Il Coronavirus e l’eparina, intervista al prof. Alessandro Mascitelli: “così ho scoperto che non è la polmonite a uccidere”

Coronavirus, intervista al prof. Alessandro Mascitelli: l'intuizione sull'uso dell'eparina e l'orgoglio per aver salvato molte vite umane
MeteoWeb

Il prof. Alessandro Mascitelli è il Direttore del Centro Flebologico Labronico presso la Casa di Cura Villa Tirrena di Livorno, struttura accreditata al Servizio Sanitario Nazionale nell’ASL Nord/Ovest della Toscana, ed è stato il primo ad avere l’intuizione che si è rivelata decisiva per salvare centinaia, forse migliaia di vite umane. Mascitelli, infatti, ha consigliato l’utilizzo dell’eparina a colleghi di vari ospedali, nel pieno rispetto delle norme ma senza aspettare la farraginosa burocrazia dell’AIFA e dell’Istituto Superiore di Sanità, con risultati eccezionalmente positivi.

Ai microfoni di MeteoWeb, il prof. Mascitelli racconta tutto sin dall’origine: “Era fine Febbraio – inizio Marzo. Studiavo le cartelle cliniche dei malati di Coronavirus e ho capito subito che c’era qualcosa che non quadrava in base ai due elementi principali di analisi, quello radiologico e quello ematochimico. Mi hanno colpito in modo particolare i valori di D-dimero che erano mostruosamente alti. Valori così alti di D-dimero sono significativi di una trombosi di una certa entità in atto. Allora mi è venuto subito un sospetto, e ho maturato la mia ipotesi: siamo sicuri che si tratta veramente di polmoniti? O c’è un quadro di trombosi disseminata in più parti dell’organismo? Allora ho telefonato al prof. Mario Pertini dell’Università di Pisa per esporgli la mia idea e confrontarmi con lui. Dopo due giorni il prof. mi dice che ho fatto centro. Il problema principale del Coronavirus non è tanto il polmone, ma l’endotelio. Covid-19 attacca principalmente l’endotelio, che è la struttura, la pellicina, che abbiamo all’interno dei nostri vasi sanguigni. Attaccando l’endotelio, il virus lo altera e lo distrugge, formando trombi. Ed è una trombosi particolare, perchè colpisce sia i grossi che i piccoli vasi: si chiama CID, Coagulazione Intravascolare Disseminata“.

E il grosso è fatto, perchè una volta individuato il problema, la soluzione è conseguenziale. “E’ stato infatti palese che bisognava intraprendere una terapia eparinica a basso dosagio per prevenire la formazione di trombi. L’eparina che di solito, Covid-19 o non Covid-19, in una malattia virale si fa sempre, a maggior ragione in pazienti allettati e in terapia intensiva“.

Intanto al prof. Mascitelli giungevano ulteriori conferme: “andando avanti con gli studi, in Italia abbiamo avuto a disposizione per primi gli esami autoptici sulle vittime del Coronavirus. Dalle autopsie abbiamo avuto una conferma chiara e limpida che questi pazienti deceduti per Covid-19 avevano trombi non solo nei polmoni, ma in tutti gli organi: nel cervello, nel fegato, nella pancia, negli arti inferiori etc. Intanto, già prima di ricevere conferme dalle autopsie, ho sparso la voce quanto più possibile perchè purtroppo la burocrazia anche in campo medico ha organi come l’ISS e l’AIFA che purtroppo sono estremamente lenti. Dato che comunque non facevamo nulla di male, perchè l’eparina va data comunque ai pazienti allettati e ammalati, abbiamo parlato con i centri Covid-19 principali di tutt’Italia. Ho chiamato il mio collega infettivologo di Livorno, dott. Spartaco Sani, e il mio collega della terapia intensiva di Pisa, prof. Francesco Forfori, i quali hanno capito l’importanza dell’intuizione e la congruità di un’ipotesi pato-genetica tutto sommato quanto più verosimile possibile, e hanno immediatamente iniziato a dare eparina, oltre 45 giorni fa. Ho chiamato anche alcuni tra i centri principali del Nord Italia, dove il prof. Forzanini ha creduto fortemente alla mia ipotesi, e la prof. Patrizia Pavei di Padova, che mi ha scritto come da quando fanno le terapie epariniche i letti in terapia intensiva e sub-intensiva hanno iniziato a svuotarsi“.

