Il Sole e i Falò, ricordando quelli lunari di Cesare Pavese, anche la nostra stella ci mostra sbuffi di plasma che si estendono a grandissima distanza dalla sua superficie che sono stati visti dagli strumenti a bordo della sonda ESA Solar Orbiter da una distanza ravvicinata mai raggiunta prima.
Dopo un periodo di calibrazione e test portati a termine dal gruppo di lavoro, nonostante la situazione di emergenza causata dalla pandemia, la sonda ci ha rivelato il Sole come non si è mai visto prima, scattando le prime immagini spettacolari ravvicinate. I team scientifici hanno realizzato un grande lavoro che non si è mai fermato, e a metà giugno è stata completata la prima fase di messa in servizio della sonda che ha eseguito il suo primo avvicinamento al Sole. I team dei 10 strumenti della missione sono stati in grado di testare l’intero insieme di strumenti per la prima volta.
Primo tra tutti Metis, lo strumento coronografico italiano ottimizzato per l’osservazione dello strato più esterno dell’atmosfera solare: la corona solare. Metis che ha un design innovativo, occulta il disco solare per produrre un’eclissi artificiale, un po’ come fa la Luna quando si frappone tra noi e la nostra stella. Il coronografo che prende il nome dalla mitologia greca, utilizza un occultatore esterno per studiare le regioni coronali dove si accelera il vento solare con osservazioni simultanee sia in luce visibile che ultravioletta.
Lo strumento Metis, finanziato e gestito dall’Agenzia Spaziale Italiana, è stato ideato e realizzato da un team scientifico composto da INAF, dalle Università di Firenze e di Padova e dal CNR-IFN, con la collaborazione del consorzio industriale italiano, formato da OHB Italia e Thales Alenia Space, dell’istituto MPS di Gottinga (Germania) e dell’Accademia delle Scienze di Praga.
Il team italiano, grazie al supporto dell’ESA, ha completato con successo la campagna di test dello strumento, acquisendo immagini della corona solare da una distanza mai raggiunta prima.
“Metis è il primo coronografo a misurare l’emissione ultravioletta dell’idrogeno nella corona solare simultaneamente l’emissione in banda visibile con una risoluzione spaziale e temporale mai raggiunta da un coronografo sia spaziale sia terrestre,” dice Marco Romoli, dell’Università di Firenze e Principal Investigator di Metis. “Le osservazioni ottenute da Metis permetteranno di studiare le strutture e la dinamica del vento e dei fenomeni transienti come le eruzioni di massa coronale”, aggiunge Romoli.
“Metis, unico nel suo genere, utilizzerà un singolo telescopio, per produrre simultaneamente immagini in banda UV e in banda visibile, e, pertanto, la sua realizzazione ha rappresentato una sfida tecnologica e innovativa per il nostro Paese. Metis permetterà di continuare la tradizione della coronografia spaziale italiana, iniziata più di vent’anni fa con il successo dello strumento UVCS a bordo della missione SOHO,” dice Barbara Negri, responsabile dei programmi scientifici dell’ASI.
Nessuna altra immagine del Sole è stata ripresa da una distanza così ravvicinata così come quelle acquisite dalla suite di strumenti a bordo di Solar Orbiter. Durante il suo primo perielio, il punto in cui l’orbita ellittica della navetta spaziale è più vicino al Sole, Solar Orbiter si è avvicinato fino a 77 milioni di chilometri dalla superficie della stella, circa la metà della distanza tra il Sole e la Terra. La navicella alla fine si avvicinerà anche di più al Sole. La sonda è ora nella sua fase di crociera, e aggiusta gradualmente la sua orbita intorno al Sole. Una volta entrata nella fase scientifica, che comincerà a fine 2021, il veicolo spaziale si avvicinerà a ben 42 milioni di chilometri dalla superficie del Sole, più vicino del pianeta Mercurio. Gli operatori del veicolo spaziale inclineranno gradualmente l’orbita di Solar Orbiter per permettere alla sonda di ottenere la prima veduta corretta dei poli del Sole.
“Il successo del contributo italiano alla missione Solar Orbiter dimostra l’eccellenza della comunità scientifica italiana, riconosciuta internazionalmente nel campo della fisica solare” dice Silvano Fineschi, dell’INAF di Torino e Responsabile Scientifico INAF per Solar Orbiter. “Grazie al suo originale disegno, unico nel suo genere, il coronografo Metis potrà osservare la corona solare alle diverse distanze dal Sole a cui si troverà Solar Orbiter durante la sua missione”, aggiunge Fineschi.
