“Di cancro si muore, di coronavirus si può morire, ma si possono anche prendere delle precauzioni, usare protezioni. A chi ha il cancro, indossare la mascherina non serve a nulla. E invece è stata presa una decisione folle“: lo ha dichiarato a Repubblica Lorenzo Spaggiari che dirige la chirurgia toracica all’Istituto europeo di oncologia di Milano, riferendosi alla decisione di chiudere gli ambulatori e di “assicurare solo le visite urgenti” in questi mesi di emergenza Coronavirus.
La misura “ha fatto rimanere fuori le nuove diagnosi” ma “un tumore al polmone in due mesi va in progressione, può passare allo stadio intermedio e la probabilità di sopravvivenza del paziente cala in modo drammatico. Mi chiedo ancora come mai abbiamo chiuso gli ambulatori“. “Non lo dico per dare la colpa a qualcuno, perché il più bravo in questa situazione è chi ha sbagliato di meno, ma chiudere gli ambulatori oncologici per l’avanzare della malattia virale è stata la scelta peggiore che si potesse fare“.
Gli interventi invece sono proseguiti ma solo per “chi veniva definito urgente oppure era stato messo in lista d’attesa da prima del lockdown. Ma chi è che decide quando un cancro del polmone rientra in questa categoria?“. “Si è creato allarmismo, giusto da un certo punto di vista ma con effetti pericolosi per il malato oncologico. Il nostro reparto faceva 25 interventi a settimana ed è arrivato ad appena 7-8. Del resto si sono bloccati anche tutti gli arrivi dal Sud, che da noi erano tanti. E ora mi chiedo: dove sono andate a curarsi queste persone?“. “Già si vedono pazienti con un tumore avanzato e con il tempo il loro numero crescerà. Queste sono le morti collaterali del coronavirus. In futuro pensiamoci: ci sono malattie che non possono aspettare, ci vogliono percorsi differenziati, l’ospedale che si occupa di cancro non deve chiudere mai l’accettazione del malato“.