Coronavirus, America Latina epicentro del contagio: Ecuador il Paese più colpito, poi Perù, Brasile e Cile [DATI]

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Con 86.235 morti per Coronavirus, in rapido aumento, e poco meno di 2 milioni di casi accertati, l’America Latina è l’epicentro mondiale del contagio da Covid-19. I numeri stanno peggiorando di giorno in giorno, soprattutto nei Paesi più esposti alle condizioni meteorologiche sfavorevoli (in Sud America – Brasile compreso – sta iniziando l’inverno, nelle aree tropicali come il Messico la stagione umida delle piogge). In base al tasso di mortalità (numero di morti accertati in rapporto alla popolazione nazionale), il Paese più colpito è l’Ecuador, seguito da Perù, Brasile, Cile e Messico.

In Messico si contano 159.793 casi di contagio e 19.080 morti. A Panama, paese tra i più impegnati nell’esecuzione dei test, si registrano ad oggi 22.597 casi confermati e 470 decessi.  Alla Costa Rica, con 1.871 casi confermati e 12 morti, va il primato di aver registrato il primo caso in America Centrale. Ma il paese, riconosciuto per la qualità dei servizi medici, rimane con un basso tasso di letalità. In Guatemala il numero di contagi è salito a 11.251 con 432 morti. Nel paese, dove il 70% della popolazione attiva lavora nell’economia informale, vige un coprifuoco dalle 18 alle 4, un freno all’ingresso di stranieri e ai movimenti interprovinciali. Il presidente Alejandro Giammattei si isola dopo aver denunciato il contagio di 18 collaboratori. Stato di emergenza nazionale anche nella Repubblica Dominicana, dove ad oggi si contano 24.105 contagi e 633 morti. Il paese ha avviato un percorso di riaperture ma i contagi sono in crescita. Rinviate le elezioni generali del 17 maggio.

Le cifre ufficiali riferiscono di 1.823 casi di contagio e 64 morti in Nicaragua, anche se diversi settori, tra cui la chiesa cattolica e la Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh), denunciano poca trasparenza nelle informazioni. Il virus è arrivato anche in El Salvador il 18 marzo, con la prima delle 79 morti registrata il 31 marzo e 4.066 contagi ad oggi. Il presidente Nayib Bukele spinge per una politica di rigide restrizioni cercando di prolungare il più possibile la quarantena, ingaggiando una serrata battaglia istituzionale con la Corte costituzionale. In Honduras, con 10.299 casi e 366 morti, vige il coprifuoco e lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale fino al 28 giugno. Il presidente Juan Orlando Hernandez e la moglie sono risultati positivi al virus. Sale a 4.688 il numero di contagi ad Haiti, con 82 morti. Tra le vittime, il segretario di stato per gli Affari sociali, Emmanuel Cantave. Quarantena già proclamata fino al 20 luglio. A Cuba si contano 2.280 casi di contagio e 84 morti.

La Colombia – che ad oggi conta 55.083 casi di contagio e 1.887 morti – è in quarantena fino al 31 giugno con alcuni settori ripartiti grazie a protocolli “responsabili” e la moderata ripresa di attività demandate ai governatori locali, a seconda della situazione epidemiologica. Voli internazionali sospesi fino a fine agosto. Il governo sospende il pagamento dell’iva in molti settori a tutto il 2020. In Venezuela, che denuncia 3.386 casi di contagio, si contano 28 morti. Allarme alto anche in Bolivia – con 20.685 casi di contagio e 679 morti. Dichiarata in fretta la chiusura totale delle frontiere e severe restrizioni ai movimenti interni.

Allarmanti i numeri registrati in Ecuador: gli ultimi dati spingono i contagi 48.490 casi e 4.007 morti, che in proporzione al numero di abitanti significa più morti del Brasile. E’ il Paese più colpito dell’America Latina, con il più alto tasso di mortalità. Il governo ha disposto il coprifuoco dalle 14 alle 5, isolamento domiciliare per chi arriva dai paesi a rischio. Dal 16 marzo sono chiuse le frontiere e sospesi i voli internazionali. A fronte dell’emergenza, aggravata dalle tensioni internazionali sul prezzo del petrolio, il presidente Lenin Moreno ha varato tagli da 1,4 miliardi di dollari alla spesa. Proposta anche una legge di “appoggio umanitario” che prevede versamenti extra dai piu’ facoltosi a favore dei meno abbienti.

Il Brasile il bilancio eè salito a 960.309 casi e 46.665 pazienti morti. Il presidente Jair Bolsonaro, che denuncia esagerazioni sulla portata della crisi e rivendica la necessità di non fermare l’economia, ha progressivamente aumentato il numero di attività “essenziali”, non sottoposte a chiusura, animando a lungo un serrato dibattito con amministratori locali e autorita’ sanitarie. Nonostante il picco sia previsto per agosto, citta’ e stati piu’ grandi hanno iniziato da giugno a rimettersi in moto.

Stato di emergenza anche in Perù, dove si conta un totale di 240.908 casi (7° posto al mondo, superata anche l’Italia) e 7.257 morti.

In Argentina, dove il 7 marzo è stata registrata la prima morte per la Covid-19 in America latina, i casi confermati sono a 35.552, con 913 decessi. Il governo ha alleggerito la quarantena in atto nelle province con meno contagi, ma rimarrà “congelata” ancora fino al 28 giugno il resto del paese tra cui la capitale Buenos Aires e il suo hinterland, dove il lockdown è ininterrotto da ormai oltre tre mesi. Varato un piano da circa tredici miliardi di euro (circa tre punti di pil) per sostenere produzione, lavoro e consumo: si allontana l’obiettivo del pareggio fiscale entro i prossimi tre anni, sin qui considerato una priorità.

Emergenza anche in Cile, con 220.628 casi confermati e 3.615 morti. Nel paese vige uno stato di emergenza rinnovato da ultimo fino a metà settembre, con un coprifuoco dalle 22 alle 5. I tentativi di una riapertura modulare delle attività sono stati ritirati a fronte della continua crescita ei contagi. Numeri che hanno portato anche alla dimissione del ministro della Sanità Jaime Manalich. Rinviato a ottobre il referendum sulla riforma della Costituzione preparato in risposta alle proteste sociali di inizio anno.

Il governo uruguaiano di Luis Lacalle Pou ha chiuso le frontiere con il Brasile, eccezion fatta per i residenti nelle zone di confine e con l’Argentina. Contati sin qui in Uruguay 849 casi di contagio e 24 morti. L’Uruguay, tra i pochi paesi a non aver varato serrate generali, ha già avviato una riapertura progressiva delle scuole, mentre sono state rinviate a ottobre le elezioni municipali. In Paraguay, dove si registrano 1.308 casi e 13 decessi, dall’8 giugno si contano meno contagi che persone guarite. Il governo ha avviato un piano di progressivo allentamento della quarantena con l’apertura scaglionata dei settori produttivi e valutazioni a intervalli di 21 giorni. Le prime a ripartire sono state le industrie, i servizi alla persona, le prestazioni artigianali, gli studi professionali e le officine, poi è venuta la volta di negozi e centri commerciali. Rinviate di un anno le elezioni municipali.

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