È in arrivo la Santa Pasqua. Gli Italiani la trascorreranno tra le quattro mura domestiche, a causa dell’emergenza Coronavirus e delle restrizioni anti- contagio. Rinunceranno al ristorante, al pranzo dai parenti, alla gita fuori porta, al fine settimana di sole e svago. Ma non al tradizionale agnello della festa.
Ogni regione con la sua ricetta, tra le più gettonate quella dell’abbacchio al forno. Che poi “abbacchio”- detto così- suggerisce l’immagine di un essere grande e grosso. Mentre in realtà, ogni anno viene passato al forno un cucciolo piccolo e indifeso.
Quanti di voi conoscono la storia dell’abbacchio, del capretto e dell’agnello di Pasqua? Non quella legata alla tradizione religiosa. Proprio la loro storia.
Proviamo a raccontarla. L’abbacchio, o agnellino da latte, che ogni anno nel tempo di Resurrezione i più cucinano con gioia, è un esserino di 1 mese di vita – 3 mesi al massimo, che si nutre solo di latte, appunto. Ha un musetto simpatico e sbarazzino e un corpicino lanoso. Non ancora svezzato, viene strappato alla sua mamma, marchiato e trasferito in appositi spazi, assieme ad altri cuccioli, prima di partire verso il macello. Immaginate come può essere straziante la scena di questo distacco. Immaginate la disperazione dell’agnellino e della sua impotente mamma, che viene derubata del suo piccolo e non riesce a proteggerlo dalla prepotenza degli umani.
Anche il capretto, come l’agnellino, è un esserino dolce e caldo, anche lui si ciba solo di latte, anche lui viene sottratto alle cure della sua mamma a pochi mesi di vita, anche lui patisce le pene dell’inferno quando viene allontanato, marchiato e isolato con gli altri, prima di affrontare l’ultimo viaggio.
L’agnello propriamente detto, invece, è più grandicello, ha dai 4 ai 10 mesi ca., ha completato la fase di svezzamento e si nutre di erba. Non per questo, però, soffre meno dei cuccioli di pecora e capra. Quando, separato da mamma pecora e dai suoi compagni, si prepara ad affrontare il massacro, piange e si dispera come farebbe un bambino. A Pasqua, in molti, alla sua carne più colorita e saporita, preferiscono quella bianca e delicata dei super- cuccioli.
Tutti loro, per raggiungere i luoghi di macellazione, vengono caricati e stipati su enormi camion stracolmi di vite spezzate, che odorano di morte. Le distanze possono essere molto lunghe se, come spesso accade, agnelli e capretti vengono importati dall’estero. Per ore interminabili, i piccoli patiscono sofferenze e stress indicibili, stretti nella morsa di un’angusta prigione a quattro ruote.
In teoria, durante il tragitto, i camion osservano soste programmate, i piccoli si rifocillano, vengono effettuati controlli per garantire l’igiene necessaria e il rispetto della normativa sul benessere animale. In pratica, nessuno conosce con precisione le effettive condizioni di questi viaggi disperati.
Una volta giunti a destinazione, i cuccioli stazionano in prossimità del mattatoio, ciascuno aspettando il proprio turno. Di solito l’attesa varia a seconda del luogo di provenienza (4 ore per i capi nazionali, 12 ore per quelli esteri).
In questo periodo, dal 2 al 13 aprile, la loro attesa è prorogata di 72 ore, secondo la recente circolare firmata dal Direttore Generale del Ministero della Salute: ciò significa che per 3 lunghi giorni e 3 lunghe notti, agnelli e capretti proveranno ancor di più angoscia, stress e tormento. Costretti a respirare il sangue dei piccoli già macellati, ad ascoltare le loro terribili grida, nel più assoluto raccapriccio.
Durante le festività pasquali, infatti, “in previsione dell’incremento del numero di agnelli e di capretti introdotti sul territorio nazionale e destinati alla macellazione immediata”, capita che venga applicata questa grave deroga.
Ma la situazione attuale, la pandemia, l’emergenza sanitaria in corso, le restrizioni anti- contagio, l’altissimo rischio che si sviluppino zoonosi mortali, la rendono ora a dir poco diabolica.
Senza contare che, per fronteggiare il calo dei consumi, sembra che il Ministro delle Politiche agricole, ambientali e forestali, abbia addirittura offerto agli allevatori un finanziamento pubblico (15 euro a capo invece di 6), incrementando forse di fatto l’importazione di agnelli e capretti dall’Ungheria e così maggiorando, di 36 e più ore (di viaggio), lo strazio dei piccoli.
Alcune associazioni animaliste hanno chiesto al Ministro della Salute il ritiro immediato del provvedimento firmato da Silvio Borrello, facendo notare che in questo difficile momento non vengono assicurati adeguati controlli veterinari e che, oltre al danno che si infligge agli animali, potrebbero essere compromesse anche la salubrità e l’igiene delle carni (LAV). Il Ministro della Salute ha risposto con blandi chiarimenti, senza sospendere la deroga.
L’8 aprile, anche il gruppo di lavoro Camera- Senato sulla tutela e i diritti degli animali ha emesso un comunicato per chiedere l’immediata revoca del provvedimento, denunciando condizioni “non facili da rispettare negli impianti di macellazione”. Ma per ora nulla è cambiato.
Esaurita la lunghissima attesa per il patibolo, dunque, giunge per i nostri cuccioli l’ora fatale, all’interno del macello: stordimento, ganci, dissanguamento, morte. A questo punto, la narrazione può diventare talmente scabrosa, che è preferibile fare un interruzione. I racconti dell’orrore li lasciamo a Edgar Allan Poe. Così pure, per motivi di tempo, sorvoliamo sulla lavorazione e la vendita delle carni.
Riprendiamo la storia dell’abbacchio, del capretto e dell’agnello, nel momento in cui arrivano a tavola, cotti a puntino.
Ebbene, dopo quanto detto, secondo voi, quale tipo di carne
riempirà a Pasqua i piatti degli Italiani? Carne tenera, dal sapore leggero e squisito in apparenza. Ma, a conti fatti, ammorbata dal dolore, dalla sofferenza e dagli stenti.
Sana? Solo i più ingenui possono davvero crederlo.
Perché l’agnello pasquale, in fondo, non viene commercializzato e cucinato per tradizione, per motivi religiosi, in nome di un sacro simbolo che persino molti sinceri credenti contestano. La verità è che la strage degli innocenti si compie ogni anno per pure ragioni di business e pancia.