Il Mar Artico è considerato uno dei luoghi più incontaminati della Terra ma non è immune all’inquinamento da microplastiche e nemmeno gli animali che lo popolano. Un team di ricercatori di Enea, Cnr e Sapienza ha scoperto frammenti di microplastiche in un piccolo crostaceo marino, l’anfipode Gammarus setosus, molto diffuso nelle isole Svalbard, nel mar Glaciale Artico. All’interno di questo crostaceo di dimensioni intorno ai 3 cm, sono state rinvenute mediamente 72,5 particelle di microplastica tra i 3 e i 370 micrometri (milionesimi di metro), la maggior parte delle quali piu’ piccole di un trentesimo di millimetro (30 micrometri).
L’allarme e’ tanto piu’ grave perche’ quest’animale marino e’ alla base dell’alimentazione di diversi uccelli e pesci che vivono nell’area; inoltre, la maggior parte delle microplastiche studiate e’ costituita da polimeri sintetici di vernici e rivestimenti antivegetativi, impermeabilizzanti e anticorrosivi utilizzati sia nelle imbarcazioni che nelle attrezzature da pesca. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista “Environmental Research”.
Le microplastiche sono state individuate tramite specifiche metodologie di colorazione e di spettroscopia infrarossa in campioni raccolti nella fascia costiera di fronte a Ny-Ålesund, oltre il 78º parallelo nord, nell’ambito delle attivita’ della Stazione artica “Dirigibile Italia”, una base di ricerca italiana gestita dal Cnr, che prende il nome dal dirigibile protagonista delle spedizioni del generale ed esploratore Umberto Nobile e del suo equipaggio.
“Lo studio realizzato con Cnr e Sapienza dimostra che le microplastiche hanno invaso anche le terre piu’ a Nord del pianeta e sono in grado di penetrare ogni livello dell’ecosistema, con danni agli organismi e all’ambiente ancora poco compresi”, sottolinea la ricercatrice Enea Valentina Iannilli del Laboratorio Biodiversita’ e Servizi ecosistemici. “Infatti le microplastiche scambiate per cibo possono arrivare all’apparato digerente degli animali, nei tessuti e poi nelle parti edibili dei pesci. Trattandosi di una specie molto abbondante il rischio di trasferimento delle microplastiche, nella catena alimentare umana e’ rilevante”, prosegue. “L’utilizzo di bioindicatori come questo crostaceo e’ di grande importanza nel monitoraggio delle microplastiche, poiche’ puo’ fornire un quadro molto piu’ realistico della contaminazione e soprattutto indicare quanto questa contaminazione sia trasferita nella catena alimentare e possa potenzialmente arrivare anche a noi”, conclude Iannilli.