L’ondata di caldo che sta colpendo l’Italia ha purtroppo ripercussioni anche sulla salute di persone con determinate patologie, tra cui l’ipertensione: la pressione alta, con le alte temperature estive, può rivelarsi difficile da gestire.
L’ipertensione è molto diffusa, ed è spesso determinata da un’alimentazione errata.
La condizione aggrava lo stato di salute di reni, fegato, arterie, cuore e sistema endocrino: pertanto, è fondamentale cercare di prevenirla anche con una corretta alimentazione e uno stile di vita sano.
Caldo, come abbassare la pressione alta? Tanti consigli utili su rimedi naturali, sintomi, cause e valori
Caldo e ipertensione: “Misurate la pressione più spesso del solito”
Nei giorni in cui il caldo la fa da padrone, sono maggiormente a rischio “bambini, anziani e cardiopatici“, ha spiegato all’AdnKronos Salute Antonio Rebuzzi, professore di Cardiologia presso l’Università Cattolica di Roma e direttore della Terapia intensiva cardiologica del Policlinico Gemelli. In agguato “soprattutto disidratazione, aritmie, disturbi elettrolitici e cali di pressione che possono causare svenimenti e ischemie cerebrali da abbassamento pressorio“.
“Con l’età – prosegue l’esperto – si perde la sensazione di sete: ci si disidrata senza accorgersene, inoltre la pressione si abbassa a causa della vasodilatazione e le arterie meno elastiche degli anziani faticano ad ‘adattarsi’ e a compensare. Così più facilmente si incappa in crisi ipotensive e svenimenti. Inoltre spesso gli ‘over 60’ sono ipertesi e assumono farmaci per la pressione: se non si adatta la terapia al gran caldo, è ancora più alto il rischio di crisi ipotensive“. “Per qualsiasi aggiustamento della terapia, è sempre fondamentale sentire il medico: il fai da te può causare il problema opposto e la pressione finisce per salire troppo“. “Con queste temperature così elevate, si suda molto e si perdono non solo liquidi, ma anche sali minerali come sodio e potassio: così i cardiopatici, ma non soltanto loro, rischiano squilibri elettrolitici, incappando così in in aritmie anche pericolose e in episodi di fibrillazione“.
Nei giorni di caldo intenso è importante “curare l’idratazione” e, soprattutto se si suda molto, pensare a integratori di sali minerali. Tra i pazienti vulnerabili, precisa Rebuzzi, “non dimentichiamo le persone con scompenso cardiaco e quanti stanno assumendo diuretici“. Fondamentale tenere d’occhio i bambini, “che in genere si muovono molto e sudano di più, e devono essere ben idratati, anche i piccolissimi“: “La raccomandazione è quella di tenerli al fresco, farli uscire nelle ore più miti e farli bere molto, preferibilmente acqua e the“.
“Per tutti i pazienti che assumono farmaci, ma soprattutto per gli ipertesi, la raccomandazione è quella di misurare la pressione più spesso del solito e non dimenticare di consultare il medico per capire se è il caso di adattare la terapia,” conclude il cardiologo.
Caldo, pressione alta e cuore affaticato
A causa delle alte temperature estive sembra che il nostro cuore si affatichi di più: affanno e tachicardie a volte mettono in allarme. In realtà, sottolinea il dott. Oreste Febo, cardiologo, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Cardiologia Riabilitativa e Pneumologia dell’ASST Gaetano Pini-CTO, il caldo non aumenta l’insorgenza di patologie cardiache. I soggetti che invece hanno già problemi cardiaci devono prestare maggiore attenzione durante l’estate.
L’esposizione alle alte temperature favorisce nei cardiopatici, specialmente se anziani, l’eccessiva disidratazione e la vasodilatazione: tali condizioni possono provocare importanti cali di pressione, alterazioni della funzionalità renale e alterazioni importanti del contenuto di sali minerali dell’organismo. “Spesso chi ha problemi cardiaci assume farmaci che potenziano i problemi suddetti: ecco perché è fondamentale l’educazione sanitaria che consente al medico curante di fornire al paziente le informazioni utili per ridurre i rischi legati alla assunzione di determinate terapie, in particolari periodi dell’anno”.