Oltre a Metis, l’Italia contribuisce ad altri due strumenti a bordo di Solar Orbiter: SWA il Solar Wind Analyzer, e STIX.
SWA è una suite di 3 sensori di plasma per studiare le caratteristiche del vento solare.
EAS, di responsabilità UCL-MSSL di Londra (UK), misura elettroni, PAS, di responsabilità del CNRS-IRAP di Tolosa (FR), misura protoni e particelle alfa ed HIS, di responsabilità del SwRI di San Antonio (TX-USA), misura ioni minori quali He, C, N, O, Ne, Mg, Si, S e Fe.
L’intera suite viene gestita dalla Data Processing Unit (DPU), contributo italiano a SWA. Nata da una collaborazione fra il team scientifico dell’INAF-IAPS di Roma ed il team industriale costituito dalla Techno System Developments, la Planetek, SITAEL e la Leonardo, è stata finanziata dall’Agenzia Spaziale Italiana.
“L’alta risoluzione temporale di SWA, mai raggiunta prima in missioni analoghe,” dice Roberto Bruno dell’INAF, Co-Principal Investigator di SWA, “permetterà finalmente di indagare e comprendere i processi cinetici che sono alla base del riscaldamento ed accelerazione del vento solare.”
STIX è un telescopio concepito con l’obiettivo di osservare brillamenti solari nella lunghezza d’onda dei raggi X duri, al quale l’Italia ha contribuito con la realizzazione del software di ricostruzione delle immagini. Guidata dalla Fachhochschule Nordwestschweiz (Svizzera), questo strumento si basa su un approccio di tipo Fourier all’imaging e permetterà di studiare le esplosioni solari a energie cruciali per la comprensione dei meccanismi alla base della riconnessione magnetica.
“Uno degli aspetti più interessanti di STIX”, dice Michele Piana dell’Università di Genova e uno dei due co-Investigator italiani dello strumento, “è la possibilità di integrare le informazioni contenute nei raggi X con quelle che verranno fornite da altri strumenti di Solar Orbiter, con l’obiettivo di indagare la dinamica solare da molti punti di vista e quindi di comprendere a fondo alcuni aspetti fondamentali dell’eliofisica e dello space weather”.
Le prime immagini da Solar Orbiter rivelano “campfires” sul Sole
“Queste sono solo le prime immagini e possiamo già vedere nuovi fenomeni interessanti”, commenta Daniel Müller, “Scienziato di Progetto” dell’ESA per Solar Orbiter. “Non ci aspettavamo tali grandi risultati già dall’inizio. I dieci strumenti scientifici si completano l’un l’altro, fornendo una visione integrata del Sole e dello spazio interplanetario circostante”.
Lanciato il 10 febbraio 2020, Solar Orbiter è equipaggiato con sei strumenti di telerilevamento (telescopi), che riprendono immagini del Sole e dei suoi dintorni, e con quattro strumenti in-situ che misurano le proprietà ambientali intorno alla sonda. Confrontando i dati dei due i gruppi di strumenti, gli scienziati potranno capire i meccanismi attraverso cui viene generato il vento solare (il flusso di particelle cariche che dal Sole si estende all’intero sistema solare).
La missione Solar Orbiter è unica nel suo genere, in quanto nessun’altra sonda spaziale ha mai acquisito immagini della superficie del Sole da una distanza così ravvicinata.
Le immagini del Sole acquisite da Solar Orbiter rivelano nuovi fenomeni
I campfire mostrati nella prima serie di immagini sono stati visti dallo strumento EUI (Extreme Ultraviolet Imager) durante il primo passaggio al perielio di Solar Orbiter, il punto più vicino al Sole nella sua orbita ellittica. In quel momento, il veicolo spaziale si trovava a soli 77 milioni di km dal Sole, circa la metà della distanza tra la Terra e la stella.
“I campfire sono parenti piccoli dei brillamenti solari che possiamo osservare dalla Terra, milioni o miliardi di volte meno energetici“, afferma David Berghmans del Reale Osservatorio del Belgio (ROB), Ricercatore Principale dello strumento EUI, che acquisisce immagini in alta risoluzione dei vari strati dell’atmosfera solare esterna, noti come cromosfera e corona. “Il Sole potrebbe sembrare tranquillo, ma quando guardiamo in dettaglio possiamo vedere quei bagliori in miniatura ovunque”.
Gli scienziati non sanno ancora se i campfire sono solamente delle minuscole versioni dei brillamenti, o se sono guidati da meccanismi diversi. Esistono, tuttavia, già teorie secondo cui questi brillamenti in miniatura potrebbero contribuire a uno dei misteri irrisolti del Sole, il riscaldamento coronale.
