Altro che clima, dalle mascherine all’energia che alimenta ospedali e smart working: per combattere il Coronavirus, il mondo si affida ai combustibili fossili

Con lo scoppio dell'emergenza Coronavirus, il mondo si è ritrovato a chiedere prodotti dei combustibili fossili e le preoccupazioni per il loro impatto ambientale non hanno avuto tanto risalto
MeteoWeb

Dal mese di febbraio, la nostra vita è stata stravolta dallo scoppio dell’emergenza coronavirus, quella che prima sembrava una realtà lontana da noi, confinata alla Cina e più in generale all’Asia. Nel mese di marzo, la pandemia è esplosa gravemente in Europa e ha interessato anche gli Stati Uniti, che in pochi giorni sono diventati il Paese con più contagiati al mondo.

Ora è stata superata la soglia di un milione di contagi nel mondo e la metà della popolazione mondiale è in quarantena, mentre i Paesi cercano di arginare il più possibile la diffusione del contagio. Intere nazioni, tra cui l’Italia, hanno messo le loro vite in lockdown nel tentativo di praticare il distanziamento sociale come misura per interrompere le catene di trasmissione.

In questo momento senza precedenti, evidenzia un articolo di Daniel Markind per Forbes, il mondo ha fatto ritorno ai combustibili fossili, quelli che fino a pochi mesi fa erano considerati la rovina del pianeta Terra per le loro emissioni inquinanti e per i loro effetti sul clima. All’improvviso, il mondo si è ritrovato a chiedere prodotti dei combustibili fossili e le preoccupazioni per il loro impatto ambientale non hanno avuto tanto risalto. Pensando alla produzione di mascherine e altri dispositivi di protezione, ora più che mai indispensabili negli ospedali e tra la popolazione del mondo, molte delle migliori mascherine sono realizzate in polipropilene, un prodotto dei combustibili fossili. Quelle di carta sono ovviamente meno efficaci e il personale sanitario in tutto il mondo sta già pagando a caro prezzo il lavoro in prima linea per pensare di poter fare a meno dell’efficacia delle mascherine.

Inoltre, con l’emergenza coronavirus, stiamo assistendo al ritorno delle buste di plastica nei supermercati. Prima della pandemia, molti supermercati avevano annunciato che avrebbero smesso di utilizzare buste di plastica. Ma ovviamente, le buste di plastica monouso sono di gran lunga più pulite di altri tipi di busta che le persone tengono a casa, poi portano al supermercato e di nuovo a casa, trasportando tutti i germi potenzialmente raccolti. Ora non solo i supermercati stanno tornando alle buste di plastica che si basano sui combustibili fossili, ma stanno anche vietando quelle riutilizzabili.

Un altro campo in cui si fa ricorso ai combustibili fossili è quello farmaceutico. I combustibili fossili, infatti, sono la base per l’80-90% dei farmaci che utilizziamo. Come per le mascherine, quando ci si trova davanti alla cruda realtà di proteggere un proprio caro attraverso farmaci basati sui combustibili fossili, i cambiamenti climatici sono l’ultimo pensiero.

Non dimentichiamo un altro aspetto fondamentale: lo smart working, quello che sta permettendo a milioni di persone di continuare a lavorare da casa, nonostante la chiusura fisica delle aziende. L’utilizzo dei combustibili fossili ci sta consentendo di avere quella fornitura di energia elettrica di cui abbiamo bisogno sia per lavorare da casa che per prenderci cura dei malati negli ospedali. Le tecnologie solari, eoliche e simili rimangono intermittenti. Senza questo approvvigionamento energetico costante e affidabile, la stragrande maggioranza del quale resta alimentato dai combustibili fossili, il mondo non avrebbe alcuna possibilità di combattere il coronavirus.

Prima di fare quel salto nel mondo sconosciuto di una società che si basa totalmente sull’energia rinnovabile”, conclude Markind nel suo articolo per Forbes, “dovremmo utilizzare questa attuale crisi come modo per infondere un po’ di realismo in un dibattito che per troppo tempo è stato guidato dall’idealismo”.

Condividi