Attenzione agli effetti collaterali dei farmaci – Per chi è affetto da ipertensione, per chi assume farmaci vasodilatatori o diuretici che possono provocare una riduzione della pressione arteriosa, il cardiologo suggerisce di misurare la pressione con maggior frequenza e di rimodulare eventualmente il dosaggio dei farmaci assunti, in accordo con il medico curante: “I cali di pressione, infatti, sono pericolosi soprattutto nei soggetti fragili e quelli più anziani, e possono per esempio favorire l’insorgenza di traumi, come la frattura di femore, a seguito della perdita dell’equilibrio e le cadute”.
Inoltre, le alte temperature possono condizionare la conservazione dei farmaci: “Bisogna leggere sempre il bugiardino su cui si trova indicazione sui gradi da non superare e, anche in questo caso, è necessario chiedere consiglio al medico,” precisa il cardiologo.
Equilibrare la dieta: più acqua, ma senza esagerare – Anche sull’alimentazione bisogna porre maggiore attenzione: resta sempre valido il consiglio di bere di più, ma con giudizio, soprattutto nei pazienti affetti da scompenso cardiaco. “Per esempio – spiega Febo – se si fanno scorpacciate di anguria, questo vale come aver bevuto più acqua. Bisogna quindi sempre fare un bilancio sull’introito di liquidi in rapporto alle perdite. Utile quindi il controllo quotidiano del peso corporeo e, in alcune situazioni, della quantità di urina quotidiana”. Per quanto riguarda i cibi ‘solidi’, Febo consiglia di mangiare poco e spesso: “I pasti copiosi – sottolinea – affaticano il cuore che deve lavorare di più per permettere all’intestino di digerire il cibo”.
Caldo e Pressione Alta: cosa mangiare per abbassarla? Dei potenti alleati contro l’ipertensione sono gli alimenti ricchi di potassio
In estate il caldo costituisce un’ulteriore complicazione per chi soffre di pressione alta: l’ipertensione è una condizione molto diffusa, spesso determinata da un’alimentazione errata, e certamente le alte temperature non aiutano.
In Italia una persona su 3 ha livelli di pressione non ottimale che mettono in pericolo la salute del cuore e delle arterie.
La pressione alta è infatti considerata un importante fattore di rischio per l’ictus, l’infarto del miocardio, l’insufficienza cardiaca, gli aneurismi nelle arterie e per la malattia arteriosa periferica.
La condizione aggrava lo stato di salute di reni, fegato, arterie, cuore e sistema endocrino: ecco perché è fondamentale cercare di prevenirla anche con una corretta alimentazione e uno stile di vita sano.
Pressione alta, i cibi ricchi di potassio la abbassano
“Ridurre il consumo di sale è fondamentale ma non è l’unica raccomandazione per tenere sotto controllo la pressione. Chi soffre di ipertensione, ovvero livelli di pressione uguale o superiore a 140/90 mmHg, deve far affidamento alla terapia farmacologica e ai consigli del medico,” sottolinea il Prof. Giulio Stefanini, Aiuto – Referente di Ricerca Clinica in ambito cardiovascolare di Humanitas, ma può aiutarsi anche con la dieta, riducendo l’assunzione di sale”
“Sebbene le evidenze sulla relazione tra aumentato consumo di cibi ricchi di potassio e riduzione dei livelli della pressione arteriosa negli adulti necessiti di ulteriori conferme – spiega l’esperto su Humanitas Salute – tuttavia è ormai noto che il potassio è coinvolto in diversi fenomeni che contribuiscono a regolare anche la pressione. Per esempio, il potassio favorisce la regolazione dell’equilibrio dei fluidi e dei minerali all’interno e all’esterno delle cellule, aiutando così anche a mantenere la pressione nella norma, e smorzando gli effetti del sodio che invece, in eccesso, tende a far aumentare il volume dei liquidi intra ed extra cellulari, favorendo anche un aumento della pressione. Inoltre, il potassio è coinvolto nella contrazione muscolare, inclusa quella del muscolo cardiaco, e ha un ruolo nella regolazione del battito cardiaco. Aumentare il consumo di alimenti ricchi di potassio, quindi, può aiutare a mantenere sotto controllo la pressione, ma è presto per dire che contribuisca anche ad abbassarla. Pertanto, dal momento che gli alimenti ricchi di potassio sono in genere cibi freschi, poco lavorati e poveri di sodio, aumentarne il consumo può aiutare a seguire anche uno stile di vita sano. La lavorazione degli alimenti, specie la salatura e la cottura, infatti, possono modificare sensibilmente il contenuto di potassio. I cibi da prediligere e non farsi mancare in caso di ipertensione sono dunque la verdura, in particolare le verdure a foglia verde, pomodori, cetrioli, zucchine, melanzane, ma anche la zucca, le patate, le carote, i fagioli bianchi, le banane e la frutta secca.”
