Amara delusione per i lavoratori malati di cancro nel Ddl di conversione del decreto ‘Cura Italia‘. Lo sottolinea la Favo (Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia), che aveva segnalato gravi problemi applicativi riguardo ai due certificati medici previsti dall’art.26 del dl e richiesti come presupposti per giustificare, fino al 30 aprile, l’assenza dal lavoro, coperta da indennità di malattia equiparata al ricovero ospedaliero. “Incertezze interpretative sulla competenza del medico che avrebbe dovuto rilasciare detta certificazione – sottolinea la Federazione – hanno reso finora inesigibile il diritto introdotto in via emergenziale nel Cura Italia per tutelare questa fascia di lavoratori che, per le pregresse patologie, sono considerati maggiormente a rischio di contagio da Covid-19 e più fragili anche per quanto riguarda le chance di cure e di guarigione dal virus. Non era chiaro, infatti se le due certificazioni mediche fossero di competenza dei medici legali delle Asl, dei medici competenti in ambito aziendale o dei medici di medicina generale”, ricorda la Favo che, al fine di rendere realmente esigibile il diritto, si è fatta promotrice di un emendamento, presentato in commissione Bilancio del Senato, che semplificava la procedura prevedendo una unica semplice certificazione del medico di medicina generale e la specifica che il periodo di assenza dal lavoro non rientrasse nel periodo di comporto, al fine di tutelare il posto di lavoro messo a rischio dalle prolungate assenze già dovute alla patologia oncologica.
L’art.26, contenuto nel maxiemendamento al ddl di conversione del dl Cura Italia, approvato ieri in Senato però, “non risolve affatto le difficoltà applicative segnalate in precedenza poiché prevede ancora una doppia prescrizione rilasciata: ‘dalle competenti autorità sanitarie nonché dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente’ mentre nulla è detto dell’esclusione del periodo di comporto dall’assenza dal lavoro”. La modifica dell’art. 26 “è particolarmente necessaria in considerazione dell’aumentato rischio di contagio da Covid-19 per i malati oncologici e per tutte le persone immunodepresse (circa il 20% del totale dei decessi per coronavirus si è registrato tra i malati di cancro). E’ doveroso consentire, anzi, incentivare la permanenza a casa di queste persone e l’allontanamento dai luoghi di lavoro – insiste Favo – tutelando con misure aggiuntive il posto di lavoro già messo a rischio dalle ripetute assenze per visite, esami e terapie salvavita”. “Anche del punto di vista della tenuta del sistema sanitario, messo a durissima prova dall’epidemia, salvaguardare la salute di questi lavoratori dal rischio di contagio significa ridurre gli accessi alle risorse di rianimazione e di terapia intensiva già al limite della funzionalità. In totale spregio di quanto segnalato, il Senato ha approvato un testo di legge che dovrebbe tutelare i lavoratori più fragili e che invece promette qualcosa di irrealizzabile e che ricorda tanto il supplizio di Tantalo”, concludono Francesco De Lorenzo ed Elisabetta Iannelli, presidente e segretario generale Favo.