Coronavirus, parla il medico legale che da mesi dice che negli ospedali si sbaglia protocollo: “Migliaia di persone potevano essere salvate”
"Se ci avessero consentito di fare le autopsie per vedere cosa succedeva nell'organismo di chi aveva contratto il coronavirus, avremmo capito subito che il protocollo era sbagliato"
Era maggio e Bacco, già da mesi, aveva le idee molto chiare: le linee guida del governo non erano corrette e si stava procedendo nella direzione scientificamente più sbagliata. “Se ci avessero consentito di fare le autopsie per vedere cosa succedeva realmente nell’organismo di chi aveva contratto il coronavirus, avremmo capito da subito che il protocollo terapeutico utilizzato dall’inizio dell’emergenza sanitaria era sbagliato“, ha dichiarato oggi Bacco, amministratore delegato di Meleam, intervenendo oggi alla trasmissione Italians di America Oggi Tv insieme al virologo Giulio Tarro e allo pneumologo Giuseppe De Donno.
“Ho avuto modo – prosegue il medico – di parlare con molti medici che hanno affrontato l’emergenza in prima linea: anche se in assoluta buona fede, dopo l’esito delle autopsie, in molti casi hanno compreso di aver fatto piu’ danni che altro. E non mi stupiscono i numeri indicati, con estremo coraggio, da De Donno: tra terapie sbagliate e altre adottate a singhiozzo e in ritardo, mi riferisco alla plasmaterapia, il professore ha avanzato l’ipotesi agghiacciante di 3.500 vite umane che avrebbero potuto essere salvate“.
“Il vaccino – aveva raccontato Bacco ai microfoni di MeteoWeb – servirà a ben poco. Il virus muta. Quello del morbillo, ad esempio, resta sempre uguale, quindi l’anticorpo rimane stabile e il vaccino ha un senso e soprattutto una enorme utilità. Nel caso del Coronavirus non è e non sarà mai così”. “E’ evidente che ci sono cose che noi non sappiamo – ci confidava il medico –. Io non ho sponsor, non ho un marketing dietro. Della nostra ricerca si è parlato su molti giornali europei, ma mai in Italia, o almeno non senza cadere nella polemica politica e nella speculazione. Non è questo che io e i miei collaboratori vogliamo: noi vogliamo solo che ciò che abbiamo visto noi sia noto a tutti, perché sul Coronavirus c’è molta disinformazione“.