Va in Austria per giocare un torneo di scacchi e al ritorno a casa scopre di essere positivo al Coronavirus. Un possibile caso di “importazione” raccontato da un ventiseienne di Imola (Bologna) che in questi giorni sta ultimando il periodo di quarantena. La trasferta risale al mese scorso. Il torneo in questione si è disputato a St. Veit an Der Glan, in Carinzia, dall’11 al 18 luglio.
Lo scacchista, pur senza tracciare alcun collegamento diretto con la sua situazione medica, riferisce anche delle misure profilattiche prese dagli organizzatori: durante le partite bisognava indossare una mascherina, ma fuori dalla sala, nell’atrio, dove i giocatori potevano intrattenersi per ore per chiacchierare o esaminare l’andamento degli incontri, non c’era alcun obbligo: “Come ogni paese dei balocchi che si rispetti – scrive sui social – (l’atrio, ndr) era ritenuto esente dai rischi di contagio”.
Al rientro in Italia “poiché non ero completamente sicuro di non essere un pericolo per le altre persone – racconta – mi sono messo in contatto con l’ospedale per prenotare un tampone, nonostante avessi soltanto un leggerissimo raffreddore”. Quando la positività è stata accertata “non l’ho presa così male, dopotutto stavo bene e non vi era motivo di preoccuparsi troppo”.
Quindi ha informato gli organizzatori austriaci. Con la fine del lockdown l’attività scacchistica è ripresa anche in Italia. La Federscacchi – affiliata al Coni – ha fornito una serie di indicazioni che numerosi appassionati considerano troppo stringenti. A Lignano Sabbiadoro (Udine) è in corso un torneo internazionale in cui tutti i partecipanti, almeno nei primi turni, hanno dovuto calzare una mascherina e una visiera nonostante il caldo. I tavoli sono da 1.20 mt e sono ampiamente distanziati. E’ anche vietato passeggiare per la sede di gioco (quando tocca all’avversario) per sgranchirsi le gambe o sbirciare le altre partite.