Svolta epocale di Giorgio Armani, la notizia è stata riportata da varie testate giornalistiche. Lo stilista, proprietario della Casa di Moda Armani, dal valore stimato di ca. 8 miliardi, con più di 2.700 boutique in 60 paesi nel mondo, distribuite tra vestiario e accessori, ha indirizzato una lettera aperta al mondo della moda, pubblicata dalla rivista “WWD Womens’s Wear Daily”, punto di riferimento del settore “fashion”.
“Il declino della moda, per come lo conosciamo, è iniziato quando il settore del lusso ha adottato le modalità operative del fast fashion con il ciclo di consegna continua, nella speranza di vendere di più … Io non voglio più lavorare così, è immorale– scrive Armani- Non ha senso che una mia giacca, o un mio tailleur vivano in negozio per tre settimane, diventino immediatamente obsoleti, e vengano sostituiti da merce nuova, che non è poi troppo diversa da quella che l’ha preceduta. Io non lavoro così, trovo sia immorale farlo”.
L’abbigliamento firmato Armani è inconfondibile, costoso sì, ma dotato di una certa classe, elegante, tradizionale e innovativo al tempo stesso e questa è sempre stata anche la personale cifra stilistica del suo creatore. Nel periodo dell’emergenza Coronavirus, prima di altri a febbraio, ha compreso la gravità della situazione, presentando la nuova collezione autunno-inverno 2020-2021 a porte chiuse, a Milano. Poi, a marzo ha donato 2 milioni di euro, ripartiti tra Protezione Civile e 7 ospedali in prima linea nella lotta al Covid-19. Infine, sempre a marzo, ha convertito la produzione dei suoi stabilimenti italiani per realizzare camici monouso destinati alla protezione individuale degli operatori sanitari.
Adesso, coraggioso come sempre, lui che ha plasmato un impero all’impronta del lusso, rifiuta il superfluo e invoca il ritorno all’essenziale, alle priorità del vivere.
“Ho sempre creduto in una idea di eleganza senza tempo, nella realizzazione di capi d’abbigliamento che suggeriscano un unico modo di acquistarli: che durino nel tempo. Per lo stesso motivo trovo assurdo che durante il pieno inverno, in boutique, ci siano i vestito di lino e durante l’estate i cappotti di alpaca, questo per il semplice motivo che il desiderio d’acquisto debba essere soddisfatto nell’immediato – prosegue lo stilista, in riferimento alla situazione attuale- Chi acquista i vestiti per metterli dentro un armadio aspettando la stagione giusta per indossarli? Nessuno, o pochi, io credo. Ma questo sistema, spinto dai department store, è diventata la mentalità dominante. Sbagliato, bisogna cambiare, questa storia deve finire. Questa crisi è una meravigliosa opportunità per rallentare tutto, per riallineare tutto, per disegnare un orizzonte più autentico e vero”.
Guardando al futuro, in un periodo di crisi per la moda italiana, che a detta della FMI Federazione Moda Italia perderà nel 2020 il 50% del fatturato, Giorgio Armani detta le sue regole, che ci auguriamo tutti indosseranno, come sempre in anticipo nel settore della moda. Perchè a sfilare in passerella questa volta saranno l’etica e il senso di responsabilità.
“Basta spettacolarizzazione, basta sprechi. Da tre settimane lavoro con i miei team affinché, usciti dal lockdown, le collezioni estive rimangano in boutique almeno fino ai primi di settembre, com’è naturale che sia. E così faremo da ora in poi. Questa crisi è anche una meravigliosa opportunità per ridare valore all’autenticità: basta con la moda come gioco di comunicazione, basta con le sfilate in giro per il mondo, al solo scopo di presentare idee blande. Basta intrattenere con spettacoli grandiosi che oggi si rivelano per quel che sono: inappropriati, e voglio dire anche volgari. Basta con le sfilate in tutto il mondo, fatte tramite i viaggi che inquinano. Basta con gli sprechi di denaro per gli show, sono solo pennellate di smalto apposte sopra il nulla. Il momento che stiamo attraversando– conclude Armani- è turbolento, ma ci offre la possibilità, unica davvero, di aggiustare quello che non va, di togliere il superfluo, di ritrovare una dimensione più umana … Questa è forse la più importante lezione di questa crisi”.