L’epidemia di coronavirus in Corea del Sud è iniziata il 20 gennaio, ma è servito un mese affinché scoppiasse l’emergenza. Tra il 19 e il 21 febbraio, infatti, i casi sono passati improvvisamente da 70 a 346, soprattutto tramite il focolaio di Daegu, dove il paziente “numero 31” è una donna di 61 anni che prima di sapere di essere ammalata ha partecipato a varie funzioni religiose della Shincheonji Church of Jesus, un culto cristiano poco diffuso e circoscritto. Da quel momento, è una esclation di casi: il 23 febbraio sono già 602 positivi e 6 morti. In confronto, in Italia il 24 febbraio avevamo 221 positivi, ma già 7 morti.
Coronavirus, test anche a chi non ha sintomi: il modello della Corea del Sud, circa 8.000 casi ma solo 66 morti
In Corea del Sud sono stati effettuati circa 214 mila test, eseguiti su tutti coloro che avevano frequentato i positivi, sia che avessero dei sintomi sia che non li avessero
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