coronavirus ricoveroVoglio chiarire subito – ci tiene a sottolineare il professor Mascitelliche l’eparina non è la manna, non è quella che fa guarire il paziente. L’eparina, riducendo o distruggendo i trombi nei vasi vascolari, permette di allungare il tempo di funzionalità del polmone. Il polmone serve a trasferire ossigeno nel nostro organismo e a buttare fuori anidride carbonica, ma se i vasi sono occlusi, il polmone non può funzionare. Quindi anche se io butto aria lì dentro con la respirazione forzata artificiale intubando i pazienti, quell’ossigeno non andrà in circolo, non verrà assorbito, perchè i vasi sono otturati e il paziente morirà lo stesso. Invece se io riesco a ricanalizzare i vasi, posso far rimanere in vita il paziente per più tempo e consentirgli di combattere il virus. L’eparina permette una più rapida ricircolazione del sangue nei vasi ostruiti e consente di tirar fuori il paziente dalla fase critica, evitando il decesso. Quindi l’eparina non uccide il virus. Il virus lo uccide madre natura, cioè i nostri anticorpi e le nostre linfocellule, che possono attaccarlo. Quindi è fondamentale mantenere in vita i pazienti il più possibile, affinchè abbiano il tempo di sviluppare gli anticorpi. E l’eparina ci aiuta in questo. Sembrava l’ABC, ma non lo diceva e faceva nessuno. Tanto che pensavo di essere in torto io, per questo ho chiamato il prof. Pertini chiedendo conforto e conferme su quest’ipotesi così elementare ma che nessuno aveva praticato. Adesso stiamo dando eparina a domicilio, ovviamente a pazienti che sono Covid-19 positivi e sintomatici, che la prendono non a dose alta, ma a dosi di profilassi in modo che non si formino i trombi. In questo modo abbiamo ridotto nettamente i pazienti che vengono ospedalizzati. Ovviamente la gente non deve pensare di prendere l’eparina prima, per non ammalarsi: non c’entra niente, non cura il virus ne’ lo previene, può essere utile soltanto in pazienti di cui è già accertata la positività e che hanno sintomi che fanno immaginare la formazione di trombi. L’eparina in ogni caso deve essere prescritta da un medico, perchè in alcuni soggetti fortunamente rari ci può essere una controindicazione assoluta all’uso di eparina. E nei centri Covid-19, dove c’è la guerra, stiamo molto attenti perchè essendo una CID (Coagulazione Intravascolare Disseminata), ci può essere un tale consumo di piastrine che paradossalmente ci possono essere problemi emorragici, emorragie ‘rebound’ o paradosse. Dosi elevate di eparina vengono date solo in ambienti specifici, dove il paziente viene controllato e monitorizzato dal punto di vista coagulativo, e ci sono specialisti che conoscono bene le procedure da attuare“.

Il prof. Alessandro Mascitelli è orgoglioso ma al tempo stesso umile: “non ho inventato niente, anche se era una cosa logica sono solo stato il primo ad alzare la voce affinchè venisse prescritta questa terapia. Quando ho segnalato quest’ipotesi, gli articoli scientifici inerenti questo problema erano molto scarsi. Il primo sospetto me l’hanno messo alcuni lavori prodotti dai colleghi cinesi: erano strani e nebulosi, perchè dicevano sì all’eparina ma no al cortisone e agli anti-infiammatori. Venivano commessi quelli che attualmente sono stati appurati essere errori, non fondamentali ma comunque errori. Non mi interessano le polemiche o le primogeniture: mi da’ più gioia e orgoglio di me stesso il fatto di aver contribuito, in piccolissima parte, ad aver salvato forse qualche decina di centinaia di persone“.

Foto di Tasos Katopodis / Getty Images

E gli USA considerano Mascitelli il padre della terapia eparinica: Trump ha comprato 12 milioni di terapie di eparina per salvare i pazienti americani, e Mascitelli è stato selezionato dall’AFI, l’Associazione Flebologica Italiana, insieme ad altri 3 colleghi per un gruppo di lavoro medico che dovrà riscrivere le nuove linee guida sul trombo embolismo venoso. “Una scelta legata ai miei studi in cui ho dimostrato che c’è una corrispondenza che sfiora l’80% tra trombosi venose, specie degli arti inferiori, e genetica. Si parla di trombofilia, una predisposizione genetica a fare trombi. Sto chiedendo a tutti i miei colleghi nel campo di battaglia contro il Covid-19 come mai alcuni giovani, anche se fortunatamente sono rari, prendono questo virus e muoiono o comunque stanno molto male. Ipotizzo, ma va verificato, che potrebbero avere una trombofilia congenita, quindi sono più esposti al virus. Ho già sparso la voce e alcuni colleghi che lavorano sul campo hanno iniziato chiedendo a questi giovani se hanno familiari di primo grado che hanno avuto problemi di trombosi venose e la risposta è quasi sempre affermativa. Quindi anche questo può essere un quid in più per andare avanti e alimentare gli studi e gli approfondimenti sul problema” conclude Mascitelli.

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