Coronavirus, il paziente 1 torna a casa dopo un mese. Mattia respira da solo: “Ho tenuto duro per diventare papà”

"Mentre avevo il tubo nella trachea ho pensato che se fossi stato solo, avrei mollato. È la vita degli altri a trascinarci avanti"
MeteoWeb

Tutti lo conosciamo come il paziente 1. Si chiama Mattia, ha 38 anni e prima del contagio era in piena forma. Dal suo ricovero è iniziato il calvario per l’Italia e ora sta tornando a casa, finalmente, dopo un mese.Respira da solo“, ha dichiarato a ‘Repubblica’ Raffaele Bruno, primario di malattie infettive del policlinico San Matteo di Pavia. “Lo abbiamo appena staccato anche dall’ultima macchina. Finalmente posso dirlo: sta guarendo. Ora piange perché è felice: sa che la vita gli ha regalato il tempo per veder nascere la sua prima figlia“. Persino il medico si commuove, lui che ha salvato colui che è diventato il simbolo della pandemia in Europa. Era giovedì 20 febbraio quando il ‘paziente 1’, 38 anni, viene scoperto a Codogno dall’anestesista Annalisa Malara, che ha “pensato all’impossibile“.

Lui, ricercatore all’Unilever di Casalpusterlengo, è stato subito ricoverato, lasciando fuori la moglie Valentina, all’ottavo mese di gravidanza, anch’essa infettata ma guarita prima del marito. A un’infermiera delle terapie intensive, appena uscito dal coma, Mattia ha detto: “Ho tenuto duro perché sto per diventare papà. Mentre avevo il tubo nella trachea ho pensato che se fossi stato solo, avrei mollato. È la vita degli altri a trascinarci avanti“.

“Per me in Italia siamo tutti Mattia – dice Bruno – ogni malato fa la differenza: ma guarire lui, dal punto di vista umano, in un mese mi ha insegnato che la normalità è un privilegio“. A seguire Mattia anche Fausto Baldanti, primario di virologia. “Abbiamo isolato – annuncia – gli anticorpi prodotti dai primi contagiati nel Lodigiano. Il loro plasma, come già in Cina, aiuterà a salvare molte vite. Ed è pronto un test più rapido e completo del tampone. Non distingue solo chi è positivo da chi è negativo. Rivela anche la concentrazione del virus. Sapere subito quanto ce n’è, rende le terapie più efficaci e tempestive“.

Condividi