Italia maglia nera per la carenza di vitamina D. Il nostro Paese, infatti, registra dati peggiori di altri, nonostante il clima favorevole e la fortuna di essere ‘baciati’ dal sole. Colpa della nostra attitudine alla sedentarietà, a un alto tasso di obesità e sovrappeso, a una popolazione più anziana (maggiormente soggetta alla carenza) e al fatto di non avere, come accade nei Paesi del Nord, alimenti ‘supplementati’. “La quarantena, che in queste settimane limita le possibilità di vita all’aria aperta, non migliorerà il quadro. Anzi“, spiega Andrea Giustina, primario dell’unità di Endocrinologia dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano e ordinario di Endocrinologia e Malattie del metabolismo all’Università Vita-Salute San Raffaele del capoluogo lombardo.
L’esperto ricorda che, “anche se parliamo di ‘vitamina’ D, in realtà si tratta di un ormone, prodotto per l’80% dalla pelle in risposta alla luce del sole. Solo per il 20% dipende dall’alimentazione“. Avere chiari questi elementi, spiega Giustina, può essere utile anche nel mettere a punto politiche di prevenzione come dimostra “il cosiddetto ‘paradosso scandinavo’, cioè quel fenomeno epidemiologico per cui si registra una maggiore prevalenza di ipovitaminosi D nei Paesi del bacino del Mediterraneo rispetto ai Paesi del Nord Europa, nei quali è stata per tempo adottata una politica di fortificazione degli alimenti con vitamina D, basata sulla consapevolezza dell’inefficienza dell’irraggiamento solare. A Sud, invece, il vantaggio, come nel nostro caso, viene spesso sprecato a causa della sedentarietà e di uno stile di vita sempre più casalingo, anche nei bambini“.
L’esposizione al sole spesso si concentra nelle vacanze al mare “quando, tra l’altro – osserva lo specialista – si utilizza ampiamente, e giustamente, la crema solare che riduce la produzione di vitamina D da parte della pelle“. La carenza di questo ormone, come noto, aumenta con l’avanzare dell’età. “E questo accade – precisa Giustina – perché la pelle, invecchiando, diventa meno capace di ‘fabbricare’ vitamina D. Inoltre gli anziani tendono a uscire di meno e a coprirsi di più“. Tra i 60 e gli 80 anni il 75% della popolazione (e una donna su tre dopo la menopausa) soffre di carenza di vitamina D. “I numeri nel nostro Paese sono notevoli se pensiamo che, secondo gli ultimi i dati l’Istat, al 1 gennaio del 2019 – ricorda l’esperto – l’11, 7% degli italiani aveva già compiuto 75 anni e che gli 80enni sono più di 4 milioni“.
Come affrontare dunque questo periodo di quarantena lontani dal sole? “Non c’è bisogno di un’esposizione prolungata, ma è importante esporre una superficie più ampia del solo viso. Con costanza – raccomanda Giustina – Mettersi alla finestra almeno mezz’ora al giorno, nelle ore più calde, magari con una maglietta a maniche corte per esporre anche le braccia, può essere utile. Chi ha un balcone o un terrazzo può esporre anche le gambe. Fondamentale, infine, che chi usa già una supplementazione di vitamina D non la interrompa“, conclude l’endocrinologo che invita le istituzioni a mettere a punto un progetto complessivo e serio per affrontare la carenza di questo ormone nella popolazione, a partire da una supplementazione degli alimenti, come si è fatto con lo iodio nel sale, per continuare sulle modalità di integrazione che tengano conto delle necessità specifiche quando gli alimenti integrati non bastano.
Carenza di Vitamina D: Italia maglia nera e la quarantena per il Coronavirus “peggiorerà la situazione”
Carenza di Vitamina D: come affrontare questo periodo di quarantena lontani dal sole?
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