Il terremoto che si è verificato la notte scorsa alle 01:43, ora italiana, di magnitudo 5.5, localizzato nel Mar Ionio, al largo della Grecia, è stato nettamente avvertito anche in diverse zone del Sud Italia, tanto da far scattare l’allerta tsunami. Sebbene sia avvenuto a grande distanza dalle coste italiane (quasi 500 km), la scossa ha interessato particolarmente la Puglia, nella zona del Salento, e la Sicilia sud-orientale. Per provare a capire quali siano ragioni di questo risentimento sismico così ampio abbiamo chiesto al dott. Alessandro Amato, Geologo e sismologo, dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
La scossa avvenuta nella notte si è verificata in una zona già nota, a livello sismico, oppure possiamo parlare di un’area epicentrale anomala? “Si tratta di una zona sicuramente meno conosciuta e meno studiata di quella che sta immediatamente ad Est, ovvero l’arco ellenico, dove è in corso un processo di subduzione, o di quella più a nord dove vi sono due placche che scivolano lateralmente – spiega Amato –, ma sicuramente non è un’area sconosciuta. E’ una zona meno nota, appunto, ma nella quale si sono verificati diversi terremoti nel corso della storia. La magnitudo, poi, non è di quelle sorprendenti, anzi: si tratta di una di quei terremoti che possono avvenire ovunque nel Mediterraneo”. Nessuna sorpresa, dunque, sebbene il rischio tsunami abbia fatto scattare l’apposito sistema di allerta, ovvero il Centro Allerta Tsunami INGV
Il risentimento sismico è stato decisamente importante, essendo stato avvertito fino al Sud Italia. Cosa può significare questo? “La propagazione delle onde sismiche dallo Ionio verso l’Italia è stata amplificata dal fatto che Puglia e Sicilia Sud Orientale siano zone di piattaforma carbonatica, dunque la risposta sismica e più efficace, e l’effetto sulla popolazione è che i terremoti vengano avvertiti un po’ di più rispetto ad altre zone”.
Per quanto riguarda l’allerta tsunami, invece, cosa è accaduto questa notte? E soprattutto, quale percezione del pericolo ha la popolazione del Mediterraneo? “L’attuale sistema di allerta è operativo da fine 2016, inizio 2017. E’ coordinato dalla Protezione Civile“, precisa Amato. Il Sistema di Allertamento nazionale per i Maremoti generati da terremoti nel Mar Mediterraneo (SiAM), ha di recente fatto importanti passi avanti, proprio mentre il resto d’Italia era in lock-down per il Coronavirus. Dai primi giorni di aprile 2020, infatti, i dati di livello del mare vengono trasmessi pressoché in tempo reale dalle stazioni della Rete Mareografica Nazionale (RMN) dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) al Centro Allerta Tsunami dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (CAT-INGV). Il sistema di allertamento per i maremoti di origine sismica prevede l’invio, entro pochi minuti dalla scossa che potrebbe generare uno tsunami, di un messaggio di allerta dal CAT-INGV alla Protezione Civile che lo diffonde immediatamente alle autorità locali e al sistema di protezione civile territoriale.
La conferma di un eventuale tsunami generato dal sisma può avvenire soltanto grazie all’osservazione tempestiva dati mareografici della rete ISPRA e delle altre reti presenti nel Mediterraneo. Quanto più rapida è la conferma, tanto più efficaci saranno le misure di mitigazione del rischio. A seguito di un periodo di sperimentazione durato alcuni anni, la tecnica di trasmissione ora attivata riduce il tempo di trasmissione da pochi minuti a pochi secondi, assicurando al contempo una “ridondanza” nel trasporto dei dati, rendendo così più rapido ed efficiente l’intero sistema di allertamento per gli tsunami. Il nuovo sistema trasmissione dei dati, denominato appunto FAST, consente di accelerare il trasferimento al CAT-INGV della misura delle variazioni del livello del mare sulle trentasei stazioni della RMN, per una verifica immediata di possibili maremoti che potrebbero abbattersi sulle coste italiane e sugli altri paesi del
Il problema, come precisa Amato, sta nel fatto che “la percezione del rischio nella popolazione è pressoché inesistente“. Prevenire, in questi casi, è molto meglio che curare, e comprendere che il rischio maremoto nel Mediterraneo, anche sulle nostre coste italiane, è reale, può essere l’unico modo per sensibilizzare la popolazione verso la giusta prevenzione e verso la messa in pratica di una serie di azioni volte a ridurre i rischi. “Abbiamo effettuato in merito uno studio specifico concentrandoci su Puglia e Calabria, ora stiamo analizzando Sicilia e Molise“, precisa Amato. Lo studio dal titolo “Tsunami risk perception in southern Italy: first evidence from a sample survey” (“Percezione del rischio tsunami nell’Italia meridionale: le prime evidenze di un’indagine a campione“), visionato da MeteoWeb, sarà a breve riportato sulle nostre pagine, in un approfondimento volto ad individuare delle linee guida per la prevenzione e la riduzione del rischio in caso di tsunami.