Dall’Europa agli USA, passando per l’Asia, l’Oceania e il Sud America: nasce RESCOP (Research Group on COVID-19 and Particulate matter), la Task Force internazionale di ricercatori che hanno accettato la proposta di SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale, con sedi internazionali a Bruxelles, Madrid e New York), offrendo la propria disponibilità a verificare la presenza del coronavirus sul particolato atmosferico delle città più colpite, mentre l’epidemia di COVID-19 è ancora in corso, riporta un comunicato stampa di SIMA.
Oltre a Milano, Bergamo e Napoli, sono già in corso test indipendenti a Madrid, Barcellona, Bruxelles, Londra e New York. Una squadra di scienziati che, come veri e propri “Guardiani dell’Ambiente e della Salute”, proveranno a seguire le tracce del coronavirus sul particolato di città, fino ad arrivare ad eseguire possibili prove di vitalità e virulenza da svolgersi in laboratori di virologia di massima sicurezza, condizione garantita dal centro di ricerca internazionale d’Ingegneria Genetica e Biotecnologia delle Nazioni Unite (ICGEB) di Trieste, diretto da Alessandro Marcello, e dal Centro di Biologia Molecolare Severo Ochoa di Madrid, guidato da Antonio Alcami.
Alessandro Miani, Presidente SIMA e docente di Prevenzione Ambientale presso l’Università degli Studi di Milano, commenta: “Siamo soddisfatti perché con l’appello lanciato da SIMA – dopo la pubblicazione del primo ‘Position Paper’ sul possibile legame tra inquinamento-COVID-19 e l’annuncio del riscontro del genoma del nuovo coronavirus sul particolato atmosferico di Bergamo grazie alle analisi eseguite dal professor Pallavicini e dal collega Ruscio a Trieste – siamo evidentemente riusciti a stimolare le istituzioni ambientali e sanitarie nazionali a interessarsi al fenomeno, ma soprattutto perché il nostro invito è stato accolto con entusiasmo da molti scienziati di ogni parte del mondo, disposti a verificare la nostra ipotesi di ricerca senza pregiudizi, in puro spirito di amore per la verità. Siamo di fronte a un esempio concreto di profonda comprensione di quella che è la mission etica della ricerca, sempre al servizio del bene comune e della salute delle persone”.
Nella Task Force alcuni nomi famosi in tutto il mondo come l’epidemiologo John Ioannidis, Direttore del Meta-Research Innovation Center della Stanford University in California e Frank Kelly, a capo del Centro di Ricerca sull’inquinamento atmosferico dell’Imperial College di Londra e principale consulente in quest’ambito del Governo di Sua Maestà.
Significativa la formale adesione della Facoltà di Medicina dell’Università Complutense di Madrid, guidata dal Preside Javier Arias, che vede impegnati biologi molecolari del calibro di Elena Vara e Lisa Rancan, in stretta collaborazione con il Centro di Ricerca su Energia, Ambiente e Clima diretto da Begona Artinano.
Dalla Harvard T.H. Chan School of Public Health partecipa Francesca Dominici, mentre per la Columbia University di New York aderiscono Darby Jack e Steven Chillrud, a cui si aggiungono Elena Colicino del Mount Sinai Hospital, sempre a New York, e M.Cristina Tirado von der Pahlen, direttrice dell’Istituto per l’Ambiente e Sostenibilità della UCLA di Los Angeles in California.
Dall’Università di Bruxelles partecipano Alessandro Parente, Cyril Gueydan e Anne Botteaux, dall’Università di Oxford Francesco Salustri e dall’Imperial College di Londra l’esperto di Sistemi Energetici, Antonio Marco Pantaleo. Dall’Istituto di Global Health di Barcellona aderisce Xavier Rodo, grande esperto di rilevazioni ambientali e, sempre dalla Catalogna, Josè L. Domingo dell’Università di Reus.
“Numerosi i ricercatori italiani coinvolti, con l’obiettivo di sviluppare un protocollo analitico internazionale in base al quale poter confermare o escludere la presenza dell’RNA SARS-CoV-2 sul particolato in diverse città colpite da epidemie di COVID-19 e possibilmente avviare una valutazione specifica della vitalità e virulenza dei virus eventualmente riscontrati sulle polveri sottili. Ulteriore obiettivo è quello di individuare applicazioni in ambito preventivo, come l’uso dei test sul particolato quale indicatore precoce di future recidive epidemiche, oltre ad approfondire i modelli di diffusione del virus in relazione ai parametri meteo climatici e d’inquinamento”, sottolineano Leonardo Setti dell’Università Alma Mater di Bologna e Gianluigi De Gennaro dell’Università di Bari Aldo Moro.
Oltre a Setti, l’Alma Mater è rappresentata da Fabrizio Passarini, mentre Alberto Pallavicini e Pierluigi Barbieri provengono dall’Università di Trieste, nella cui Azienda Ospedaliera opera anche Maurizio Ruscio. L’Università Federico II di Napoli aderisce con l’infettivologo Ivan Gentile e con Annamaria Colao, titolare della Cattedra UNESCO per l’Educazione alla Salute e lo Sviluppo Sostenibile. Dall’Università di Torino partecipa Pierluigi Conzo (Collegio Carlo Alberto).
Per le valutazioni sui modelli partecipa Cosimo Distante del CNR-ISASI, mentre per quelle economiche Leonardo Becchetti e Gianluigi Conzo dell’Università di Roma “Tor Vergata”.
Ed è proprio Leonardo Becchetti a precisare che: “I dati quotidiani dei Comuni e delle province italiane mostrano che, laddove persistono livelli elevati di particolato a lungo termine, si riscontra una significativa correlazione con l’entità del contagio e decessi per COVID-19, anche tenendo conto di altri fattori concorrenti – come la densità della popolazione, i flussi di pendolari, la qualità dei servizi sanitari ed altro – e applicando diverse metodologie di analisi, siano essi modelli a sezione trasversale o per dati aggregati, ovvero a effetto fisso e sintetici controfattuali. Il risultato sembra sempre propendere per un legame tra inquinamento e COVID”, conclude il comunicato stampa.