Cellule immunitarie ingegnerizzate per avere un metabolismo modificato e per combattere il cancro al pancreas. Lo scopo è quello di rendere efficace l’immunoterapia contro questo tumore difficile. A questa conclusione è giunto uno studio, pubblicato sul ‘Journal of Experimental Medicine‘, condotto dai gruppi di Teresa Manzo e Luigi Nezi del Dipartimento di Oncologia sperimentale dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano. La ‘forza’ dell’immunoterapia – ricordano dall’Irccs – è quella di riattivare le cellule T del sistema immunitario, i linfociti T. I risultati migliori, in termine di stop alla progressione, si ottengono quando le cellule T specifiche per un certo tumore riescono a infiltrarlo e ad attivarsi in modo persistente. Per il carcinoma del pancreas finora il successo dell’immunoterapia è stato molto limitato, anche se il tasso di sopravvivenza sembra essere legato all’infiltrazione di cellule T CD8+ nel tumore. I ricercatori hanno quindi pensato che la conoscenza del meccanismo che regola le funzioni e la persistenza di queste cellule, una volta infiltrate nel tumore, poteva essere la chiave per rendere efficace l’immunoterapia.
“Sappiamo – spiega Manzo – che le cellule CD8+T possono attivarsi contro il tumore, ma non sappiamo perché non lo facciano in modo efficace. Ci mancano informazioni su come si comportano all’interno del microambiente tumorale e in particolare perché entrano in uno di stato di ‘esaurimento’, cioè diventano meno attive e più deboli e quindi falliscono nel fermare la crescita tumorale. Ciò che sappiano è che la disponibilità di nutrienti nel microambiente e lo stato metabolico cellulare determinano in gran parte il destino delle CD8+T”. Per questo, continua la ricercatrice, “abbiamo pensato di studiare, sia in modelli preclinici che nei tumori pancreatici dell’uomo, l’interazione fra microambiente e CD8+T. Abbiamo dimostrato che la progressione tumorale crea nel microambiente pancreatico scarsità di glucosio al quale si accompagna un progressivo arricchimento di lipidi, una combinazione che il metabolismo proprio di queste cellule non riesce a trasformare nell’energia necessaria per funzionare e per vivere. Dunque, per ripristinare la loro capacità di risposta anticancro, le CD8+T devono sviluppare la flessibilità metabolica necessaria per adattarsi alla disponibilità di nutrienti del microambiente“.
“I nostri dati suggeriscono quindi – aggiunge Nezi – che la riprogrammazione metabolica delle CD8+T può essere la strategia giusta per aumentare la loro sopravvivenza, mantenere la loro funzione di cellule anticancro e di conseguenza rappresentare un possibile approccio per migliorare l’efficacia clinica dell’immunoterapia, in abbinamento con l’attivazione del sistema immunitario attraverso linibizione del check point immunitario, per esempio. In laboratorio siamo riusciti a migliorare la sopravvivenza delle CD8+T modificando geneticamente l’espressione di un enzima che agisce sugli acidi grassi a catena lunga. Al momento stiamo lavorando per dimostrare se questo intervento sul metabolismo sia in grado di impedire effettivamente la progressione del tumore quando viene combinato all’inibizione del check point immunitario”. “Resta anche da capire perché – conclude Manzo – queste cellule immunitarie, a differenza di altre presenti nel microambiente del tumore pancreatico, non hanno la flessibilità metabolica per sopravvivere in condizioni di aumentati lipidi. Tuttavia il nostro studio conferma che l’interazione con il microambiente e i suoi effetti sul metabolismo delle cellule immunitarie possono rappresentare nuovi target per lo sviluppo di strategie più efficaci contro tumori molto aggressivi, quali il tumore al pancreas”.