Coronavirus, prima “mappa” di chi ha gli anticorpi in Lombardia: a Bergamo picchi del 43%, Milano sotto il 10%. Infezione non è stata molto diffusa [DATI]
Primi dati dall’indagine epidemiologica condotta in Lombardia
Quello degli asintomatici è sempre stato un tema molto dibattuto per quanto riguarda la pandemia di coronavirus perché implica che molte persone, contagiate ma senza mostrare sintomi, potrebbero infettare inconsapevolmente gli altri. Ora arrivano i primi dati dall’indagine epidemiologica condotta in Lombardia, la regione più colpita d’Italia dall’epidemia. Il gruppo Humanitas ha condotto il primo studio epidemiologico italiano di grandi dimensioni su 4mila professionisti delle strutture lombarde del gruppo, che hanno sede in diverse zone della Regione. Lo studio si basa sui test sierologici che, in caso di IgG positive (sviluppo degli anticorpi), sono stati seguiti dai tamponi.
“Abbiamo testato e misurato la presenza di anticorpi IgG contro Sars-CoV-2, che rappresentano la traccia del contatto con il virus e potrebbero avere un ruolo protettivo — spiega Maria Rescigno, ricercatrice di Humanitas e docente di Humanitas University — in 3.985 persone. Tutti professionisti di ospedali e centri medici Humanitas in Lombardia”. L’obiettivo era capire dove e come il virus sia circolato e se i dipendenti degli ospedali siano stati più esposti. Secondo quanto emerso dallo studio, i lavoratori in ambito sanitario hanno avuto un’esposizione al virus tutto sommato in linea col resto della popolazione, il che potrebbe essere spiegato dall’adozione protocolli di protezione adeguati nelle strutture del gruppo per evitare che gli ambienti ospedalieri diventassero “centri di diffusione del contagio”.
Lo studio può contribuire a rivelare quale livello di “immunità di gregge” potrebbe essere stato raggiunto nelle diverse aree della Lombardia. Rispetto a una media del 15%, si va dal 3% di Humanitas medical care di Varese, al 43% di Humanitas a Bergamo. Nelle strutture intorno a Milano la percentuale di chi ha avuto il coronavirus (sintomatico o no) si aggira tra il 6% e il 9%, un dato di fatto in linea con tutte le altre indagini e le stime fatte fino ad oggi dagli epidemiologi, che fissano quella quota intorno al 10%. “Lo studio — spiega Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e professore emerito di Humanitas University — mira a contribuire allo sviluppo delle conoscenze sulla risposta anticorpale e sulla correlazione tra questa e la protezione dal virus. Un lavoro che si distingue per dimensioni e perché dedicato a una popolazione specifica. Emerge che l’ospedale, se ben protetto, può essere un luogo sicuro per i pazienti e per chi ci lavora. I dati evidenziano inoltre come la diffusione del virus tra il personale sia in linea con la situazione del territorio di appartenenza”.
“Il progetto non ha l’obiettivo di fornire la cosiddetta “patente immunitaria” — conclude Mantovani — perché allo stato attuale delle conoscenze nessuno può assicurare che una persona non si ammalerà, o riammalerà, di Covid-19 sulla base della presenza di anticorpi. In futuro sarà però possibile chiarire la relazione esistente fra i diversi livelli di anticorpi e la resistenza al virus, aiutandoci a definire la quantità di anticorpi necessaria per avere una protezione efficace. Inoltre, permetterà di capire quanto durano la risposta e la memoria immunologica e, quindi, l’eventuale protezione”.
Da questi dati, ci si attendeva forse numeri più alti nella regione italiana più colpita dal coronavirus, che avrebbero indicato una grande diffusione dell’epidemia in Lombardia e fornito allo stesso tempo una fotografia generale per il Paese. Invece i dati forniti dai test sierologici eseguiti sul personale degli ospedali, dunque sulle persone più esposte al rischio di contrarre il virus, sembrano indicare che non ci sia stata una diffusione massiccia del COVID-19 neanche in Lombardia, come successo nelle regioni del Centro-Sud in cui i test sierologici hanno dato risultati praticamente tutti negativi. Questo significa che i numeri sui contagi in Italia emersi grazie ai tamponi effettuati non si discostano molto dalla realtà. Sicuramente includendo anche coloro che hanno superato la malattia con pochi sintomi o addirittura nessun sintomo, il numero dei casi confermati in tutt’Italia sarà maggiore, ma da questi primi dati la differenza non sembra essere enorme, come precedentemente ipotizzato.