Continua ad aggravarsi il bilancio della doppia esplosione che ha devastato Beirut: secondo quanto riferito dal ministro della Salute libanese, Hamad Hassan, i morti sono almeno 137 e 5 mila i feriti. I soccorritori sono ancora al lavoro tra le macerie, gli abitanti si sono rimboccati le maniche per ripulire le strade dai detriti e la diaspora libanese sparsa nel mondo è impegnata a raccogliere soldi per aiutare chi è rimasto ferito o ha perso la casa. Intanto, cresce la rabbia degli abitanti contro lo Stato libanese, in quella che viene vista come l’ennesima, tragica, dimostrazione di un governo corrotto e inefficiente.
In particolare i libanesi hanno espresso la loro rabbia nei confronti dell’esecutivo del Paese, accusato di corruzione, negligenza e cattiva amministrazione; un malgoverno individuato dai cittadini come la causa principale della strage. Il presidente Michel Aoun ha dichiarato che l’esplosione è stata causata da 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio conservate in modo non sicuro in un magazzino. “Beirut sta piangendo, Beirut sta urlando, le persone sono isteriche, sono stanche”, ha detto il regista Jude Chehab alla Bbc, chiedendo ai responsabili di presentarsi davanti alla giustizia. Molto dure le parole di Chadia Elmeouchi Noun, un residente di Beirut attualmente in ospedale: “Ho sempre saputo che siamo guidati da persone incompetenti, da un governo incompetente. Ma vi dico una cosa – quello che hanno fatto ora è assolutamente criminale”.
Dallo scorso ottobre, a migliaia si sono riversati nelle strade per protestare: “Stiamo cercando di sistemare questo Paese, ci abbiamo provato per nove mesi ma ora faremo a modo nostro”, ha sottolineato la 42enne Melissa Fadlallah, volontaria impegnata nelle operazioni di polizia a Mar Mikhail.
“Se avessimo avuto un vero Stato, sarebbe stato nelle strade fin dalla scorsa notte a pulire e lavorare. Dove sono?”, ha chiesto polemicamente. “Sono tutti seduti sulle loro poltrone con l’aria condizionata mentre la gente è per strada, l’ultima cosa che importa loro è questo Paese e la gente che ci vive“, gli ha risposto il 30enne Mohammad Suyur, avvertendo che è stato raggiunto il limite di sopportazione: “L’intero sistema se ne deve andare”.
Ieri l’esecutivo ha annunciato che alcuni funzionari dell’autorità portuale di Beirut sono stati messi agli arresti domiciliari in attesa di un’inchiesta sull’esplosione. Il Consiglio supremo di Difesa del paese ha insistito sul fatto che i responsabili saranno sottoposti alla “massima punizione”. Secondo quanto riferito, il nitrato di ammonio – che viene usato come fertilizzante in agricoltura ma anche per la fabbricazione di esplosivi – era rimasto in un magazzino nel porto di Beirut per sei anni dopo essere stato scaricato da una nave sequestrata nel 2013. Il responsabile del porto di Beirut e il capo dell’autorità doganale hanno entrambi precisato ai media locali di avere scritto diverse volte alla magistratura chiedendo che questa sostanza chimica fosse esportata o venduta per garantire la sicurezza del porto.
Il direttore generale del porto, Hassan Koraytem, ha dichiarato a OTV di essere consapevole del fatto che il materiale era pericoloso quando un tribunale ha ordinato per la prima volta di essere conservato nel magazzino, “ma non fino a questo punto”. Intanto le forze di sicurezza hanno cordonato una vasta area attorno al luogo dell’esplosione, e i soccorritori stanno ancora scavando tra le macerie alla ricerca di vittime o sopravvissuti, mentre la Marina sta perlustrando le acque al largo della costa. Secondo le ultime informazioni, decine di persone risultano ancora disperse.
Il ministro della sanità pubblica Hamad Hassan ha confermato che il settore sanitario del Libano è al collasso, privo di posti letto e delle attrezzature necessarie per curare i feriti e assistere i pazienti in condizioni critiche. La strage, infatti, si è aggiunta all’emergenza di coronavirus in corso, che ha assorbito non poche energie in un Paese già sull’orlo del baratro, ora obbligato a far fronte anche alle esigenze di oltre 300.000 persone rimaste senza casa a seguito dell’esplosione. “Beirut ha bisogno di cibo, Beirut ha bisogno di vestiti, case, materiali per ricostruire le case. Beirut ha bisogno di un posto per i rifugiati, per la sua gente”, ha confermato il governatore Marwan Aboud.
I cittadini al lavoro per liberare le strade
Qualche funzionario in giro a valutare i danni c’è, ma i giovani sono molti di più, organizzati in piccoli gruppi per liberare le strade da detriti e vetri rotti, ma anche impegnati a sostegno di anziani e disabili che hanno avuto le case danneggiate. Nel Paese si sono moltiplicate le offerte di ospitare famiglie di Beirut e il patriarcato maronita ha annunciato l’apertura dei suoi monasteri e scuole religiose come rifugi; sono stati allestiti tavoli con cibo e bottiglie d’acqua donate e imprese si sono offerte di sistemare i danni a porte e finestre a prezzi scontati e addirittura gratis.
Nel mondo, la diaspora libanese (quasi tre volte il numero di abitanti del Paese dei Cedri) si è attivata per inviare aiuti e fornire assistenza a chi è rimasto ferito o ha perso la casa. In pochissimo tempo sono stati creati fondi per raccogliere denaro e indirizzarlo verso associazioni affidabili e in molti si sono attivi singolarmente o con campagne online per aiutare un Paese che già prima dell’esplosione era piegato dall’epidemia di coronavirus e da una crisi economica gravissima.
Le rimesse sono un capitolo importante e specialmente d’estate i libanesi che vivono all’estero, rientrando in patria per le vacanze, portano denaro nelle casse e nelle tasche dei concittadini ma quest’anno c’è stata una battuta d’arresto, complice l’epidemia di Covid e la corruzione dilagante. “La gente è indignata dalla cattiva gestione del Paese, vogliono aiutare ma nessuno si fida delle persone in carica”, ha sottolineato Najib Khoury-Haddad, imprenditore dell’high-tech nella zona di San Francisco.
Il sostegno degli Usa
“Gli Stati Uniti stanno lavorando al fianco“ delle autorità libanesi dopo le esplosioni di Beirut che hanno causato più di 137 morti e migliaia di feriti. Lo ha affermato il presidente americano Donald Trump durante una conferenza stampa a Washington. “Nessuno conosce le cause delle esplosioni di Beirut”, ha aggiunto il capo della Casa Bianca. A detta di Trump, gli esperti delle forze armate Usa ritengono che le esplosini “siano state un attacco”.