Coronavirus, perché essere ottimisti: il prof. Guido Silvestri analizza gli ultimi dati e fa chiarezza sull’efficacia del plasma

Coronavirus, la metafora di Guido Silvestri: "Per come la vedo io, l’Italia in questo momento è come una barca che naviga tra due grandi scogli"
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Continua la ritirata di SARS-CoV-2 dall’Italia. Anche oggi è calato, per il ventiduesimo giorno consecutivo, il numero totale dei ricoveri in terapia intensiva per Covid-19 in Italia (da 1501 a 1479 unità), così come il numero dei ricoveri ospedalieri (da 17.242 a 16.823, quindi di ben 419 unità)“: lo sottolinea Guido Silvestri, docente della Emory University di Atlanta, commentando su Facebook il report della Protezione Civile nelle sue “Pillole di ottimismo – L’ottimismo che viene dalla conoscenza”.

Di seguito il post integrale.

1. LA RITIRATA CONTINUA

Continua la ritirata di SARS-CoV-2 dall’Italia. Anche oggi è calato, per il VENTIDUESIMO giorno consecutivo, il numero totale dei ricoveri in terapia intensiva per COVID-19 in Italia (da 1501 a 1479 unità), così come il numero dei ricoveri ospedalieri (da 17.242 a 16.823, quindi di ben 419 unità). Negli ultimi tre giorni il calo dei ricoveri in terapia intensiva ha rallentato, vedremo nei prossimi giorni se è un fenomeno duraturo, magari legato alla ridotta mortalità, oppure se è stato solo un artefatto del ponte del Primo Maggio. Da notare che, per la prima volta da un mese e mezzo, il numero dei decessi per COVID-19 in Italia è sotto i 200 per due giorni consecutivi.

2. ANCORA SUL PLASMA CONVALESCENTE

Innanzitutto ribadisco i miei complimenti ai colleghi degli ospedali San Matteo di Pavia e Carlo Poma di Mantova – ed in particolare a Giuseppe De Donno e Massimo Franchini, primari rispettivamente della Pneumologia e del Servizio Trasfusionale a Mantova – che hanno fatto da pionieri, in Italia, dell’uso di plasma di soggetti convalescenti come terapia dei casi severi di COVID-19. Al momento hanno trattato 82 pazienti con buoni risultati e minima tossicità, quindi in accordo con le esperienze dei medici cinesi e quelle degli studi, peraltro molto più grandi, condotti qui in America.

Senza voler smorzare l’entusiasmo e l’orgoglio di questi bravissimi colleghi (e quelli dei loro sostenitori nei social), è bene ricordare che:

-L’uso di plasma o siero convalescente per trattare malattie infettive è stato introdotto nella pratica medica da oltre un secolo.

-Nel Department of Pathology alla Emory lo abbiamo usato con successo nel 2015 in pazienti con Ebola (Kraft C et al., Clin Infect Dis. 2015; 61:496-502).

-Nel caso di COVID-19 il plasma convalescente è stato usato in vari studi effettuati durante la prima fase della pandemia in Cina (Chen et al. Lancet Inf Dis 2020; Shen et al., JAMA 2020; Duan et al., PNAS 2020) e sul tema due miei Vice-Direttori, John Roback e Jeannette Guarner, hanno scritto un editoriale pubblicato sul prestigioso JAMA il 27 marzo 2020.

-In America il trattamento è approvato dalla FDA nel marzo 2020, e ad oggi sono stati praticati gratuitamente oltre 5,200 trattamenti con plasma donato da oltre 8.000 soggetti convalescenti (da cui consegue che chi insinua che la terapia con plasma convalescente sia “boicottata” dagli Amerikani è un emerito imbecille).

-Come sempre in medicina è importante attendere il risultato di studi controllati prima di emettere giudizi definitivi in termini di efficiacia di un trattamento terapeutico.

-Tra i vantaggi del trattamento, oltre alla promettente efficacia, segnalo anche il costo basso e la grande sicurezza.

-Aggiungo, da vecchio “romantico” della medicina – e da figlio di un primario di Centro Trasfusionale che considerava la donazione di sangue un grande gesto di solidarietà – che mi piace molto l’idea di una terapia resa possible dallo sforzo generoso di persone che, guarite da una malattia, vogliono fare qualcosa di utile per i propri simili meno fortunati di loro.

-I limiti principali del trattamento sono la virtuale impossibilità di standardizzazione (vista la variabilità da donatore a donatore) e, durante la prima fase della pandemia, la scarsa disponibilità di donatori.

-Per chi volesse più informazioni SERIE su questo tema consiglio di leggere questo position paper: Bloch EM et al., Deployment of convalescent plasma for the prevention and treatment of COVID-19. J Clin Invest 2020, con autori di Johns Hopkins, Mayo Clinic, Stanford, WUSTL, Columbia, NY Blood Center, Michigan State, Albert Einstein e Brown.

3. ANCORA SULLA RIAPERTURA
Ieri parlando alla RAI (La Vita in Diretta) ho fatto una metafora che per me rappresenta bene lo stato attuale delle cose, e che in molti mi hanno chiesto di riproporla anche qui.

Per come la vedo io, l’Italia in questo momento è come una barca che naviga tra due grandi scogli. Da un lato c’è lo scoglio del virus (e della malattia), che hanno fatto ormai quasi 30.000 morti, mentre dall’altro c’è lo scoglio del disastro economico dovuto al lockdown, che può creare problemi seri anche dal punto di vista socio-sanitario.

In questa metafora la cosiddetta “riapertura” o fase-2 rappresenta una sterzata necessaria per allontanare la barca dallo scoglio del disastro economico – ma non possiamo ignorare il fatto che questa sterzata fatalmente ci faccia avvicinare allo scoglio del virus e della malattia.

Per questo dobbiamo stare molto attenti, e farci guidare dai tre principi che continuo a ripetere come un disco rotto: MONITORAGGIO (che deve dirci quanto siamo distanti dai due scogli), FLESSIBILITA’ (che deve permetterci di cambiare rapidamente la direzione di marcia, se necessario) e COORDINAZIONE (che deve farci andare in armonia con le altre barche che stanno attraversando lo stesso stretto).

Mai come in questa metafora vale il detto “siamo tutti sulla stessa barca”, nel senso che ognuno di noi può e deve fare la sua parte per evitare di andare a sbattere (come abbiamo già fatto nel marzo scorso).

4. I MOTIVI DEL MIO OTTIMISMO

Oggi faccio una eccezione alla regola che mi sono posto di non parlare di cose personali e della mia famiglia. La faccio per postare una foto di mia figlia Clara che ieri ha compiuto 16 anni. E’ per lei, e per i suoi fratelli Giovanni e Nicholas, che mi sono posto l’obiettivo morale di essere sempre sereno ed ottimista di fronte alla minaccia di questa nuova malattia.

E’ per loro – e per tutti i nostri figli e nipoti — che dobbiamo lottare, con serenità e fiducia, per sconfiggere non solo la pandemia di COVID-19, ma anche i tanti altri mali che affliggono la nostra società. Ed è a loro che dobbiamo trasmettere l’entusiasmo per costruire, tutti insieme e giorno dopo giorno, un mondo migliore per ognuno di noi.”

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