Alle 13:50 (ora italiana) del 30 luglio è fissato il lancio del rover NASA Perseverance, che partira’ dalla piattaforma di lancio di Cape Canaveral, in Florida. Destinazione il Pianeta Rosso, su cui il rover porterà un piccolo meteorite, attualmente conservato presso il Museo di storia naturale di Londra, per effettuare confronti e calibrare le misurazioni. Le proprieta’ note della roccia marziana rappresentano infatti un modo per avvalorare le scoperte che il rover compira’ sulla superficie del pianeta, in particolare riguardo i campioni in cui potrebbero essere nascoste le evidenze di forme di vita che abitavano Marte. “Questa piccola roccia – spiega Caroline Smith, responsabile delle raccolte scientifiche presso il Museo di Storia naturale di Londra e membro del team scientifico della missione NASA Mars 2020 – ha molto da raccontare: la sua formazione risale a circa 450 milioni di anni fa, tra i 600 e i 700mila anni fa e’ caduto su Marte, probabilmente a seguito di un impatto, per poi atterrare sul nostro pianeta probabilmente un millennio fa. E ora sta tornado sul Pianeta Rosso”.
L’esperta aggiunge che il meteorite, scoperto nei deserti dell’Oman nel 1999, si chiama Sayh al Uhaymir 008 o SaU 008 ed e’ costituito principalmente da basalto, ma contiene diversi minerali come pirosseno, olivina e feldspato. “La composizione particolare di SaU 008 – aggiunge Smith – sara’ piuttosto importante per le scansioni di Perseverance, che avvengono grazie a Sherloc, uno strumento che contiene due imager e due spettroscopi laser, ideati per esaminare la geologia del sito di atterraggio, il cratere Jezero”. Le immagini satellitari rivelano infatti che il luogo era un tempo ricoperto da un lago, per cui e’ ritenuto una delle posizioni piu’ favorevoli alla ricerca di forme di vita. “Sherloc deve essere estremamente stabile e affidabile – afferma Luther Beegle, del Jet Propulsion Laboratory della NASA – perche’ non possiamo permetterci false illusioni su cio’ che scopriremo. Per questo, se verranno rilevate letture particolari, la calibrazione confermera’ che non si tratta di un guasto e potremo verificare una potenziale bio-firma”.
Gli esperti sottolineano che la difficolta’ delle misurazioni non renderebbe comunque sicura la scoperta di forme di vita, per questo e’ fondamentale esaminare i campioni una volta che torneranno sulla Terra, tra circa 10-15 anni.