Come fu prodotto il potentissimo getto di energia che accompagnò la fusione di stelle di neutroni più celebre della storia? Quell’evento, osservato il 17 agosto 2017 in simultanea da interferometri per onde gravitazionali e telescopi per onde elettromagnetiche, segnò la nascita della cosiddetta “astronomia multimessaggera”. Multimessaggera perché l’evento di fusione fu annunciato prima, appunto, da onde gravitazionali (in codice, Gw 170817) e – appena 1.74 secondi dopo – da onde elettromagnetiche ad altissima energia: il lampo di raggi gamma Grb 170817A. Quest’ultimo fornì la conferma – molto attesa dagli astrofisici – che le fusioni di stelle di neutroni possono dare luogo a un lampo di raggi gamma “corto” (short gamma-ray burst, short Grb). Ma cosa l’ha emesso, esattamente? Qual è la natura del “motore” che, avviato dalla fusione, ha prodotto quel breve ma potentissimo getto energetico?
Le possibilità sono essenzialmente due: una stella di neutroni molto massiccia o un buco nero di massa stellare. Da allora sono stati numerosi i gruppi di astrofisici che si sono cimentati con i dati raccolti durante e dopo l’evento per cercare di fornire una risposta. L’ultima proposta in ordine di tempo arriva, in realtà, non da un team ma da un single. L’articolo che la descrive, pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, porta infatti la firma di uno scienziato soltanto: il ricercatore dell’Inaf di Padova Riccardo Ciolfi, membro delle collaborazioni Virgo e Grawita nonché coordinatore, per quest’ultima, del gruppo responsabile dell’interpretazione teorica dei dati.
«Sì, è vero, gli articoli single-author sono piuttosto rari, anche quando si tratta di uno studio teorico come il mio. Questo risultato», racconta Ciolfi a Media Inaf «arriva dopo qualche anno in cui mi sono concentrato sulla post-coalescenza di due stelle di neutroni, esplorando il caso in cui l’oggetto risultante sia una singola stella di neutroni massiccia in grado di sopravvivere, almeno per un po’, al collasso a buco nero. Dopo un primo studio sistematico pubblicato nel 2017, prima dell’evento Gw 170817, e un secondo lavoro nel 2019 mi sono imbarcato in solitaria su questo progetto più ambizioso, che ha richiesto oltre un anno di lavoro».
Un anno durante il quale Ciolfi, partendo da due stelle di neutroni virtuali (con masse di 1.44 e 1.29 masse solari, compatibili dunque con l’evento Gw 170817), ha messo a punto e analizzato una simulazione magnetoidrodinamica in relatività generale della loro coalescenza. Una simulazione con estensione temporale monstre: fino a 250 millisecondi dopo la fusione. Può sembrare poco, ma il record precedente – sempre ottenuto da Ciolfi – era di appena 100 millisecondi. Seguire l’evoluzione dell’evento per un periodo così lungo è stato l’ingrediente fondamentale per arrivare a capire se – e come – un getto di energia così elevata possa emergere da una stella di neutroni massiccia o se, invece, richieda la presenza di un buco nero.