inquinate. Fino al 18 febbraio, il capoluogo lombardo aveva superato per 35 volte i limiti consentiti di PM10 dall’inizio dell’anno (oltre i 50µg/m³). Ma l’effetto delle misure per contenere il coronavirus sembra aver migliorato la qualità dell’aria in Lombardia. Probabilmente anche i forti venti che hanno soffiato sul territorio hanno aiutato nella riduzione dell’inquinamento in Pianura Padana.
Come dimostrano le mappe dell’ARPA sulle concentrazioni media di PM10 nell’aria (vedi gallery scorrevole in alto a corredo dell’articolo), il 23 febbraio, giorno del decreto, le aree di Milano, Cremona, Mantova e Brescia mostravano concentrazioni di PM10 superiori a 100µg/m³. 3 giorni dopo, il 26 febbraio, queste concentrazioni erano notevolmente ridotte intorno alle aree prese in considerazione, con i valori di PM10 compresi prevalentemente tra 35 e 50µg/m³, fatta eccezione per una piccola area a nord-ovest di Milano. Ancora 3 giorni dopo, il 29 febbraio, queste concentrazioni sono state ancora più basse, con la maggior parte della regione che registrava valori di PM10 compresi tra 0 e 35µg/m³. Infine, ieri, martedì 3 marzo, seconda i dati ARPA, tutta Lombardia aveva concentrazioni di PM10 comprese tra 0 e 20µg/m³, per una riduzione di almeno 80µg/m³ in 10 giorni.
“Siccome è l’economia la causa delle emissioni, ogni rallentamento riduce i consumi, che sono soprattutto quelli di combustibili fossili”, dice il meteorologo e climatologo Luca Mercalli. “Dispiace ottenere un risultato positivo attraverso un fatto sbagliato, invece che per un progetto. Per questo periodo ci sarà un rallentamento; se si tratta di una settimana non cambierà nulla, ma se dovesse durare mesi avremmo un’effettiva riduzione dell’impatto climatico. Si è arrivati a questi paradossi”.