A soli 130km dalla Cina, lo stato insulare di Taiwan e i suoi 24 milioni di residenti hanno affrontato una estrema minaccia quando è esplosa l’epidemia di coronavirus a Wuhan lo scorso dicembre. Ma invece di cadere nel caos, il Paese ha preso il controllo della situazione. Il Taiwan ha appena 395 casi confermati, 6 vittime e il 42% dei guariti, secondo i dati della Johns Hopkins University. La Cina, in confronto, ha registrato oltre 82.000 casi. L’epidemia in Cina è scoppiata poco prima del Capodanno Lunare, durante il quale milioni di cinesi e taiwanesi viaggiano per le vacanze. Ma come ha fatto il piccolo Taiwan ad arginare una crisi sanitaria che ha avuto origine nella vicina Cina e che sta mettendo in ginocchio il mondo? Il suo successo sta nell’aver reagito subito e rapidamente, sfruttando le infrastrutture della sanità pubblica, l’analisi dei dati e un’estesa divulgazione educativa. E non ha attuato alcun lockdown: persino scuole e negozi sono sempre rimasti aperti.
Nella sua lotta contro l’epidemia, il governo di Taipei ha implementato 124 protocolli di sicurezza tra le rapide misure adottate per affrontare l’emergenza, come: controllo delle frontiere via mare e via aria, identificazione dei casi utilizzando la tecnologia, istruire la popolazione combattendo la disinformazione, negoziati con altri Paesi e politiche per le scuole e le aziende. Il 31 dicembre 2019, le autorità cinesi hanno notificato all’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) diversi casi di polmonite. Quello stesso giorno, i Centri per il controllo delle malattie del Taiwan hanno iniziato a monitorare i passeggeri che arrivavano nel Paese da Wuhan. Le autorità governative salivano a bordo degli aerei provenienti da Wuhan subito dopo l’atterraggio, monitorando i passeggeri per eventuali sintomi. Meno di una settimana dopo, il governo ha iniziato a monitorare le persone che avevano viaggiato da Wuhan dal 20 dicembre.
Jason Wang, professore di pediatria ed esperto di analisi politica della Stanford University, ha elogiato l’utilizzo della tecnologia e un robusto piano di prevenzione delle pandemie da parte del Taiwan. “I casi sospetti sono stati controllati per 26 virus, inclusi SARS e MERS. I passeggeri che mostravano sintomi sono stati messi in quarantena a casa ed è stato valutato se era necessaria l’assistenza medica in ospedale”, si legge in un rapporto della Stanford University.
A metà gennaio, il Taiwan ha inviato un team di esperti in una missione di accertamento dei fatti in Cina, dopo aver ottenuto l’autorizzazione. “Non ci hanno fatto vedere quello che non volevano che vedessimo, ma i nostri esperti hanno percepito che la situazione non era ottimistica”, ha detto a NBC News, Kolas Yotaka, rappresentante del governo taiwanese. Allora Taipei ha rafforzato ulteriormente i protocolli sanitari e di sicurezza. Entro la fine di gennaio, era stato istituito il Central Epidemic Command Center, centralizzando le misure politiche per proteggere la salute pubblica. Il 26 gennaio, il Taiwan è diventato il primo Paese a vietare i voli da Wuhan. Allo stesso tempo, il governo ha vietato l’esportazione di mascherine e si è assicurato che fossero accessibili limitando i prezzi a circa 0,17$ ciascuna. Entro fine febbraio, Taipei aveva distribuito quasi 6,5 milioni di mascherine alle scuole primarie e secondarie e agli istituti del doposcuola, oltre a 84.000 litri di igienizzante per le mani e 25.000 termometri frontali. Praticamente avevano già fatto tutto ciò che in Italia non siamo in grado di fare neanche oggi, due mesi dopo, e mentre Taiwan si comportava in questo modo, i nostri politici organizzavano gli “aperitivi contro la paura”, le “riaperture” e gli “abbracci ai cinesi contro la discriminazione”. La differenza dei risultati è sotto gli occhi di tutti.
Intenso monitoraggio sanitario e test ripetuti
Le infrastrutture sanitarie del Taiwan, inclusa l’analisi dei big-data, sono in parte il risultato dell’epidemia di SARS del 2003, che ha ucciso 73 persone e bloccato la sua economia. Dopo l’epidemia del 2003, il Taiwan ha imparato la lezione e ha installato monitor per la temperatura negli aeroporti per controllare la febbre dei viaggiatori, che è anche un sintomo del Covid-19. I viaggiatori possono anche riportare la storia dei loro viaggi e della loro salute con un codice QR, che il governo utilizza “per classificare i rischi infettivi dei viaggiatori sulla base dell’origine del volo e della storia dei viaggi negli ultimi 14 giorni”, riporta la Stanford University. “Le persone che non avevano viaggiato in aree ad alto rischio ricevevano la dichiarazione di passaggio di frontiera via sms per una più rapida autorizzazione all’immigrazione. Coloro che avevano viaggiato in aree ad alto rischio venivano messi in quarantena a casa e tracciati attraverso i loro cellulari per assicurarsi che stessero a casa durante il periodo di incubazione”, continua il rapporto.
