Dal 20 al 22 luglio si è svolto, in forma virtuale, il congresso dell’American Association for Cancer Research (AACR) su “Covid-19 e cancro”. La seconda giornata del Virtual Meeting AACR è stata aperta dall’importante intervento di Solange Peters, Presidente della Società Europea di Oncologia Medica (European Society of Medical Oncology – ESMO) e oncologa del Centre Hospitalier Universitaire Vaudois (CHUV) di Losanna (Svizzera), che ha approfondito la “preoccupante interazione fra il COVID-19 e le malattie non trasmissibili”.
“Molte malattie non trasmissibili – ha sottolineato Solange Peters -, comprese le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e il cancro, aumentano il rischio per i pazienti di contrarre una grave infezione da COVID-19, secondo il Center for Disease Control and Prevention (CDC). I pazienti necessitano di cure per queste patologie già in atto, anche durante la pandemia. Le persone con malattie non trasmissibili sono diventate più vulnerabili, ammalandosi in modo grave o morendo di COVID-19, ma anche per non aver ricevuto il trattamento adeguato alle loro malattie non trasmissibili”. Peters ha riportato i risultati di un sondaggio condotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha valutato l’interruzione dei servizi di prevenzione e il trattamento delle malattie non trasmissibili tra 163 Ministeri della Salute tra l’1 e il 25 maggio 2020. Circa il 75% dei Paesi ha riportato l’interruzione dei servizi dedicati alle malattie non trasmissibili, con oltre il 40% dei Paesi che ha registrato l’interruzione parziale o totale dei trattamenti oncologici.
La ricerca ha evidenziato inoltre il crollo degli screening oncologici durante la pandemia. I dati di Epic, fornitore dello strumento medico informatico, hanno riscontrato che gli screening di prevenzione oncologica, effettuati negli Stati Uniti, sono diminuiti tra l’86 e il 94% a marzo 2020, rispetto ai volumi medi tra l’1 gennaio 2017 e il 19 gennaio 2020. “Il mondo è in una fase critica – ha spiegato Peters –. È necessaria una strategia lungimirante che assicuri la continuità dei servizi sanitari essenziali erogati alla comunità per le malattie non trasmissibili, indipendentemente dall’andamento della pandemia”.
COVID-19 e cancro
Più di 2.000 pazienti con malattia oncologica in atto o precedente e con diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 confermata in laboratorio sono stati inclusi in una recente analisi dei dati del registro CCC19, che al momento comprende più di 100 strutture negli Stati Uniti. Oltre all’esame dei fattori associati al trattamento per COVID-19, lo studio ha valutato l’associazione delle terapie per COVID-19 con la mortalità a 30 giorni per tutte le cause. Questa analisi è stata pubblicata su Cancer Discovery, la rivista di AACR, durante il meeting virtuale.
In questa coorte di pazienti con COVID-19 e storia di cancro, il 16% è deceduto. Peters ha spiegato che il tasso globale di morte per COVID-19 è intorno al 4%, secondo i dati della Johns Hopkins University of Medicine. Peters ha esaminato, inoltre, come alcuni trattamenti per COVID-19 fossero associati alla mortalità per tutte le cause. La maggior parte dei pazienti oncologici ha ricevuto terapie multiple, tra questi quasi il 25% dei pazienti è stato trattato con idrossiclorochina, la terapia anti-malaria, sola o in combinazione con altri trattamenti. Le altre terapie per COVID-19 comprendono l’antibiotico azitromicina, l’antivirale remdesivir, gli steroidi e l’agente immunosoppressore tocilizumab. Nessun trattamento per COVID-19 è stato riportato dal 60% dei pazienti, e i ricercatori hanno notato che la gravità della malattia da COVID-19 era fortemente associata alla terapia.
L’utilizzo di idrossiclorochina o di forti dosi di corticosteroidi in combinazione con qualsiasi altra terapia per COVID-19 era associato ad un aumento significativo della mortalità a 30 giorni per tutte le cause, paragonato ai pazienti che avevano ricevuto qualsiasi altro trattamento, così come a quelli non trattati.
L’aggravamento del divario tra i sessi in oncologia dopo la pandemia
“Anche prima della pandemia di COVID-19, le donne erano sottorappresentate nelle riviste di oncologia” ha affermato Peters. In una analisi sugli autori che ha esaminato gli articoli pubblicati nel 2017 dalle cinque maggiori riviste di oncologia, solo il 38% delle prime firme era costituito da donne. Inoltre, considerando gli autori senior, solo il 30% risultava essere donna. Dall’inizio della pandemia le analisi dei server prestampa indicano che il tasso di pubblicazione da parte delle donne è diminuito. E ancora, una ricerca COVID-19 sugli autori ha mostrato che le donne rappresentano il 34% di tutti gli autori in generale, indipendentemente dalla loro posizione. “Le donne – ha sottolineato Peters – stanno pubblicando di meno durante la pandemia e stanno pubblicando meno anche sulla pandemia”.
Per identificare e risolvere i possibili gap di genere durante la pandemia di COVID-19, ESMO ha promosso un sondaggio per raccogliere i dati sull’impatto della crisi sul lavoro e sulla vita privata delle donne e degli uomini nel settore oncologico.
Il commento di Giordano Beretta, Presidente AIOM
“In realtà – ha sottolineato il Presidente AIOM – l’impatto dell’infezione in questa tipologia di pazienti richiede valutazioni ulteriori e più a lungo termine. In aree duramente colpite, come la Provincia di Bergamo in cui io opero, non è ancora possibile comprendere a pieno quale sia stato l’impatto dell’infezione e la sua evoluzione nel gruppo dei pazienti oncologici. Altre patologie, o stati funzionali, quali ad esempio l’obesità e l’ipertensione, sembrano aver pesato di più nell’evoluzione sfavorevole dell’infezione e il dato reale dei pazienti oncologici infettati non è al momento disponibile in assenza di indagini epidemiologiche adeguate. Come riportato dalla Prof.ssa Peters, è quindi necessario alimentare i dati dei registri nazionali ed internazionali e fornire dati anche da esperienze locali per meglio analizzare e comprendere quanto realmente successo. Non possiamo infatti, al momento, sbilanciarci sugli effetti di outcome a lungo termine, quali la sopravvivenza, di quanto avvenuto in questi mesi, ma è essenziale raccogliere i risultati disponibili al fine di poter disporre di chiare indicazioni sui comportamenti da adottare nel caso che, malauguratamente, si ripresenti una seconda ondata o ci si debba trovare, per qualunque altra emergenza si dovesse verificare, a dover nuovamente modificare comportamenti e procedure nel futuro”.
“Alcune modifiche strutturali – ha concluso Giordano Beretta -, come l’impiego di tecnologie per attuare interventi di telemedicina, alcune ristrutturazioni del sistema ospedale-territorio, una diversa gestione dei trattamenti orali e degli accessi ospedalieri, la creazione di percorsi strutturati differenziati tra pazienti infetti e non (qualunque sia l’agente patogeno), la necessità di fornire a tutti i pazienti oncologici la vaccinazione antiinfluenzale, sono ormai entrati nel pensiero di molti di noi, ma richiedono anche interventi istituzionali per fornire adeguato personale e strutture, al fine di garantire la miglior assistenza possibile ai pazienti oncologici”.