Il Coronavirus potrebbe infettare metà della popolazione ma in Svezia è una questione di libertà: “Niente lockdown, basta rispettare sempre le distanze”

“Il nostro approccio per combattere la pandemia inizia da qualcosa di fondamentale: in una democrazia liberale, bisogna convincere e non comandare le persone all’azione”
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Entro la fine di aprile, circa la metà della popolazione svedese potrebbe aver contratto il coronavirus, secondo il matematico Tom Britton, professore di statistiche matematiche all’Università di Stoccolma, che attualmente lavora sui modelli su come le malattie infettive si comportano in una popolazione. “Se c’è un mese in cui dovreste fare un favore a voi stessi e agli altri è ora ad aprile”, ha detto a Radio Sweden.

Sulla base dei suoi numeri e dei suoi calcoli, come il numero di persone morte e quelle che potrebbero essere infette senza mostrare sintomi, secondo Britton, circa un milione di persone sono già infettate. Secondo Britton, il picco sarà a metà aprile. Dopo aprile, il tasso di infezione dovrebbe iniziare a scendere. Sarei stupito se il picco non avvenisse in aprile. Il picco della pressione sugli ospedali avverrà circa due settimane dopo”. Per quanto riguarda le misure prese dalla Svezia e i loro effetti sui numeri, Britton sostiene: “È troppo presto per giudicare. Analizzerò il tasso di letalità tra 1-2 settimane e spero che i tempi di raddoppio del tasso di letalità rallenteranno, ma al momento è troppo presto per dirlo”.

Stoccolma durante la pandemia. Foto di Jonathan Nackstrand/Afp via Getty Images

Ricordiamo che la Svezia ha rifiutato di mettere il Paese in lockdown, come fatto dalla stragrande maggioranza delle nazioni, puntando, invece, sul senso di responsabilità del proprio popolo. Mentre altri Paesi hanno chiuso città, scuole ed economie, la vita in Svezia prosegue in maniera sorprendentemente ordinaria. “Molte persone lavorano da casa. I ristoranti sono aperti ma non affollati. Mantenere due metri di distanza alle fermate degli autobus è qualcosa a cui gli svedesi sono molto bravi da prima della crisi: non abbiamo bisogno di molto incoraggiamento ora. Siamo attenti”, si legge su The Spectator, in un articolo che insiste sull’idea di libertà, rigettando quella del totalitarismo. “Il nostro approccio per combattere la pandemia inizia da qualcosa di fondamentale: in una democrazia liberale, bisogna convincere e non comandare le persone all’azione”. Il premier svedese Stefan Löfven ha respinto l’idea di un lockdown, dicendo: “Non possiamo legiferare e vietare tutto”. Potrebbe anche decidere di adottare misure più rigide in futuro, ma al momento sostiene: “Tutti noi, come individui, dobbiamo assumerci la responsabilità e non aspettare che il governo ci chiuda”.

Gli epidemiologi Anders Tegnell e Johan Giesecke raccomandano prudenza e buon senso. Come in Gran Bretagna, molti scienziati hanno fatto appello al governo per chiudere le scuole e imporre il coprifuoco. A differenza del Regno Unito, le autorità hanno risposto con serenità, spiegando che non aiuterebbe davvero. Hanno pubblicato i loro modelli sulla diffusione del virus, che mostrano quante persone avranno bisogno di cure ospedaliere e secondo loro, il sistema lo può sopportare. I principali consigli di Tegnell e altri esperti sono: siate ragionevoli, state a casa se siete ammalati e lavate le mani. Ma a persone, aziende, scuole e altri spetta comprendere da soli quali precauzioni prendere.

Forse emergerà che Tegnell e il suo team si sono sbagliati. Ma il loro punto è che le persone meritano politiche che funzionino per più di un mese. Gestire il virus sarà una lunga partita e anche se l’immunità di gregge non è la strategia della Svezia, potrebbe essere il punto in cui finiremo. La teoria del lockdown, dopo tutto, è molto di nicchia, profondamente illiberale e finora non è testata. Non è la Svezia che sta conducendo un esperimento di massa. Sono tutti gli altri, si legge nell’articolo di The Spectator, che suona proprio come un inno alla libertà. “L’eccezionalità svedese sta nel principio, non nell’epidemiologia. È vero che siamo forse meno a rischio grazie al nostro alto tasso di famiglie con un solo componente e dal basso numero di fumatori. Chiudere le scuole avrebbe un impatto più grande in un Paese in cui quasi tutte le madri sono madri che lavorano. Ma francamente, tutte queste spiegazioni non centrano il punto: sì, ci differenziamo dall’Italia o dalla Spagna, ma non da Danimarca, Finlandia e Norvegia. La Svezia semplicemente ha chiamato a prendere misure che non distruggano la società libera”.

“Quanto resisterà la Svezia?”, si chiede l’autore dell’articolo. “Non è chiaro. Possiamo aspettarci che le cifre relative alle nostre vittime per COVID-19 aumentino più velocemente rispetto a quelle dei nostri vicini, ancora entro i confini di una brutta influenza invernale. Un quinto della popolazione vorrebbe che diventassimo come il resto d’Europa, con un lcokdown totale. Ma la stragrande maggioranza, al momento, vuole che la Svezia mantenga la calma. Non vogliamo ricordare il 2020 come il tempo in cui abbiamo causato danni irreparabili alle nostre libertà o le abbiamo perse del tutto”.

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