La Germania è senza dubbio il Paese europeo ad aver reagito meglio alla pandemia di coronavirus, attuando un programma di test a grande scala con 350.000 test a settimana, che hanno permesso di rilevare il virus presto e isolare e curare i pazienti in maniera efficace.
In Taiwan, le misure attuate precocemente hanno controllato la pandemia in maniera efficace nonostante la vicinanza alla Cina, al punto che ora sta esportando milioni di mascherine per aiutare l’Europa e non solo.
In Nuova Zelanda, il Primo Ministro ha subito intrapreso azioni per chiudere il turismo e imporre il lockdown all’intero Paese, limitando i decessi a solo 12.
Sono tutti Paesi che hanno ricevuto elogi per il loro modo di affrontare e gestire la pandemia. Sono sparsi per il mondo: uno nel cuore dell’Europa, un altro in Asia e un altro nel Pacifico meridionale. Ma hanno una cosa in comune: sono tutti guidati da donne. Il successo di questi ed altri governi nell’affrontare la pandemia è rilevante, considerando che le donne costituiscono meno del 7% dei leader mondiali. E se il fatto che il Coronavirus colpisca maggiormente gli uomini (solo il 30% delle vittime mondiali è donna), sorprende molto di più che i Paesi più colpiti siano quelli guidati da donne. Sarà una semplice coincidenza, o le donne al governo riescono ad intervenire in modo più pronto rispetto ai colleghi uomini?
Azioni decise e tempestive
Questi Paesi, tutti democrazie pluripartitiche con alti livelli di fiducia pubblica nei loro governi, hanno contenuto la pandemia attraverso interventi scientifici tempestivi. Hanno implementato diffusi programmi di test, facile accesso al trattamento medico di qualità, un tracciamento dei contatti aggressivo e rigide restrizioni sugli assembramenti di persone.
Il Taiwan, per esempio, è una democrazia di quasi 24 milioni di persone, al largo della Cina. Taiwan è rivendicato da Pechino come suo territorio ed è respinto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), quindi avrebbe potuto essere molto vulnerabile ad un’epidemia che ha avuto origine nella vicina Cina. Ma quando il Presidente Tsai Ing-wen ha sentito parlare di un nuovo virus misterioso che stava infettando i cittadini di Wuhan a dicembre dello scorso anno, ha immediatamente ordinato che tutti gli aerei in arrivo da Wuhan fossero ispezionati. Ha poi istituito un centro di comando, incrementato la produzione di dispositivi di protezione individuale, come le mascherine, e ridotto tutti i voli dalla Cina continentale, da Hong Kong e Macau. Le misure d’intervento tempestive e aggressive di Taiwan hanno limitato l’epidemia a soli 420 casi confermati e appena 6 vittime.
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Ben noto è ormai il caso della Germania. Con i suoi 83 milioni di cittadini, ha avuto 145.742 casi confermati finora e 4.642 vittime, per un tasso di mortalità bassissimo, molto più basso della maggior parte dei Paesi europei. La Cancelliera Angela Merkel, con un dottorato in chimica quantistica, ha visto i suoi indici di gradimento crescere grazie alla sua capacità di gestire la pandemia. La Germania ha il più alto numero di letti in terapia intensiva e il più grande programma di test in Europa. “Forse la nostra più grande forza in Germania è il processo decisionale razionale al livello più alto del governo combinato con la fiducia di cui il governo gode nella popolazione”, ha detto Hans-Georg Kräusslich, direttore di virologia dell’University Hospital di Heidelberg. E ora il Paese è pronto ad una graduale ripartenza.
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La Nuova Zelanda è uno stato insulare di quasi 5 milioni di abitanti, che si basa molto sul turismo. Ma il Primo Ministro Jacinda Ardern ha chiuso i confini ai visitatori stranieri il 19 marzo e il 23 marzo annunciato un lockdown di 4 settimane, richiedendo a tutti i lavoratori non essenziali di stare a casa, tranne che per fare la spesa o esercizio nelle vicinanze. Nelle ultime ore, Ardern ha deciso di prolungare il lockdown per un’altra settimana, ma il Paese potrà iniziare ad allentare le misure restrittive a partire dalla mezzanotte (ora locale) del 27 aprile. Il Paese ha condotto test diffusi e registrato 1.440 casi e solo 12 vittime. “Davanti alla più grande minaccia per la salute umana in un secolo, i neozelandesi hanno implementato tranquillamente e collettivamente un muro di difesa nazionale”, ha detto Ardern.
