Coronavirus e Animali: Jane Goodall ci spiega la pandemia in chiave animalista

La primatologa Jane Goodall denuncia: "La mancanza di rispetto per gli animali ha causato la pandemia"
MeteoWeb

Chi di voi ricorda “Gorilla nella nebbia”, il commovente film del 1988, che raccontava i 18 anni trascorsi in Africa dalla zoologa statunitense Diane Fossey, tutti dedicati allo studio del gorilla di montagna?

Ebbene, come la Fossey, anche Jane Goodall è una grande animalista. Ha 86 anni, è britannica, etologa e antropologa e ha dedicata la sua carriera scientifica allo studio dei primati. La sua ricerca da pioniera in Africa sulla vita sociale e familiare degli scimpanzé è conosciuta in tutto il mondo.

Nel corso della teleconferenza, che precede l’uscita del nuovo documentario della National Geographic “Jane Goodall: The Hope”, la Goodall ha provato a spiegare, dal suo punto di vista, i motivi che hanno reso pandemico il Coronavirus.

Queste le sue dichiarazioni riportate oggi dal quotidiano “La Stampa”: “È il nostro disprezzo per la natura e la nostra mancanza di rispetto per gli animali con cui dovremmo condividere il pianeta che ha causato questa pandemia, qualcosa che era stata prevista molto tempo fa … Perché mentre distruggiamo, diciamo la foresta, le diverse specie di animali nella foresta sono costrette a venire in contatto fra di loro e quindi le malattie vengono trasmesse da una specie all’altra, e il secondo animale ha quindi maggiori probabilità di infettare gli esseri umani poiché è costretto a stare stretto contatto con noi”.

Secondo la primatologa inglese, il problema sono soprattutto gli animali selvatici venduti nei mercati africani o asiatici, in particolare in Cina “e nelle nostre fattorie intensive in cui raggruppiamo crudelmente miliardi di animali in tutto il mondo. Queste sono le condizioni che creano un’opportunità per i virus di saltare dagli animali attraverso la barriera delle specie verso l’uomo”.

La Goodall dice di approvare, dunque, la decisione della Cina di vietare la vendita e il consumo degli animali selvatici vivi  ed è convinta che la stessa decisione dovrebbe essere presa anche in Africa, continente  che però, a suo avviso, mostra un diverso grado di complessità: “Lì è più difficile smettere di vendere carne di animali cacciati perché sono molte le persone che si affidano a quello per il proprio sostentamento. È una decisione che avrà bisogno di molte e attente considerazioni su come dovrebbe essere fatto: non puoi semplicemente impedire a qualcuno di fare qualcosa quando non hanno assolutamente soldi per sostenere se stessi o le loro famiglie, ma almeno questa pandemia dovrebbe averci insegnato il tipo di cose da fare per impedirne un altra”.

La scienziata si augura, quindi, che la drammatica emergenza sanitaria che ha coinvolto il mondo intero rappresenti un importante monito per il futuro: “Dobbiamo renderci conto di essere parte del mondo naturale, dipendiamo da esso e, mentre lo distruggiamo, in realtà stiamo rubando il futuro ai nostri figli”.

Le tragiche novità di questi giorni, le difficoltà, i blocchi presenti in tutto il mondo dovrebbero, infatti, favorire un significativo cambiamento nello stile di vita di chi non rispetta la natura, giacché “tutti possono avere un impatto ogni singolo giorno- spiega l’etologa-  Se pensi alle conseguenze delle piccole scelte che fai: ciò che mangi, da dove viene, ha causato crudeltà verso gli animali, è fatto da un’agricoltura intensiva” che sfrutta i bambini costretti ad un duro lavoro e “che ha danneggiato l’ambiente nella sua produzione, da dove viene, quante miglia ha percorso, hai pensato che forse potresti camminare e non prendere la tua auto”.

Il finale dell’intervento della Goodall è all’insegna della speranza per un futuro migliore perché ciò che ognuno di noi può fare “dipende un po’ da chi siamo, ma tutti possiamo fare la differenza, tutti possono farla”.

Condividi