Ma il governo taiwanese non ha dimenticato le persone che erano risultate negative al virus: sono state sottoposte nuovamente al test per tenere traccia dei nuovi casi, ha detto Wang a NBC News.
Assicurazione sanitaria
Il sistema di assicurazione sanitaria del Taiwan copre il 99% della popolazione, ha dichiarato Kolas a NBC News, aggiungendo che la copertura accessibile garantisce che le persone non debbano scegliere tra la loro salute personale e quella finanziaria. “L’assicurazione sanitaria di Taiwan consente a tutti di non avere paura di andare in ospedale. Se si sospetta di avere il coronavirus, non ci si preoccupa del fatto che non ci si possa permettere la visita in ospedale per sottoporsi al test. Si può ottenere un test gratuito e se si è costretti all’isolamento, durante i 14 giorni, noi paghiamo cibo, alloggio e cure mediche”, ha precisato Kolas.
Facile accesso alle informazioni
Per arginare la crisi, Taipei ha richiesto che le stazioni radio e televisive trasmettessero ogni ora annunci di servizio pubblico sul coronavirus, includendo come si diffonde e come prevenire l’infezione. “Crediamo che la paura sarà ridotta solo quando l’informazione è trasparente e le persone hanno sufficiente conoscenza medica”, ha aggiunto Kolas. A loro volta, i cittadini hanno intensificato le pratiche di sicurezza. E questo è stato particolarmente evidente nelle scuole. “Oltre il 95% dei genitori misurava la temperatura dei bambini a casa e la riportava alla scuola prima dell’arrivo del bambino. A prescindere da ciò che fa il governo, la gente deve prendersi la responsabilità della propria salute”, ha detto il dirigente scolastico Tu Chen-yang a NBC News. Gli edifici pubblici e privati hanno controllato la febbre di coloro che entravano e i condomini hanno messo igienizzante per le mani dentro e fuori dagli ascensori.
Anche se in molti evidenzieranno il fatto che il Taiwan è un piccolo Paese, la sua vicinanza alla Cina è stata una grande sfida, soprattutto considerando che 850.000 dei suoi residenti vivono in Cina e altri 400.000 vi lavorano.
“Il governo del Taiwan ha imparato molto dall’esperienza con la SARS del 2003 e ha istituito un meccanismo di risposta per permettere rapide azioni per la crisi successiva. Attraverso il rapido riconoscimento della crisi, comunicazioni giornaliere al pubblico e semplici messaggi in materia di sanità, il governo è stato in grado di rassicurare il pubblico fornendo informazioni puntuali, precise e trasparenti riguardo l’evolvere dell’epidemia. In sintesi, l’estesa coordinazione e la rapida azione di Taiwan hanno contribuito ad arginare l’ondata di casi di coronavirus nel Paese”, si legge in un articolo che Wang ha pubblicato su Journal of the American Medical Association.
Il Taiwan recentemente è stato anche al centro di una polemica con Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, che ha accusato il Paese di essere dietro una campagna di razzismo contro lui e gli africani in generale, anche se non è chiaro a cosa si riferisse. “Taiwan si oppone sempre a qualsiasi forma di discriminazione. Sappiamo come ci si sente ad essere discriminati e isolati più di chiunque altro poiché siamo stati esclusi dalle organizzazioni globali per anni. Quindi mi piacerebbe invitare Tedros a visitare il Taiwan, per vedere come i taiwanesi si impegnano a dedicarsi alla società internazionale nonostante siano discriminati e isolati”, ha scritto su Facebook il presidente Tsai Ing-wen. Joseph Wu, ministro degli esteri taiwanese, è stato critico nei confronti della gestione della pandemia da parte dell’Oms e dell’esclusione di Taiwan dall’organizzazione. Anche se il governo del Taiwan è stato un membro fondatore delle Nazioni Unite, la Repubblica Popolare Cinese si è stabilita nel corpo e in tutte le organizzazioni subordinate come l’Oms nel 1971. La Cina rivendica l’isola autogovernata come parte del suo territorio. Il governo del Taiwan rifiuta questa richiesta, affermandosi come nazione sovrana e indipendente.
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