Che cos’è il potassio?
Il potassio – si legge in approfondimento sull’argomento elaborato dall’Humanitas Research Hospital, ospedale ad alta specializzazione, centro di Ricerca e sede di insegnamento universitario – è un macroelemento, cioè uno dei minerali presenti nell’organismo in quantità elevate. In effetti si tratta del principale minerale presente nelle cellule e in un individuo adulto ne sono presenti circa 180 grammi.
A che cosa serve il potassio?
All’interno dell’organismo il potassio è coinvolto in diversi fenomeni. Partecipa alla contrazione muscolare, inclusa quella del muscolo cardiaco, contribuisce alla regolazione dell’equilibrio dei fluidi e dei minerali all’interno e all’esterno delle cellule e aiuta a mantenere la pressione nella norma smorzando gli effetti del sodio. Inoltre può ridurre il rischio di calcoli renali ricorrenti e la possibilità di perdita di tessuto osseo verificabile durante l’invecchiamento.
In quali cibi si trova il potassio?
Il potassio è presente in tutti gli alimenti, ma ne sono particolarmente ricchi i vegetali freschi poco trasformati. La lavorazione può infatti modificare il contenuto di potassio dei cibi.
Le fonti principali sono frutta, verdura e legumi, in particolare le verdure a foglia verde, i pomodori, i cetrioli, le zucchine, le melanzane, la zucca, le patate, le carote, i fagioli e la frutta secca. In quantità inferiori è presente anche nei latticini, nella carne rossa, nel pollame e nel pesce.
Qual è il fabbisogno giornaliero di potassio?
Per un adulto si considera adeguato un apporto di 2.000 mg di potassio al giorno.
Quali conseguenze può determinare la carenza di potassio?
La carenza di potassio è considerata un evento altamente improbabile. Le sue conseguenze sono debolezza muscolare, irregolarità del battito cardiaco, cambiamenti dell’umore, nausea e/o vomito.
Quali conseguenze può determinare un alto livello di potassio?
Il buon funzionamento dei reni permette di smaltire un eventuale un eccesso di potassio. Tuttavia, in caso di malfunzionamento renale e quando si assumono alcuni farmaci è possibile andare incontro a ipercalemia, cioè un eccesso di potassio nel sangue. Le conseguenze più frequenti di questa situazione sono debolezza, rallentamento del battito cardiaco e pericolose aritmie.
“Ho i crampi, mi manca il potassio, devo mangiare più banane”
L’estate, soprattutto in chi fa sport di frequente, è spesso associata a un aumento dei crampi muscolari. La spiegazione più comune, ma secondo gli esperti “limitata e banale“, è “mi manca il potassio, devo mangiare più banane“. Peccato che non sia necessariamente così: a sfatare questo e altri luoghi comuni, spiegando perché capitano i crampi e come prevenirli con una corretta alimentazione e idratazione, è il dietista Giacomo Astrua su “Medical Facts“, il sito anti–bufale creato dal virologo Roberto Burioni.
Il crampo è una contrazione involontaria di uno o più muscoli – si spiega – si manifesta in maniera improvvisa ed è di durata solitamente breve e transitoria. Le cause sono molteplici, la principale è la disidratazione associata ad allenamenti lunghi e frequenti, svolti nelle stagioni più calde. Ma possono incidere anche il mantenimento di una posizione per un tempo prolungato, l’uso di diuretici e vere e proprie patologie come malattie neurologiche, delle arterie e del sistema muscolare.
