“In epoca Coronavirus stiamo assistendo alla rinaturalizzazione dei corsi d’acqua. Sarebbe utile prevedere con il riavvio delle attività delle procedure che possano garantire questi livelli di qualità delle nostre acque interne? Quali possono essere i sistemi gestionali e tecnologici da adottare dalle aziende nell’interesse della qualità dei nostri fiumi?
Secondo gli annunci fra poco si riprenderà come prima e più di prima per recuperare il fermo forzato economico e sociale; non appena i famosi numeri, quelli delle statistiche, quelli che faranno pubblicare centinaia di articoli scientifici ai ricercatori in medicina, indicheranno che stiamo superando in maniera stabile la fase di crisi delle strutture ospedaliere, cioè il numero dei posti disponibili in ospedale rispetto ai potenziali contagiati sintomatici, i decisori faranno le loro scelte e tutto tenderà verso la normalità. Ci sarà il potenziamento del sistema sanitario nazionale senza più preoccuparci se lo stile di produzione e di vita che avevamo prima della Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, che ha dichiarato per 6 mesi lo stato di emergenza sanitaria, era quello migliore o almeno sufficiente per la qualità della nostra vita, per il nostro benessere fisico e psicologico”. Lo ha dichiarato Antonello Fiore, Presidente della Società Italiana di Geologia Ambientale ( SIGEA).
L’Italia Paese che deve puntare sulla prevenzione.
“Nell’era post Covid – 19 le finanze dell’Italia saranno messe a dura prova – ha continuato Fiore, in occasione della Giornata Mondiale della Terra – ed allora non sarebbe il caso di puntare sulla messa in sicurezza del territorio? Oggi abbiamo il Coronavirus ma in Autunno o nel prossimo Inverno i rischi alluvionali e comunque legati al dissesto idrogeologico potrebbero mettere a dura prova un’economia nazionale che sarà ancora più fragile. L’Italia Centrale colpita dal sisma del 2016 ne è una testimonianza. Ed allora perché non creiamo finalmente in questo Paese un indotto economico green che mettendo in sicurezza il territorio, i borghi, i versanti di montagna, i monumenti sia dal dissesto che dal rischio sismico, sarà anche in grado di dare lavoro a tutti? Potrà il settore industriale o turistico sostenere anche il rischio di un altro blocco dovuto non al Coronavirus ma al dissesto idrogeologico o al rischio sismico? Credo che questa pausa debba farci guardare oltre la contingenza del momento. E dobbiamo farlo ora!
Per renderci meno vulnerabili non ci sarebbe da inventarsi nulla di nuovo se non dare seguito a quello che i Capi di Stato hanno deciso di adottare in occasione del Summit sullo sviluppo sostenibile tenutosi a New York il 25-27 settembre 2015, che fissa gli impegni per la sostenibilità dello sviluppo da realizzare entro il 2030. L’Agenda 2030 riconosce lo stretto legame tra il benessere umano e la salute dei sistemi naturali e la presenza di sfide comuni che tutti i Paesi sono chiamati ad affrontare. Nel farlo, tocca diversi ambiti, interconnessi e fondamentali per assicurare il benessere dell’umanità e del pianeta: dalla lotta alla fame all’eliminazione delle disuguaglianze, dalla tutela delle risorse naturali all’affermazione di modelli di produzione e consumo sostenibili. Sono tutti ambiti riconducibili all’emergenza sanitaria-economica-sociale-psicologica che stiamo vivendo e che potremmo rivivere nel futuro prossimo. Bisogna assolutamente avere un modello di sviluppo sostenibile anche nella nostra Italia.
Ripartire dagli impegni dell’Agenda è la conseguenza naturale al contrasto alle pandemie principalmente per tre motivi: per il chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale; per il superamento definitivo dell’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale anziché una questione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo; per il coinvolgimento di tutti i Paesi allo sforzo di portare il mondo su un sentiero sostenibile, senza più distinzione tra Paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo.
Se non abbandoniamo la tendenza egemone dell’umanità moderna sulla natura, se non abbandoniamo l’incarnazione dell’essere umano che si pone l’obiettivo di trasformare il mondo in base alle sue esigenza senza realmente capire che il mondo nella sua complessità è confrontabile alla semplicità dell’acqua che allo stato liquido si adatta al suo contenitore, se non ci preoccupiamo delle altre emergenze e siamo solo pronti a rinviarle e ad affrontarle caso per caso, mese per mese, Governo per Governo senza attuare una seria politica di previsione e prevenzione che porta a un cambiamento radicale del nostro stile di vita, di consumo di beni e servizi e di produzione, se non avviamo quella conversione ecologica globale che in molti chiedono, torneremo tutti a essere esposti alla prossima pandemia. Così se non cambia nulla rispetto a ieri, non andrà tutto bene”.