Lo strazio silenzioso dei familiari delle vittime del Coronavirus: nessun ultimo saluto, i vestiti non possono essere cambiati, si rischiano problemi igienico sanitari

Per i morti da Coronavirus si può solo piangere in silenzio: niente ultimo saluto, niente cambio d'abito, lunghe file per essere seppelliti e rischi igienico sanitari
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I morti, soprattutto nella provincia di Bergamo, ma anche in altre particolarmente colpite dall’epidemia di Coronavirus, sono davvero tanti, troppi. E dunque anche le agenzie di pompe funebri si sono dovute adeguare, cambiando il loro modus operandi in diversi frangenti. Alessandro Bosi, segretario della Federazione nazionale imprese onoranze funebri (Feniof) che associa, dal nord al sud Italia, oltre 700 aziende del settore funerario, ha spiegato che “sei regioni hanno dato indicazioni straordinarie da mettere in campo anche nel nostro settore. Quelle che vengono indicate come buone pratiche, cambiano il nostro modo di lavorare“. E’ ad esempio vietato il trasporto a cassa aperta, dunque la bara contenente il morto non sigillata non può essere spostata. In condizioni normali veniva trasportata aperta per permettere allestimenti di camere ardenti e per mostrare il defunto ai familiari. “Oggi questo non è più permesso per nessuno. Tutti i trasporti – afferma Bosi – sono autorizzati con bara sigillata”. Nei casi di decessi di persone positive al coronavirus, è previsto che la salma, con i vestiti indossati dalla persona al momento della morte, debba essere avvolta in un lenzuolo igienizzato e posta nella bara senza alcun intervento di vestizione.

Se uno muore nella propria casa i parenti hanno la possibilità di dare un ultimo saluto alla persona cara. Quando il decesso avviene in ospedale, una volta che la salma viene portato presso l’obitorio, che è interdetto a chiunque per decreto ministeriale, a quel punto avviene la sigillatura e i parenti non possono più vederlo neanche per l’ultimo saluto dato che da lì, la bara uscirà per andare direttamente al cimitero o al forno crematorio. Misure drastiche – sostiene Bosi – ma opportune e devo dire che abbiamo rilevato una grande dignità e senso di responsabilità da parte delle famiglie in lutto”.

Le direttive ministeriali in merito, però, non sono pienamente accettate dal Fenof. “Abbiamo dovuto scrivere alle Regione – sostiene il rappresentate delle agenzie funebri – per chiedere la modifica al decreto nel punto in cui indica di reperire mascherine e mezzi di protezione individuale, riservandone una parte a infermieri e forze dell’ordine. Noi chiediamo che quella lista venga estesa anche alle imprese funebri perché noi siamo in prima linea, anche se in seconda battuta. La categoria dei necrofori è quotidianamente esposta ai rischi di contagio proprio perché il personale deve relazionarsi non solo con i morti, ma anche con i vivi che sono stati a contatto con persone contagiati. Non è un aspetto secondario dato che se gli operatori dovessero ammalarsi o se dovessero essere messi in quarantena, allora chi porterà via i morti? Quindi le imprese funebri devono essere tutelate”.

La provincia di Bergamo, in particolare, è la zona d’Italia dove la mortalità dovuta al virus è maggiormente alta. “La cosa che stiamo rilevando con preoccupante aumento è che i cimiteri e i crematori sono in stress logistico“, afferma Bosi. “Con queste nuove disposizioni che mirano ad accorciare il periodo di osservazione sui defunti e l’immediato trasferimento a crematorio o al cimitero sta portando di fatto ad avere lunghe code di feretri in attesa di essere seppellimenti o incenerimenti“. Feretri che vengono stoccati, a volte, in luoghi non adatti. “A Bergamo, per esempio, sono state stoccate decine di bare già sigillate, in attesa di cremazione, presso una chiesa. Il problema non è tanto per le bare zincate destinate alla tumulazione nelle nicchie, ma per quelle che devono essere incenerite o interrate dato che la salma è avvolta in un sacco biodegradabile che riesce a contenere liquidi solamente per alcuni giorni, poi comincia la biodegradazione dell’involucro e con essa i problemi igienico sanitari. Per questo abbiamo scritto alle varie regioni per sollecitare misure urgenti di precetto di personale cimiteriale e dei crematori in modo che vengano meno alibi per sottrarsi alle attività e rallentare operazioni che in fasi critiche sono essenziali”.

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