Estate, caldo: come non resistere a un gustoso gelato o una fresca granita? Ma talvolta, dopo il primo boccone il gelo: una scossa dolorosa improvvisa ci trafigge all’altezza della fronte o delle tempie. E’ il fenomeno del cosiddetto ‘cervello congelato’. La cefalea da freddo, un fortissimo mal di testa poco comune e di breve durata, si scatena per effetto dell’esposizione a uno stimolo freddo, applicato esternamente alla testa ma anche ingerito o inalato, secondo l’ultima versione dell’Ichd-3, classificazione internazionale delle cefalee. Cruccio di non pochi amanti di granite e gelati, ha un razionale scientifico che viene svelato sul portale scientifico ‘Medical Facts’ di Roberto Burioni.
Sembra inoltre che l’insorgenza sia “più probabile, rapida e intensa se si assumono liquidi piuttosto che solidi freddi, e se l’ingestione è più veloce”. Resta sconosciuto l’esatto meccanismo alla base del disturbo, ma – riferiscono gli autori del focus – sono state ipotizzate due teorie. “Nella prima, i protagonisti sono i vasi sanguigni cerebrali: il contatto di una sostanza fredda con la mucosa di bocca e faringe” ne provocherebbe “un rapido restringimento, con conseguente dolore”. La seconda teoria “suppone invece che il mal di testa dipenda dalla stimolazione sensitiva dei nervi presenti nelle diverse regioni: il nervo trigemino (nel caso del palato) o i nervi glossofaringeo e vago (che innervano la faringe e l’esofago)”.
La diagnosi? Secondo linee guida, è sufficiente aver sperimentato due episodi di questo singolare mal di testa, per il quale ovviamente non esiste terapia specifica, se non evitare i fattori scatenanti. “Cercare di mangiare lentamente cibi e liquidi freddi, minimizzando il contatto con la parte posteriore del palato”, ad esempio. O secondo alcune ipotesi “spingere la lingua contro il palato posteriore”. “Niente paura, quindi – rassicurano gli esperti – La cefalea legata al freddo è un fenomeno parossistico che si risolve senza conseguenze”.