Giornata Mondiale delle Epatiti, SIMIT: “Occorre ripartire presto con gli screening per l’HCV”

La Giornata Mondiale delle Epatiti rappresenta l’occasione per fare il punto su tutti questi diversi virus, su cui bisogna sempre tenere alta la guardia
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La crisi e la pandemia hanno generato comunque delle opportunità e non possiamo non prendere atto di ciò che è cambiato e potrà cambiare in questo anno di Covid-19. La Giornata Mondiale delle Epatiti, promossa dall’OMS per il 28 luglio, riporta sotto la luce dei riflettori questi virus, ben conosciuti da oltre 30 anni e potenzialmente curabili, dopo mesi in cui l’attenzione è stata inevitabilmente rivolta alla Covid-19, lasciando indietro terapie, prevenzione e diagnostica di tante altre patologie che affliggono milioni di pazienti fragili. Per affrontare il tema delle Epatiti, è stata organizzata da Aristea una Tavola Rotonda online, con il contributo non condizionato di Gilead Sciences, dal titolo “HBV e HCV. Quale ruolo potrà ricoprire l’Italia? Tra cronaca, attualità e aggiornamento, ipotesi e aspettative concrete di politica sanitaria e ricerca medico scientifica”, e ha riunito rappresentanti di istituzioni, società scientifiche, specialisti, associazioni dei pazienti, mondo dell’impresa.

ATTENZIONE SU TUTTE LE EPATITI, CON FOCUS SULL’HCV– La Giornata Mondiale delle Epatiti rappresenta l’occasione per fare il punto su tutti questi diversi virus, su cui bisogna sempre tenere alta la guardia. Dall’Epatite A molto diffusa nel Sud Italia e non ancora definitivamente in declino, all’epatite B, la cui campagna vaccinale è stata promossa dal nostro paese sin dal 1991, tra i primi a livello mondiale. Occorre oggi ristabilire un contatto con il tessuto terapeutico per i pazienti cronici e i rispettivi medici curanti. E poi l’epatite C, che impone un nuovo rilancio delle politiche sanitarie per trovare nelle popolazioni svantaggiate, nelle carceri, tra i tossicodipendenti, quei serbatoi del virus che stentano a essere a tutt’oggi individuati.

Tuttavia, esistono sostanziali differenze tra queste patologie e sugli approcci necessari per affrontarle. Per l’epatite A, si è rilevata una riduzione dell’incidenza rispetto al 2018 e anche i primi approcci di quest’anno rilevano l’assenza di recrudescenza per questa malattia, che, peraltro, non cronicizza mai. L’Epatite E è una malattia virale acuta, generalmente autolimitante e molto raramente soggetta a cronicizzazione, con caratteristiche cliniche simili a quelle dell’epatite A: l’HEV è diffusa nel mondo, in particolare in Cina, India, Messico, Pakistan, Perù, Russia e alcuni paesi dell’Africa, ma è ben presente anche in Italia e recentemente in Hong Kong un ceppo considerato tipico ed ‘esclusivo’ del ratto si è dimostrato in grado di infettare l’uomo. I dati recenti del nostro Paese segnano un incremento dei casi che suona come un campanello d’allarme e impone un monitoraggio attento dell’andamento nei prossimi mesi. Ma l’attenzione dei clinici è come sempre rivolta soprattutto alle Epatiti B e C che possono avere effetti particolarmente gravi, talvolta letali, e vengono considerate una minaccia per la salute pubblica, in quanto se cronicizzano, provocano complicanze nel tempo anche fatali come la cirrosi e il tumore epatico. Tuttavia, l’epatite B può essere prevenuta con il vaccino, mentre per l’epatite C esistono nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (DAA), che permettono di eradicare il virus in maniera definitiva, in tempi rapidi e senza effetti collaterali.

L’IMPORTANZA DI ELIMINARE L’EPATITE C – La disponibilità di queste nuove terapie ha portato l’OMS a indicare l’obiettivo di eliminazione dell’Epatite C entro il 2030, un risultato alla portata dell’Italia, il cui percorso ha però subito una grave battuta d’arresto durante la pandemia, con i trattamenti ridotti di oltre il 90%.

L’importanza dell’eliminazione dell’HCV è supportata da tre principali motivazioni – evidenzia la Dott.ssa Loreta Kondili, Ricercatore Medico, Centro Nazionale per la Salute Globale, Istituto Superiore di Sanità – La prima riguarda la salute pubblica, per evitare che il virus continui a diffondersi a livello globale. In secondo luogo, c’è l’aspetto economico: una recentissima analisi sulla tempistica di ritorno di investimento per il trattamento dei pazienti che saranno diagnosticati grazie allo screening proattivo ha dimostrato che l’investimento nel trattamento universale con i DAA è ampiamente tradotto in un risparmio di eventi clinici infausti, sui costi della gestione di questi eventi evitati e un rientro in termini di investimenti iniziali per l’acquisto dei DAA entro 4-5 anni con un risparmio di 63 milioni di Euro in 20 anni dal trattamento per 1000 pazienti trattati. Infine, bisogna prevenire la progressione della malattia epatica, la morbilità e la mortalità per coloro che convivono con l’HCV”.