Nel caso dell’accoppiata ‘caldo-attività fisica’, il muscolo ha questa contrazione perché si ha uno squilibrio chimico tra i vari sali minerali coinvolti nell’attività muscolare: il potassio, ma anche il sodio, il calcio e il magnesio. Uno squilibrio causato dalla disidratazione. Il problema, dunque, non è legato alla semplice mancanza di potassio, ma anche di altri sali o, comunque, a una sproporzione fra questi, evidenzia Astrua, ribadendo che la vera causa che provoca i crampi muscolari nelle giornate più calde: la disidratazione.
Cosa fare, dunque, per prevenire i crampi? Assumere sali minerali in quantità sufficienti e rimanere sempre idratati, raccomanda l’esperto. Questo punto è semplice, basta bere circa 2-3 litri di acqua nell’arco dell’intera giornata. Per i sali minerali, invece, bisogna fare attenzione a quanta frutta e verdura si mangia, ricordando che sono consigliate 5 porzioni da 200 grammi ciascuna e vanno preferiti prodotti di stagione ricchi di micronutrienti.
Per chi fa molto sport – più di un’ora 4-5 volte la settimana – può avere senso utilizzare integratori di sali minerali, ma per assumerli è essenziale consultare il parere del medico.
Infine, le banane: sembravano essere la soluzione per i crampi, ma non sono l’unico alimento ricco in potassio. Il consiglio del dietista è preferire sempre i prodotti di stagione, il cui contenuto di sali minerali è solitamente maggiore. Ad esempio il contenuto di potassio in 100 grammi di banane è pari a 350 mg, di kiwi è 400 mg, di avocado 450 mg, di cavolfiore 350 mg, di noci 368 mg, di finocchi 394 mg, di olive nere 432 mg, di spinaci crudi 530 mg. Infine, ricchissimi di potassio sono i pistacchi: 100 grammi ne contengono 972 mg.
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Pressione alta: come abbassarla in modo naturale con una semplice tisana
Numerose persone soffrono di pressione alta: l’ipertensione è una patologia molto diffusa, spesso determinata da un’alimentazione errata, che determina un’innalzamento della pressione del sangue nelle arterie, con un conseguente aumento del lavoro del cuore.
Un aiuto, spesso, può arrivare dai rimedi naturali, come ad esempio l’ibisco: la pianta, nota anche con il nome latino di Hibiscus Sabdariffa, può essere utilizzata per preparare un infuso ricco di antociani e dal forte potere antiossidante. Gli effetti benefici sarebbero legati alla capacità della pianta di determinare un’azione vasodilatatrice e di inibire l’assorbimento degli ioni calcio, la cui azione sulla muscolatura dei vasi ematici – in particolare delle arteriole – deve essere tenuta sotto controllo.
Tra le sue proprietà rientra quindi la capacità di tenere sotto controllo i valori della pressione: uno studio messicano del 2004 ha confrontato gli effetti dell’estratto di ibisco e quelli del composto chimico captopril, utilizzato come farmaco per il trattamento dell’ipertensione (e di alcune forme di insufficienza cardiaca). I ricercatori, monitorando 75 pazienti, hanno scoperto che, in tutti i casi, l’estratto di Hibiscus Sabdariffa è risultato avere un’efficacia più duratura rispetto a quella del farmaco nella riduzione della pressione diastolica e sistolica dei soggetti analizzati, tutti con diagnosi di pressione arteriosa alta. Si consideri che lo studio ha però dei limiti oggettivi legati soprattutto al numero esiguo del campione e all’assenza del doppio cieco.
Un team della Tuft University di Boston nel 2008 ha condotto un altro studio sulle proprietà anti ipertensive dell’ibisco, e secondo i risultati, per ottenere effetti benefici sui valori della pressione arteriosa bisognerebbe consumare circa 3 tazze al giorno dell’infuso preparato con la pianta.
La bevanda tra l’altro comporterebbe anche altri benefici, tra cui effetti diuretici e digestivi, ed avrebbe anche proprietà antisettiche riguardanti le vie urinarie. Ottima da consumare sia calda sia fredda, la tisana di ibisco se bevuta in grandi quantità può provocare effetti lassativi.
Gli alimenti da evitare e quelli consigliati per combattere la pressione alta
Ricordiamo che una delle cause principali dell’ipertensione è da ricercarsi in una vita troppo sedentaria e in un’alimentazione eccessivamente calorica.