I Paesi nordici
4 dei 5 Paesi nordici dell’Europa sono guidati da donne. I loro Paesi hanno tassi di mortalità più bassi a causa del coronavirus rispetto al resto d’Europa. Per esempio, il Primo Ministro della Finlandia è la 34enne Sanna Marin, il leader più giovane del mondo ma con un indice di gradimento dell’85% tra i finlandesi per la sua preparazione alla pandemia. Nel Paese sono stati registrati solo 3.783 casi e 94 vittime su una popolazione di 5,5 milioni di abitanti.
Il Primo Ministro dell’Islanda Katrín Jakobsdóttir governa un piccolo stato insulare di soli 360.000 persone. Ma il suo programma di test randomizzati a grande scala potrebbe avere ampie ramificazioni per il resto del mondo, poiché ha svelato che circa la metà di tutte le persone risultate positive al test sono asintomatiche. Anche l’Islanda è intervenuta tempestivamente con un tracciamento dei contatti aggressivo e mettendo in quarantena i casi sospetti. Risultato: 1.771 casi confermati e 9 vittime.
Anche altri capi di stato donne sono finiti in prima pagina grazie alla forte reazione alla pandemia. È il caso di Silveria Jacobs, Primo Ministro di Sint Maarten, minuscola isola caraibica di soli 41.000 abitanti. Il video in cui diceva ai cittadini di “smettere semplicemente di spostarsi” per due settimane è diventato virale: “Se non avete il tipo di pane che vi piace in casa, mangiate i crackers. Se non avete il pane, mangiate i cereali. Mangiate l’avena”.
È troppo presto per dire con certezza quali leader emergeranno come i migliori ad aver gestito la diffusione del coronavirus, salvando molte vite. Ma questi esempi mostrano che un numero molto grande di leader che hanno agito tempestivamente e in maniera decisa sono donne.
I “casi” in Italia
Analizzando il tema sul piano nazionale italiano, non possiamo fare a meno di notare che in Italia le uniche due regioni governate da donne, Calabria e Basilicata, sono le meno colpite in assoluto dalla pandemia che nel nostro Paese ha compiuto disastri, con quasi 180.000 casi confermati e oltre 23.000 vittime.
La Calabria è guidata dal Presidente Jole Santelli, si è insediata proprio il 17 febbraio 2020, pochi giorni prima dell’esplosione dell’emergenza. I confini della Regione “sono chiusi dal 7 marzo, ancora prima che lo facesse il governo, perché abbiamo cercato di evitare l’esodo dei fuorisede”, ha detto Santelli. Oltre a chiudere i confini, Santelli ha rafforzato i controlli su tutto il territorio per identificare rapidamente i focolai. In molti casi, ha proceduto ad isolare i comuni dove si registravano i focolai stessi, per impedire la diffusione del contagio. Le “zone rosse” istituite sono state 15. Ad oggi, la Calabria conta 1.035 casi confermati e 75 vittime su una popolazione di quasi 2 milioni di persone, ha eseguito 23.760 tamponi ed ha la percentuale più bassa (appena 4%) di positivi sui controllati, oltre ad avere il numero più basso di casi positivi rispetto alla popolazione (0,05%).
L’Umbria è guidata dal Presidente Donatella Tesei. Anche qui sono state istituite zone rosse nei comuni in cui si sono registrati dei focolai ed è stata ordinata la limitazione dell’accesso dei visitatori alle aree di degenza degli ospedali e agli ospiti delle residenze sanitarie assistenziali, le zone in cui la diffusione del contagio potrebbe facilmente creare situazioni di forte criticità. L’Umbria registra ad oggi 1.348 casi e 58 vittime su una popolazione di 882.000 abitanti, ha 25.170 tamponi. Insieme alla Basilicata, ha il numero più basso di morti rispetto alla popolazione (0,006%).