Tempo di virus, tempo di casa: per molti, ma non per tutti. Secondo quanto stabilito dal protocollo di intesa tra Regione Lazio, Città Metropolitana di Roma e Roma Capitale e approvato lo scorso settembre dalla Giunta Capitolina, per la gestione del cinghiale è tempo di blitz.
La sera del 15 aprile, infatti, è partito l’attacco alle porte della riserva naturale dell’Insugherata, a Roma in zona Cassia.
Con i tiratori scelti della polizia locale, armati di proiettili narcotizzanti, un grande furgone per il trasporto degli animali e il dispiegamento delle forze dell’ordine anti- assembramento.
Alcuni residenti, che hanno osservato la scena dalle case di Via Italo Panattoni (la strada vicina all’ingresso del parco), affermano di aver visto caricare sul furgone esemplari di cinghiali adulti. Sembra poi che sia stato ucciso sul posto un cinghiale anziano: il più mansueto e pacifico, secondo quanto raccontato da chi lo aveva visto sgambettare in passato nell’area.
Al momento sembra che nel parco sia rimasta solo qualche cinghialessa, sfuggita miracolosamente alla cattura, e gruppi di cuccioli spaventati e indifesi. Come risulta dalle foto scattate la mattina del 16 aprile.
Le perplessità sulla liceità dell’operazione sono tante.
In primo luogo, non si può fare a meno di notare che la mattanza è stata compiuta nel momento meno opportuno e nel peggiore dei modi, ovvero nel periodo dell’allattamento dei cuccioli, ora rimasti orfani e con un’emergenza sanitaria in corso, senza precedenti. Si poteva attendere, per es., la fine dello svezzamento dei piccoli ed utilizzare in altri luoghi, esposti a ben altri rischi, sia le risorse economiche stanziate (100.00 euro, sembra), che il personale pubblico messo a disposizione.
A meno che le tempistiche non siano state usate a regola d’arte: la possibilità di compiere un’azione biasimevole nel momento in cui la città è oberata di divieti e i volontari animalisti non hanno la facoltà di muoversi, agire e protestare liberamente, deve essere apparsa come un’occasione imperdibile ai registi del blitz.
Poi, lascia basiti il fatto che non siano state trovate soluzioni alternative, certamente più etiche ed economiche, come: il trasferimento dei cinghiali in strutture protette e controllate, la loro sterilizzazione, un’idonea recinzione del parco per evitare sconfinamenti nel centro urbano. Ed anche: l’adeguata raccolta dei rifiuti, che notoriamente, se lasciati in strada, attirano gli animali in cerca di cibo.
La versione ufficiale è che si è trattato di un intervento a tutela della salute pubblica, di un’ “emergenza” nell’emergenza. Dopo i proiettili narcotizzanti si passerà, dunque, alla soppressione degli ungulati di Roma, esclusivamente per tutelare i cittadini residenti. Ma la realtà è ben altra cosa.
Ovviamente volontari e associazioni animaliste non approvano affatto le motivazioni e i metodi adottati da Regione e Comune per risolvere il problema.
Problema che non riguarda solo la riserva naturale dell’Insugherata. Poiché simili “emergenze” potrebbero verificarsi in Toscana (come sta già accadendo), in Calabria, in Sicilia, in Lombardia, in Campania e ovunque sul territorio nazionale. Per questo motivo è necessario correre ai ripari. Agire subito per tutelare anche la salute dei cinghiali.
Che dire, infine, dei tenerissimi cuccioli che vagano in queste ore nel parco, forse piangendo e tremando, alla disperata ricerca della loro mamma. Viviamo in un tempo difficile, confuso, che adombra il futuro, ma ci auguriamo che per la loro storia giunga presto il lieto fine.
Perchè non proviamo a batterci, tutti insieme, per un mondo migliore? Un mondo più giusto, in cui i cinghiali adulti, per es., possano fare ritorno a casa dai loro piccoli senza temere la mano dell’uomo. Un mondo in cui l’uomo è carezzevole amico e non spregiudicato aguzzino.