In particolare vi sarebbero alcuni alimenti e bevande il cui consumo andrebbe evitato o comunque limitato.
Ecco i principali:
- Sale
- Zucchero
- Carni rosse
- Formaggi
- Latticini, eccetto quelli parzialmente scremati
- Salumi e insaccati
- Salse come senape, ketchup e maionese
- Prodotti da forno
- Tè
- Liquirizia
- Caffè
- Vino e alcol in genere
Tra gli alimenti consigliati troviamo invece:
- Cereali integrali
- Frutta
- Verdura
- Legumi
- Noci
- Olio di oliva
- Bacche di Goji
Come abbassare la pressione alta con un alimento dal sapore “pungente”
La rucola aiuta a combattere l’ipertensione e le malattie cardiovascolari grazie ad un principio attivo in grado di abbassare la pressione arteriosa che conferisce a questa insalata proprio il suo caratteristico sapore pungente. La scoperta arriva dall’Università di Pisa dove un team di farmacologi guidato dal professore Vincenzo Calderone ha condotto lo studio in collaborazione con le università di Firenze e “Federico II” di Napoli e il “Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia” (CREA) di Bologna. La ricerca, pubblicata sul “British Journal of Pharmacology”, la rivista in campo farmacologico più prestigiosa a livello internazionale, ha infatti dimostrato le proprietà vasorilascianti ed anti–ipertensive dell’isotiocianato Erucina, un principio attivo prodotto dalla pianta come meccanismo di difesa e che conferisce alla rucola proprio il suo caratteristico sapore ed odore pungente.
“Quando le foglie di rucola vengono tagliate o masticate – spiega Alma Martelli ricercatrice dell’Università di Pisa e prima autrice della pubblicazione – i glucosinolati e l’enzima mirosinasi, entrano in contatto generando l’isotiocianato Erucina. Se quest’ultimo per la pianta è un meccanismo di difesa che serve per allontanare ad esempio gli animali, per l’uomo è invece un principio attivo di origine naturale in grado di rilassare la muscolatura dei vasi e di abbassare la pressione arteriosa attraverso il rilascio di un gastrasmettitore, il solfuro d’idrogeno”.
I ricercatori hanno dimostrato le proprietà vasorilascianti ed anti-ipertensive dell’isotiocianato Erucina sia in vitro, su cellule di aorta umana e su vasi isolati, che in vivo, su animali spontaneamente ipertesi.
“Questa scoperta ha importanti ripercussioni in campo medico poiché per ottenere questi effetti anti-ipertensivi possiamo certamente somministrate il principio attivo purificato, sotto forma di integratore ma, almeno in parte, possiamo ottenere gli stessi effetti anche attraverso l’alimentazione – sottolinea Alma Martelli – infatti diversamente dalle altre piante appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae come il cavolo, il broccolo o il rafano, la rucola si può mangiare cruda così da non degradare l’enzima con la cottura e assicurare la sintesi di Erucina”.
La dottoressa Alma Martelli che ha condotto la ricerca, è ricercatrice in Farmacologia al Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa dal 2014. Già nel 2016 ha ricevuto un importante premio internazionale, il “Ciro Coletta Youg Investigator Award”, per le sue ricerche sugli isotiocianati e il solfuro d’idrogeno. Più di recente, nel marzo scorso, ha ricevuto il premio ”Best Oral communication Award” nell’ambito del congresso “Le Basi farmacologiche dei Nutraceutici” proprio per la ricerca sulle proprietà anti-ipertensive di Erucina.
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Pressione alta: cos’è l’ipertensione
Per ipertensione si intende l’aumento della pressione del sangue, cioè dei valori della pressione arteriosa, minima e massima. La pressione arteriosa è determinata dalla quantità di sangue che il cuore pompa nelle arterie e dalla resistenza al flusso che il sangue può incontrare nel suo percorso. L’aumento della pressione fa sì che il sangue prema contro le pareti delle arterie minacciandone la struttura.
Si può essere soggetti a ipertensione per interi anni senza avere sintomi. Meglio dunque controllare a intervalli regolari, soprattutto se si è persone anziane, la pressione, per cercare di evitare gravi danni alla salute, come quelli procurati da infarto e ictus.
