La didattica a distanza, così come è stata pensata, non è adatta a milioni di famiglie italiane. Anzi, di più: manda in crisi genitori e figli. Per comprenderlo basta capire come funziona e basta immedesimarsi in una qualsiasi famiglia italiana in questo momento storico. Si tratta di video lezioni tenute grazie ad app, come Skype e simili, da docenti che parlano contemporaneamente a tutti gli alunno di una classe, o in alcuni casi anche singolarmente, con tutte le difficoltà che comportano le video chiamate, tra audio che salta e video che a volte, in base alla connessione, lascia a desiderare.
Allo stato attuale gli studenti delle scuole primarie italiane sono in tutti 2.612.538. Ciò significa che oltre due milioni di famiglie sono alle prese con la didattica a distanza. Che c’è di difficoltoso, potrebbe chiedere qualcuno? Beh, se in famiglia si dovesse fare solo quello non ci sarebbe nulla di complicato, ovviamente se i genitori hanno competenze e grado di istruzione giusto per aiutare i propri figli, ma calcolando che molti genitori in questo periodo lavorano in modalità smart working, ecco che si comprende cosa sta accadendo in milioni di case italiane. Io, genitore, devo lavorare utilizzando il mio computer. Mio figlio, che fa terza elementare, deve seguire le lezioni utilizzando un computer. E se di computer in casa ce n’è solo uno? E poi, dopo aver seguito la lezione, chi dovrà spiegare ai bambini ciò che devono fare, se non hanno compreso qualcosa durante la spiegazione dell’insegnante? Il genitore, ovviamente. E quel genitore come fa a lavorare e contemporaneamente a fare da tutor al figlio?
“La ministra Azzolina non ha risposto a nessuna domanda e quando abbiamo iniziato a incalzarla sulla fine dell’anno scolastico, sulla ripartenza a settembre, si è alzata e ci ha lasciato davanti a uno schermo vuoto. Sedici assessori sbigottiti. Non avevo mai visto nulla di simile“. E’ questo il racconto dall’assessore all’Istruzione della Regione Lombardia, Melania Rizzoli. Tutti gli assessori alla scuola delle venti regioni d’Italia chiedevano da un mese un incontro: lo hanno ottenuto due giorni fa, ma dopo un’ora di indicazioni critiche e richieste dal territorio, la comunicazione si è interrotta: “Buona giornata a tutti“, ha detto all’improvviso la Azzolina alzandosi e andando via senza risposte e senza spiegazioni. “Sono state più lunghe le prove di attivazione wi-fi che lo scambio sui contenuti“, hanno raccontato i presenti. Cristina Grieco, assessore della Regione Toscana, coordinatrice del videoincontro, ha spiegato che “è stata una riunione surreale, con un’emergenza di questo tipo la ministra non ha sentito l’esigenza di sentirci prima e poi ha eluso le domande in diretta. Siamo persone delle istituzioni e dobbiamo provare ad andare oltre l’episodio, dobbiamo trasformare il rapporto con il ministero in un coinvolgimento costante. Speriamo di riuscirci“.
Gli assessori regionali d’Italia sanno che c’è la possibilità che a settembre non si possa tornare a scuola, e in merito hanno chiesto delucidazioni che non sono mai arrivate: “Ci aspettavamo risposte politiche, ma ieri non sono arrivate neppure quelle tecniche“. Assessori, docenti, genitori, alunni: tutti brancolano nel buio. Chi dovrebbe accendere una luce, o quanto meno un lume, brancola più degli altri. E intanto a rimetterci sono i genitori che devono improvvisarsi insegnanti, tralasciando il proprio lavoro e rischiando l’esaurimento nervoso.