La Sclerosi Multipla (SM) colpisce ogni anno 2,3 milioni di persone nel mondo e 120.000 in Italia, ma la sua diagnosi rimane una sfida per i medici: esistono diversi tipi di SM, con evoluzione e prognosi diverse, e non è sempre facile distinguerle con precisione e precocemente. Un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, coordinato da Cinthia Farina, responsabile del laboratorio di Immunobiologia dei Disordini Neurologici, ha dimostrato che è possibile, attraverso strumenti di intelligenza artificiale, riconoscere la SM anche nelle sue diverse forme a partire dall’analisi di un campione di sangue con tecniche di genomica avanzate. È la prima volta che algoritmi di intelligenza artificiale vengono applicati su questo genere di dati e potrebbero avere ricadute cliniche importanti: una diagnosi efficace e precoce potrebbe avviare rapidamente i pazienti al trattamento adeguato. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Cell Reports Medicine.
Le diverse forme di Sclerosi Multipla e il problema della diagnosi
La SM è una malattia cronica e autoimmune che colpisce il sistema nervoso centrale e causa la perdita della mielina – la guaina che riveste i neuroni – provocando un danno neurodegenerativo irreversibile. Si tratta di una malattia complessa, che può presentarsi in forme diverse, di cui la più comune al momento della diagnosi risulta la forma Recidivante-Remittente (RR), caratterizzata da ricadute alternate a periodi di assenza di sintomi o con sintomi lievi. Purtroppo non esistono marcatori specifici per capire se e quando la malattia evolve da questa sua forma alla forma progressiva, dalla quale non si torna indietro e che prevede un progressivo deterioramento clinico.
A questo corrisponde un ritardo nella somministrazione del trattamento adeguato: se per la RR esistono molti farmaci in commercio, per la forma progressiva al momento è presente un farmaco approvato. Altri pazienti presentano addirittura la forma progressiva fin dall’inizio: è difficile riconoscerli tramite risonanza magnetica e l’unico modo è monitorarli clinicamente nel tempo. Una sua diagnosi precoce è fondamentale per intervenire più efficacemente.
Le informazioni nascoste nel sangue
Nello studio appena pubblicato su Cell Reports Medicine, i ricercatori del San Raffaele hanno mostrato per la prima volta come nel sangue ci siano sufficienti informazioni per classificare questa malattia neurologica. “Si è sempre dato per scontato che il sangue fosse ‘uguale’ in tutti i pazienti con SM, ma analizzando i dati provenienti da soggetti affetti dalle diverse forme della malattia, ci siamo accorti che non è così,” spiega Cinthia Farina, coordinatrice dello studio.
Si tratta di un lavoro durato anni: gli scienziati hanno prima dovuto collezionare campioni di sangue provenienti da pazienti che includono l’intero spettro delle varie forme della malattia e che ancora non avevano iniziato i trattamenti (che avrebbero altrimenti alterato i risultati). Come gruppo di controllo sono stati utilizzati dati provenienti da soggetti sani o da pazienti con altre patologie neurologiche. In tutto, lo studio comprende i dati di oltre 300 individui.
Poiché la SM è una malattia autoimmune causata da una reazione anomala delle difese immunitarie, i ricercatori hanno analizzato – grazie alla trascrittomica, una tecnica che identifica quali geni sono accesi o meno all’interno delle cellule – lo stato di attivazione delle cellule mononucleate del sangue periferico, cellule immunitarie addette alla protezione del nostro organismo. L’obiettivo è riuscire a identificare, a partire dallo stato del sistema immunitario, il profilo clinico di malattia e il suo probabile decorso.
“Per capire quali siano effettivamente i marcatori nel sangue più adatti a classificare questa patologia serviranno altri studi e bisognerà ulteriormente affinare e allenare l’algoritmo. La cosa importante è aver dimostrato che è possibile ‘vedere’ quello che accade a livello immunologico nei pazienti a partire da un campione di sangue,” spiega Cinthia Farina. “L’obiettivo finale non è solo mettere a punto un sistema di diagnosi precoce ed efficace basato su questa tecnologia, ma anche capire di più del ruolo del sistema immunitario nelle diverse forme di SM”.
Lo studio è stato possibile grazie al supporto del Ministero Italiano della Salute e di Merck-Serono.