L’ipertensione può essere causata da fattori genetici o fisiologici (per esempio l’età avanzata), da alterazioni patologiche, fattori ambientali (come stress, fumo, obesità) o da un eccessivo consumo di sale.
Di seguito l’approfondimento elaborato dagli esperti dell’Humanitas Research Hospital, un ospedale ad alta specializzazione, centro di Ricerca e sede di insegnamento universitario, che promuove la salute, la prevenzione e la diagnosi precoce.
Pressione alta: che cosa comporta?
L’ipertensione arteriosa non è una malattia, ma un fattore di rischio, ovvero una condizione che aumenta la probabilità che si verifichino altre malattie cardiovascolari (per esempio: angina pectoris, infarto miocardico, ictus cerebrale). Per questo, è importante individuarla e curarla: per prevenire i danni che essa può provocare.
Si parla di ipertensione arteriosa sistolica quando solo la pressione massima è aumentata; al contrario, nell’ipertensione diastolica, sono alterati i valori della pressione minima. Si definisce ipertensione sisto-diastolica la condizione in cui entrambi i valori di pressione (minima e massima) sono superiori alla norma.
Classicamente, e come conseguenza delle modificazioni che avvengono nell’organismo per effetto dell’invecchiamento, gli anziani e i grandi anziani (ultranovantenni) soffrono più spesso di ipertensione arteriosa sistolica isolata, con valori di pressione massima anche molto alti, e pressione minima bassa. Le forme di ipertensione diastolica isolata, al contrario, sono più frequenti nei soggetti più giovani.
Pressione alta: quali sono le cause dell’ipertensione?
L’ipertensione arteriosa può essere classificata in primaria e secondaria.
Nell’ipertensione arteriosa primaria (o essenziale), che rappresenta circa il 95% dei casi di ipertensione, non esiste una causa precisa, identificabile e curabile: gli elevati valori pressori sono il risultato dell’alterazione dei meccanismi complessi che regolano la pressione (sistema nervoso autonomo, sostanze circolanti che hanno effetto sulla pressione).
Nel restante 5% dei casi, invece, l’ipertensione è la conseguenza di malattie, congenite o acquisite, che interessano i reni, i surreni, i vasi, il cuore, e per questo viene definita ipertensione secondaria. In questi casi, l’individuazione e la rimozione delle cause (cioè, la cura della malattia di base) può accompagnarsi alla normalizzazione dei valori pressori.
A differenza dell’ipertensione arteriosa essenziale, che classicamente interessa la popolazione adulta, l’ipertensione secondaria interessa anche soggetti più giovani e spesso si caratterizza per valori di pressione più alti e più difficilmente controllabili con la terapia farmacologica.
È importante sottolineare che in alcuni casi l’aumento dei valori di pressione arteriosa dipende dall’uso (talvolta dall’abuso) di alcune sostanze tra cui, per esempio, la liquirizia, gli spray nasali, il cortisone, la pillola anticoncezionale, la cocaina e le amfetamine. In questi casi, sospendendo l’assunzione di queste sostanze, i valori pressori tornano alla normalità.
Pressione alta: quali sono i sintomi dell’ipertensione?
L’aumento dei valori pressori non sempre si accompagna alla comparsa di sintomi, specie se avviene in modo non improvviso: l’organismo si abitua progressivamente ai valori sempre un po’ più alti, e non manda segnali al paziente. Per questo, molte delle persone affette da ipertensione non lamentano sintomi, anche in presenza di valori pressori molto elevati.
In ogni caso, i sintomi legati all’ipertensione arteriosa non sono specifici, e per questo sono spesso sottovalutati o imputati a condizioni diverse. Tra i sintomi più comuni rientrano:
- Mal di testa, specie al mattino
- Stordimento e vertigini
- Ronzii nelle orecchie (acufeni, tinniti)
- Alterazioni della vista (visione nera, o presenza di puntini luminosi davanti agli occhi)
- Perdite di sangue dal naso (epistassi)
Nei casi di ipertensione secondaria, ai sintomi aspecifici possono associarsene altri, più specifici, dovuti alla malattia di base.
La scarsità dei sintomi e la loro aspecificità sono il motivo principale per cui spesso il paziente non si accorge di avere la
pressione alta. Per questo è fondamentale controllare periodicamente la pressione: fare diagnosi precoce di ipertensione arteriosa significa prevenire i danni ad essa legata e, quindi, malattie cardiovascolari anche invalidanti.
