Sulla moria di pesci avvenuta il 30 maggio nel fiume Tevere, ancora non vi è certezza da parte delle istituzioni sulle cause e sulle possibili fonti di inquinamento. Gli studiosi dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio (Arpa), insieme agli esperti del servizio zooprofilassi della Asl Roma 1 hanno eseguito dei prelievi nelle acque del fiume, ma l’azienda sanitaria, la settimana scorsa, ha fatto sapere che sono previste nuove campionature perche’ il materiale era troppo inservibile, ovvero troppo decomposto.
L’Arpa Lazio, invece, ha effettuato un campionamento di acque superficiali nei pressi di ponte Vittorio Emanuele sul fiume Tevere e ha pubblicato oggi i primi risultati delle analisi chimiche di base. Dai dati rilevati emerge “un modesto innalzamento dei principali indicatori microbiologici di contaminazione fecale e un lieve aumento di fosforo totale e ortofosfato mentre per gli altri parametri di base non si evidenziano alterazioni significative”.
Nella sua relazione Arpa Lazio chiarisce che “per una valutazione piu’ significativa dei dati rilevati nei campionamenti effettuati nei giorni scorsi e’ stato ritenuto utile effettuare un confronto con la serie di risultati ottenuti nel 2019 presso la stazione di Ripetta, situata un chilometro a monte del punto campionato, e presso la Marina di Roma, 25 km a valle del Ponte Vittorio Emanuele”.
Per quanto riguarda la presenza di sostanze potenzialmente tossiche per la fauna ittica, le analisi di Arpa Lazio hanno evidenziato “la presenza di cipermetrina, in concentrazioni maggiori (0.014 mg/l) rispetto a dati medi dei monitoraggi periodici che l’Agenzia svolge sul fiume Tevere, nonche’ la presenza di un altro fitofarmaco il clothianidin.
La cipermetrina e’ un insetticida universale nei programmi di lotta contro gli insetti (in particolare mosche, zanzare e blatte) vettori di malattie per l’uomo e per gli animali allevati, sia contro numerosi insetti infestanti le coltivazioni: e’ usata da alcuni Comuni per la profilassi antizanzara nelle caditoie stradali, ma anche nelle irrorazioni mediante atomizzazione. Ma le concentrazioni necessarie per un effetto tossico – precisa Arpa Lazio – dovrebbero essere molto piu’ elevate di quelle riscontrate nel campionamento del primo giugno”.
“L’altro fitofarmaco riscontrato a seguito del campionamento è il clothianidin (0.67 mg/l). Appartiene al un gruppo dei neo-nicotinoidi, il cui utilizzo comprende la concia delle sementi di mais, del cotone, della colza, della bietola e del girasole, trattamenti fogliari di molti fruttiferi e di piante ornamentali e trattamenti granulari al terreno. Il prodotto è altamente tossico per le api. Pertanto ne è stato definitivamente vietato l’uso dalla fine del 2018. Il clothianidin non è facilmente biodegradabile. Può permanere legato ai sedimenti e quindi può essere considerato persistente nei sistemi acquatici, ove comunque mostrerebbe scarso potenziale di accumulo negli organismi; ha una tossicità verso i pesci più bassa della cipermetrina“.
La presenza di tali sostanze non consente “di escludere – sottolinea Arpa Lazio – cause tossiche dovute a fenomeni temporanei e localizzati di contaminazione. Per questo motivo è in corso un approfondimento in collaborazione con l’Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana, al fine di incrociare i dati analitici riscontrati nelle acque con quelli che sono in corso di determinazione sugli esemplari delle carcasse dei pesci campionate nel fiume. L’Agenzia – conclude la relazione – sta inoltre effettuando ulteriori campionamenti delle acque fluviali al fine di seguire l’evoluzione del fenomeno”.