Coronavirus, tosse e febbre dopo il viaggio in Nord Italia ma niente tampone: il caso Olanda

Circa duemila casi confermati in Italia, ma numeri decisamente inferiori nel resto d'Europa con una decina appena in Olanda
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Circa duemila casi confermati in Italia, ma numeri decisamente inferiori nel resto d’Europa con una decina appena in Olanda. La differenza di contagi nel continente lascia perplessi, ma una spiegazione plausibile potrebbe essere il basso numero di tamponi a cui vengono sottoposti gli altri cittadini europei rispetto agli italiani.

Un caso olandese, raccontato dalla protagonista all’Adnkronos e che ovviamente non pretende di dimostrare quale sia la ‘regola’ in questo Paese, chiarisce le differenze tra i sistemi sanitari dei due Paesi. Linda, nome di fantasia, è una residente di Amsterdam, dipendente di una multinazionale, che nelle scorse settimane si è recata nel Nord Italia in vacanza per incontrare alcuni suoi amici.

Le sue tappe dal 23 febbraio al 1 marzo sono state Milano, Venezia e Firenze, quindi alcune città situate nella cosiddetta ‘zona gialla’ che individua un’area ancora a rischio contagio, seppur inferiore rispetto ai comuni focolaio. Già nella capitale lombarda Linda ha percepito una sensazione strana. “Sono stata a Milano due volte prima di questo viaggio e questa volta mi è sembrata piuttosto vuota. In Piazza Duomo c’era una manciata di turisti, molti dei quali indossavano la mascherina. Non mi sono sentita in pericolo, tuttavia temevo un blocco dei voli con l’Olanda che non mi avrebbe permesso di lasciare l’Italia. E questo non è un pensiero che vuoi avere durante le tue vacanze…l’idea di non poter tornare a casa”, spiega all’Adnkronos.

Durante il suo viaggio di ritorno, Linda non è stata controllata né alla partenza dall’aeroporto di Milano, né al suo arrivo a Schipol. “Molte aziende olandesi (compresa la mia) raccomandano ai propri dipendenti di lavorare da casa nel caso tornino da determinati zone. L’Italia era una di queste quindi mi è stato chiesto di lavorare da casa e rimanere in quarantena per 14 giorni”, afferma la donna. Al suo ritorno ad Amsterdam Linda ha avvertito un malanno.

“Avevo raffreddore e febbre. Allora ho chiamato il medico di base a cui spetta la prima valutazione. Deve capire dove sei stata e quali sono stati i tuoi sintomi – prosegue – Poiché i all’inizio i miei sintomi erano lievi e non avevo alcun problema respiratorio mi è stato chiesto di rimanere in casa, ma senza essere sottoposta a tampone” per il coronavirus.

“Quando una settimana dopo avevo ancora la febbre e la tosse anche se non forte ho chiamato di nuovo il medico di base che, a sua volta, ha contattato il centro di pubblica sanità del comune di Amsterdam (Ggd). Il risultato è stato che non sarei stato testato perché non avevo costantemente la febbre a 38 gradi, ma solo in determinate ore durante la giornata”. Secondo la Ggd, i soggetti da sottoporre al test devono avere determinati requisiti ovvero tornare da un’area focolaio oppure essere stati in contatto con qualcuno con il virus, avere febbre a più di 38 e problemi respiratori. “Mi è stato chiesto di rimanere a casa finché non mi fossi sentita meglio. Alla mia richiesta di vedere un medico di famiglia, si sono offerti di venire a casa – conclude – Fortunatamente oggi mi sento meglio, anche se rimango a casa fino a quando tutti i sintomi scompariranno”.

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