Svelare i misteri del Sole
“Questi campfire sono insignificanti da soli, il loro effetto sommato su tutto il Sole, potrebbe fornire il contributo dominante al riscaldamento della corona solare“, afferma Frédéric Auchère, dell’Institut d’Astrophysique Spatiale (IAS), Francia, Co-Ricercatore Principale di EUI.
La corona solare è lo strato più esterno dell’atmosfera del Sole che si estende per milioni di chilometri nello spazio aperto. La sua temperatura è di oltre un milione di gradi Celsius, molto più calda della superficie del Sole, un “freddo” 5500 ° C. Dopo molti decenni di studi, i meccanismi fisici che riscaldano la corona non sono ancora interamente compresi, ma identificarli è considerato il “Santo Graal” della fisica solare.
“Ovviamente è troppo presto per dirlo, ma speriamo che collegando queste osservazioni con le misurazioni degli altri strumenti che “sentono” il vento solare intorno alla sonda spaziale, saremo in grado di risolvere alcuni di questi misteri“, commenta Yannis Zouganelis, vice “Scienziato di Progetto” di Solar Orbiter presso ESA.
Vedere il lato lontano del Sole
PHI (Polarimetric and Helioseismic Imager) è un altro degli strumenti all’avanguardia a bordo di Solar Orbiter, ed effettua misurazioni ad alta risoluzione del campo magnetico sulla superficie del sole. È progettato per monitorare le regioni attive del Sole, in cui i campi magnetici sono particolarmente intensi, e che possono dare origine a brillamenti solari.
Durante i brillamenti il Sole produce esplosioni di particelle energetiche che si aggiungono al vento solare, costantemente emanato nello spazio circostante. Quando queste particelle interagiscono con la magnetosfera terrestre possono causare tempeste magnetiche in grado di interrompere le reti di telecomunicazione e le reti elettriche sulla Terra.
“In questo momento, siamo in una parte del ciclo solare (che dura 11 anni) in cui il Sole è molto tranquillo“, dice Sami Solanki, Direttore del Max Planck Institute for Solar System Research di Gottinga, in Germania, e Ricercatore Principale di PHI. “Ma poiché Solar Orbiter osserva una parte del Sole non visibile dalla Terra, potremmo vedere una regione attiva non osservabile dalla Terra. Questa è una la prima volta in cui possiamo misurare il campo magnetico sul lato opposto del Sole. ”
I magnetogrammi, che mostrano come l’intensità del campo magnetico del Sole varia sulla superficie solare, possono essere confrontati con le misurazioni degli strumenti in situ.
“Lo strumento PHI misura il campo magnetico sulla superficie, vediamo le strutture nella corona del Sole con EUI, ma proviamo anche a dedurre le linee del campo magnetico che si estendono nello spazio interplanetario, dove si trova Solar Orbiter“, aggiunge Jose Carlos del Toro Iniesta, co-Ricercatore Principale di PHI, dell’Instituto de Astrofísica de Andalucía, Spagna.
Catturare il vento solare
Christopher Owen, University College London Mullard Space Science Laboratory and Ricecatore Principale dello strumento in-situ Solar Wind Analyser, aggiunge: “Utilizzando queste informazioni, possiamo stimare dove, sul Sole, quella specifica parte di vento solare è stata emessa, e utilizzare poi l’intera serie di strumenti della missione per comprendere i processi fisici che nelle diverse regioni del Sole portano alla formazione del vento solare”.
“Siamo emozionati da queste prime immagini – ma questo è soltanto l’inizio”, continua Daniel Müller. “Solar Orbiter ha iniziato un ‘grand tour’ del sistema solare interno, e si avvicinerà ancora di più al Sole fra meno di due anni. Alla fine del grand tour, si avvicinerà fino a 42 milioni di km, circa un quarto della distanza fra il Sole e la Terra”.
“I dati dimostrano la forza di una collaborazione di successo tra le agenzie spaziali, e l’utilità di una diversa serie di immagini per sciogliere alcuni dei misteri del Sole”, commenta Holly Gilbert, Direttore della Divisione Scientifica di Fisica Solare presso il NASA Goddard Space Flight Center e Scienziato di Progetto di Solar Orbiter alla NASA.
Solar Orbiter è una missione spaziale frutto di una collaborazione internazionale tra ESA e NASA. Diciannove Stati Membri dell’ESA (Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito), come così come la NASA, hanno contribuito alla strumentazione scientifica e / o al veicolo spaziale. La sonda è stata costruita sotto la direzione di Airbus Defence and Space nel Regno Unito.