L’età media dei deceduti positivi a Covid-19 è andata progressivamente crescendo da marzo a giugno al punto che, se si prendono i dati prima del 4 maggio e dopo questa data si passa da 79,8 a 82,5 anni. Lo ha rilevato uno studio dell’Istituto superiore di sanità, secondo cui il fenomeno potrebbe essere dovuto a una serie di fattori legati all’assistenza sanitaria: da una migliore capacità di trattamento dell’infezione a una migliore organizzazione nel contrasto dell’epidemia.
L’età media dei casi diagnosticati più recentemente si è abbassata di almeno 6-7 anni rispetto al periodo precedente e questo anche aiuta a spiegare una riduzione del rischio di morte. Nell’analisi sono stati presi in considerazione circa 30mila decessi avvenuti prima del 4 maggio e più di 3mila dopo questa data. Per le donne l’età media è passata da 83,1 a 85,1 anni, mentre per gli uomini da 77,6 a 79,1.
“L’età media della popolazione deceduta per Covid-19 va progressivamente aumentando dopo la metà di marzo – commentano gli autori – Questo può essere legato a diversi fenomeni: migliore capacità di trattamento dell’infezione, migliore organizzazione sanitaria per contrastare l’epidemia soprattutto in una fase senza un sovraccarico delle strutture sanitarie dedicate alle persone con Covid-19, e anche all’esecuzione di un maggior numero di tamponi che nei mesi più recenti sono stati eseguiti anche in pazienti molto anziani e complessi (per esempio in Rsa), in cui non sono stati eseguiti nelle prime fasi dell’epidemia (mese di marzo). Questo può aver determinato un aumento dell’età media dei deceduti diagnosticati”.
“Il numero di decessi – hanno rilevato gli esperti del dipartimento di Malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche e invecchiamento e di quello di malattie infettive dell’Iss – va progressivamente riducendosi dalla fine di marzo fino ai primi giorni di giugno. Questo dato riflette il basso numero dei diagnosticati dopo tale data. Inoltre, nell’ultimo mese – concludono – le Regioni sono verosimilmente riuscite a diagnosticare casi meno gravi rispetto alla fase precedente e questo anche si riflette in una apparente riduzione della letalità. “