Pressione alta: quali fattori predispongono le persone all’ipertensione?
- Familiarità: la presenza, in famiglia, di soggetti ipertesi aumenta la probabilità che un paziente sviluppi ipertensione arteriosa.
- Età: la pressione arteriosa aumenta con l’avanzare dell’età, per effetto dei cambiamenti che si verificano a carico dei vasi arteriosi (che, invecchiando, diventano più rigidi). Ad un certo punto, mentre la pressione sistolica (massima) continua ad aumentare per effetto dell’età, la diastolica (minima) non aumenta più o, addirittura, tende a diminuire; questo spiega le forme di ipertensione sistolica isolata tipica dei grandi anziani.
- Sovrappeso: sovrappeso e obesità, attraverso meccanismi diversi e complessi, si associano ad un incremento dei valori pressori.
- Diabete: questa condizione, grave e assai diffusa tra la popolazione adulta, si associa spessissimo ad un incremento della pressione arteriosa, aumentando in modo significativo il rischio di malattie cardiovascolari.
- Fumo: il fumo di sigaretta altera acutamente i valori di pressione arteriosa (dopo aver fumato, la pressione resta più alta per circa mezz’ora); a questo, si associano i danni cronici che il fumo induce sui vasi arteriosi (perdita di elasticità, danno alle pareti vascolari, predisposizione alla formazione di placche aterosclerotiche).
- Disequilibrio di sodio e potassio: mangiare cibi troppo salati ed, in generale, una dieta troppo ricca di sodio o troppo povera di potassio, possono contribuire a determinare l’ipertensione arteriosa.
- Alcool: un consumo eccessivo di alcoolici (più di un bicchiere al giorno per le donne, due per gli uomini) può contribuire all’innalzamento dei valori pressori, oltre che danneggiare il cuore (che, per effetto del troppo alcool, tende a dilatarsi e a perdere la sua funzione di pompa, con gravi conseguenze su tutto l’organismo).
- Stress: lo stress (fisico ed emotivo) contribuisce al mantenimento di valori di pressione più alti. Questo spiega, per esempio, perché in occasione delle visite mediche, la pressione è spesso più alta rispetto a quella che il paziente si misura al domicilio; perché la pressione possa essere più alta nei giorni lavorativi rispetto ai periodi di vacanza, ed anche perché i valori di pressione aumentino mentre si fa esercizio fisico.
- Sedentarietà: non possiamo affermare che la sedentarietà faccia aumentare la pressione arteriosa; è certo, tuttavia, che l’attività fisica moderata e costante (mantenendo attivo l’organismo e favorendo il controllo del peso) contribuisca a ridurre i valori pressori e a migliorare le prestazioni fisiche (l’allenamento aumenta progressivamente la capacità di tollerare gli sforzi).
Pressione alta: diagnosi dell’ipertensione
La misurazione della pressione arteriosa viene espressa attraverso due valori, pressione sistolica (massima) e pressione diastolica (minima), che dipendono dal fatto che il muscolo cardiaco si contrae (sistole) e si rilassa (diastole) tra un battito e l’altro.
I valori normali per la popolazione adulta sono compresi entro i 140/85 mmHg. Pertanto, si parla di ipertensione quando uno o entrambi i valori di pressione sono costantemente superiori alla norma.
Poiché l’incremento dei valori pressori spesso non si accompagna a sintomi e poiché, quando presenti, questi non sono specifici, il solo modo per fare diagnosi di ipertensione arteriosa è quello di sottoporsi periodicamente a misurazioni della pressione. In caso contrario, può succedere che si faccia diagnosi quando i valori di pressione, alti da parecchio tempo,
hanno già fatto danno o, addirittura, in occasione di eventi acuti (infarto miocardico, ictus cerebrale).
Una volta fatta diagnosi di ipertensione arteriosa, è utile sottoporsi ad alcuni esami che permettono di capire se l’ipertensione ha già danneggiato i vasi, il cuore, i reni, aiutando il medico nella definizione del profilo di rischio cardiovascolare dei pazienti e nella scelta della terapia antiipertensiva più adatta.
Pressione alta e trattamenti: come si cura l’ipertensione?