Una chiave per intervenire potrebbe essere quella di abbinare alla campagna vaccinale contro l’influenza il prossimo autunno i test salivari o pungidito per l’individuazione dell’Hcv e i test sierologici per la Covid-19” ha proposto il Prof. Massimo Galli, Past President Simit.

ELIMINARE L’EPATITE C ENTRO IL 2030? POSSIBILE, MA PUNTANDO SULLA MEDICINA DEL TERRITORIO  – Si stima che in Italia ci siano circa 280mila pazienti con infezione da HCV asintomatici ancora da diagnosticare. Lo stanziamento approvato dal Governo per gli screening permetterà di aumentare le diagnosi e di dare prospettive più favorevoli verso l’eliminazione dell’epatite C, ma oltre a una strategia di screening ideale è indispensabile procedere anche su altri piani. “Parallelamente a screening e diagnosi, anche i trattamenti devono procedere a ritmo sostenuto, come indicato da recenti stime dell’ISS in collaborazione con il Center for Disease Analysis in Colorado – evidenzia la Dott.ssa Kondili – Secondo i dati più recenti di Boston Consulting Group presentati nel recente documento  “Winning The Race To Eliminate Hepatitis C” del 2020, l’Italia è considerata tra i paesi  ‘Follower’ ossia “Inseguitori” per il raggiungimento degli obiettivi dell’eliminazione entro il 2030, ma deve ancora superare delle barriere rilevanti. Per superare queste barriere, bisogna adattare la strategia di eliminazione considerando sia le popolazioni a rischio che i modelli di assistenza: servono programmi di intervento basati sulla medicina del territorio, definendo bene il percorso e gli attori sia per la popolazione generale, che per le popolazioni speciali. La disponibilità di una terapia orale altamente efficace e sicura, quasi priva di effetti collaterali, consente l’implementazione di modelli più semplici di assistenza, più vicini a dove si trovano effettivamente i pazienti.  È importante passare da servizi specializzati negli ospedali centrali e nelle strutture di assistenza primaria a centri comunitari (ad es. Centri di dipendenza, centri di riduzione del danno, carceri, centri di comunità, farmacie, ecc.), garantendo un’adeguata integrazione dei servizi diagnostici, terapeutici e di prevenzione, secondo un approccio “sportello unico””.

SPECIALISTI E MEDICI DI FAMIGLIA INSIEME PER LA LOTTA ALL’EPATITE C – “Parlando di medicina del territorio è fondamentale fare riferimento al carcere, inteso proprio come territorio – ha sottolineato il Prof. Sergio Babudieri, Direttore Scientifico SIMSPe – Società Italiana di Medicina e Sanità nei Penitenziari. – Noi clinici ci rivolgiamo alla politica per creare un’interazione tra territorio e politica per generare nuovi percorsi per scovare le migliaia di persone con bisogno di salute che sfuggono ai controlli sanitari e costituiscono veicolo di contagio e potenziale pericolo per la popolazione. Da questa iniziativa, il network costituito si farà portavoce delle priorità e delle istanze emerse per proporre ai decisori politici e al Governo proposte concrete per il possibile utilizzo di parte dei fondi che dovessero arrivare dall’Europa”.

La Giornata Mondiale delle Epatiti ci ricorda il problema della gestione dei pazienti affetti da Epatite Cronica di tipo B e C – evidenzia il Dott. Ignazio Grattagliano, Segretario Regionale SIMG Puglia, Responsabile Nazionale Area Gastro-Epatologica SIMG – Il ruolo del medico curante, in questi casi, non si limita solo alla gestione del paziente inteso come portatore di un’epatite virale, ma va ben oltre, poiché spesso queste persone sono portatrici anche ad altre patologie epatiche, come le steatosi metaboliche o alcoliche, e necessitano dunque di attenzioni particolari. I Medici di famiglia sono pronti a collaborare ad iniziative di screening e disponibili a favorire processi  semplificati volti al trattamento dei pazienti con HCV, purché vengano implementate iniziative di formazione e informazione a sostegno della categoria e della società scientifica anche attraverso progetti nazionali e regionali”.

LA PARTECIPAZIONE DELLE ISTITUZIONI – “In Italia – sottolinea il Vice Presidente del Parlamento Europeo Fabio Massimo Castaldosi stima che circa l’1 per cento della popolazione generale abbia un’infezione da HCV, di cui circa 185mila sono individui già avviati, nei centri autorizzati, al trattamento con farmaci antivirali diretti (DAA). Sebbene il trend sia in lieve calo nell’ultimo anno, il dato implica che vi siano ancora da circa 230mila a 300mila soggetti da trattare, di cui 170mila con infezione nota e tra i 70mila e i 130mila con infezione non nota. Sono numeri che non possono e non devono lasciarci indifferenti, soprattutto se rapportati a chi è colpito dagli altri diversi tipi di epatite. La pandemia da Covid-19, che ha colpito senza distinzioni gli abitanti di tutte le parti del mondo, rischia, per la sua gravità, di allontanare l’attenzione su altri virus pericolosi ma potenzialmente curabili. Per questo, non bisogna abbassare i riflettori da tali patologie e, ancor più, dai passi avanti fatti nella direzione di una completa eradicazione degli stessi”.

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