Coronavirus, in Germania oggi pomeriggio tutti in riva ai fiumi: la lezione tedesca contro il lockdown della follia

La differenza dell'approccio tra Germania e Italia in tema di lockdown è estremamente ben rappresentata in due foto scattate una a Monaco e l'altra a Rimini
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La Germania è uno degli stati europei meno colpiti dalla pandemia di coronavirus, di cui già abbiamo elogiato l’eccellenza nella lotta all’emergenza per quanto riguarda il settore sanitario e le misure imposte, neanche minimamente paragonabili alla rigidità di quelle in vigore in Italia. Un chiaro esempio di questo sono le due foto che trovate nella gallery scorrevole in alto a corredo dell’articolo.

La prima è stata scattata alle ore 15 di oggi, sabato 18 aprile 2020, sulle sponde dell’Isar, nel cuore di Monaco di Baviera: tanta gente a prendere il sole e a godersi il caldo primaverile, ma ordinata e distanziata per rispettare le regole del distanziamento sociale. Un Paese responsabile, come l’emergenza richiede, ma comunque non privo delle libertà personali più basilari. La seconda foto è stata scattata ieri, 17 aprile, a Rimini: un uomo solo disteso su una sdraio in spiaggia mentre arrivano subito i controlli delle forze dell’ordine. Le immagini parlano da sé e offrono un chiaro spaccato della differenza di approccio all’emergenza tra Italia a Germania.

Sulle immagini di Monaco, Corrado Formigli, noto giornalista e conduttore televisivo italiano, sulla sua pagina Facebook ha scritto quanto segue: “È un’immagine che si presta a una serie di osservazioni. Innanzitutto notiamo che non ci sono anziani, i più fragili e vulnerabili. Le persone si raggruppano per nuclei familiari, per il resto si distanziano quel che serve. In sintesi, i cittadini si regolano sulla base del proprio senso di responsabilità, senza autocertificazioni cartacee. La presenza della polizia è molto discreta. Com’è possibile? È noto che la Germania ha saputo gestire il contagio piuttosto bene. I contagiati ufficiali oggi sono oltre 142 mila, i morti complessivi circa 4300. L’età media dei malati è molto più bassa che in Italia, secondo gli esperti per via della peculiarità della società tedesca dove i ragazzi vanno a vivere da soli presto e frequentano poco gli anziani (e dove il contatto fisico è molto meno accentuato che da noi). Inoltre, l’alto numero di tamponi eseguiti tempestivamente ha permesso di mappare rapidamente il territorio e isolare i contagiati con più efficacia. Per fare tanti tamponi, la Germania si è avvantaggiata di un piano pandemico ben organizzato e di ottime scorte di reagenti chimici, quegli stessi reagenti di cui l’Italia si trova drammaticamente a corto. Stesso discorso vale per i Dpi, i dispositivi di protezione, distribuiti efficacemente al personale sanitario, e per i respiratori, abbondanti in Germania dove ci sono alcuni dei più importanti produttori al mondo di ventilatori polmonari. A tutto questo aggiungiamo che la Germania aveva prima del contagio cinque volte i posti di terapia intensiva dell’Italia (con una volta e mezzo degli abitanti), numero ulteriormente aumentato durante l’epidemia. Insomma, i tedeschi non si sono mai lontanamente trovati con le terapie intensive esaurite come purtroppo è accaduto in Lombardia. Le aziende tedesche non sono mai state chiuse e i parchi sono sempre stati tenuti a disposizione dei cittadini pur nel rispetto delle regole di distanziamento”.

“Ora, senza ombra di polemica, prima di sputare sui tedeschi additandoli come i “nipotini di Hitler” (come ha fatto uno sciagurato senatore della Repubblica che neppure è degno di essere nominato) e attribuire l’esplosione del contagio e il numero dei morti in Lombardia alla “sfiga” magari studiamo un po’ meglio chi è stato più bravo di noi. Perché l’Italia sarà anche stata sfortunata. Ma la mancanza di Dpi, la scarsità di terapie intensive, la mancanza di scorte di reagenti chimici, il poco personale sanitario, l’insufficiente coordinamento fra Stato e Regioni, la mancanza di produttori nazionali di materiale sanitario cruciale in caso di epidemie, l’indebolimento dei presidi sanitari territoriali, ecco: quella non è sfiga. È il segno di un Paese preso enormemente alla sprovvista dal Covid 19 e che dovrà umilmente imparare molte cose da chi ha fatto meglio di noi. Se non altro, per rispetto delle 23 mila vittime di questo disastro”, ha concluso Formigli.

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