Il trattamento dell’ipertensione arteriosa, anche quando preveda il ricorso a farmaci, non può assolutamente prescindere da cambiamenti nello stile di vita.
L’obiettivo del trattamento della pressione arteriosa deve essere quello di riportare i valori pressori alla normalità (cioè, entro i 140/85 mmHg, a meno di patologie concomitanti, che impongono valori di pressione più bassi): non basta, pertanto, abbassare un po’ la pressione, ma è importante normalizzarla (diversamente, il rischio di incorrere in malattie cardiovascolari resterà aumentato).
Una dieta povera di sale, l’attività fisica moderata e costante (30 minuti/die di camminata veloce o di cyclette), il controllo del peso corporeo (la perdita di peso, in caso di sovrappeso/obesità), l’astensione dal fumo di sigaretta, un consumo controllato di alcoolici, sono tutti atteggiamenti raccomandabili in caso di riscontro di aumentati valori pressori. Nei casi di lievi aumento della pressione arteriosa, ed in assenza di altri fattori di rischio associati (fumo, diabete, ipercolesterolemia, obesità), queste modificazioni dello stile di vita possono essere la sola terapia prescritta dal medico, e possono essere efficaci nel riportare la pressione arteriosa a valori normali.
Una volta fatta diagnosi di ipertensione arteriosa e riviste le abitudini di vita, può essere necessario intraprendere una terapia farmacologica, il cui scopo è proprio quello di normalizzare la pressione arteriosa.
È importante sapere che la terapia antiipertensiva è una terapia cronica, che va assunta per molti anni (raramente succede che un paziente iperteso ad un certo punto possa smettere di assumere i farmaci per la pressione).
I farmaci di cui disponiamo sono molti, ed agiscono sul controllo della pressione arteriosa con meccanismi diversi; sono tutti efficaci e sicuri, e la scelta del tipo di antiipertensivo da utilizzare viene fatta dal medico sulla scorta della storia del paziente e della presenza di altre patologie associate.
In alcuni pazienti l’uso di un solo antiipertensivo è sufficiente per normalizzare la pressione arteriosa, in altri è necessario
ricorrere all’associazione di più farmaci, che agendo con meccanismi diversi concorrono al controllo della pressione. Dover assumere più antiipertensivi non significa avere un’ipertensione più aggressiva: semplicemente, ogni paziente risponde in modo diverso alle singole terapie. Per questo, trovare il o i farmaci efficaci e meglio tollerati può richiedere un po’ di tempo. E può anche succedere che dopo anni di terapia, un paziente richieda l’aggiunta o il cambio di un farmaco: non è colpa dell’antiipertensivo che perde efficacia, ma è l’effetto della pressione arteriosa, che con gli anni cambia.
In alcuni pazienti, l’utilizzo anche di 4-5 farmaci antiipertensivi a dosaggio pieno non è sufficiente a controllare la pressione
arteriosa; si parla, in questi casi, di ipertensione arteriosa resistente. Recentemente sono state proposte nuove terapie non farmacologiche per il trattamento di queste forme di ipertensione arteriosa (denervazione delle arterie renali).
Farmaci antiipertensivi:
- ACE inibitori, antagonisti del recettore per l’angiotensina II (Angiotensin II receptor Blocker – ARBs) o sartani, inibitori diretti della renina: abbassano la pressione interferendo con la produzione di alcune sostanze circolanti che compongono il cosiddetto sistema renina-angiotensina-aldosterone. Ogni classe di farmaci è attiva in un punto di verso di questo sistema.
- Calcio antagonisti: controllano la pressione inducendo vasodilatazione.
- Diuretici: aiutano l’organismo a smaltire acqua e sali minerali (sodio)
- Alfa e beta bloccanti: agiscono a livello dei meccanismi nervosi di controllo periferico della pressione arteriosa
- Simpaticolitici ad azione centrale: agiscono a livello dei meccanismi nervosi di controllo centrale (sistema nervoso centrale) della pressione arteriosa
Si tenga presente che le informazioni presenti in questa pagina sono di natura generale e a scopo divulgativo e non sostituiscono in nessun caso il parere del medico, il primo punto di riferimento a cui ricorrere per avere informazioni, chiarimenti, e a cui affidarsi per consigli o esami.