Il terremoto è uno dei più grandi pericoli del nostro Paese, che lo si voglia o meno. E a rendere ancora più pericoloso un eventuale sisma è il modo che gli italiani hanno, da sempre, di affrontare questo tipo di eventi. Si fanno scongiuri, si parla di fatalità e non si programma. Mai come nel caso dei terremoti, invece, prevenire è decisamente meglio che curare. Le mappe di pericolosità sismica sono davvero in grado di prevedere davvero i terremoti? E’ la domanda che si sono posti i giornalisti di PresaDiretta su Raitre. Come ha spiegato Emanuele Tondi, geologo dell’Università di Camerino, “la mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale non tiene conto dei terremoti che ci sono stai anche centinaia di anni fa”. L’Emilia, ad esempio, è stata colpita nel 2012 da un terremoto del 2012 che ha causato 45 mila sfollati e 13 miliardi di danni, eppure questa zona prima del 2003 non era nemmeno classificata zona simica ed oggi è considerata a sismicità medio/bassa.
Il prof. Giuliano Panza, docente di Sismologia all’Università di Trieste, membro dell’Accademia Nazionale Lincei, dell’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, dell’Accademia Europea, della Academy of Sciences for the Developing World e della Russian Academy of Sciences, ha parlato di numerosi eventi giudicati ‘eccezionali’ rispetto alle mappe di pericolosità sismica: dal 2000, spiega Panza, ci sono state diverse eccezioni come il terremoto dell’Aquila, quello di Ischia, quello dell’Emilia e come la sequenza in Italia centrale nel 2013. Infine Paolo Rugarli, ingegnere strutturista che ha curato l’ultima edizione del volume nel quale sono raccolte le Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC), riprendendo quanto scritto a prefazione del volume, ribadisce che nella parte che riguarda la pericolosità sismica le attuali norme sismiche sono tutte sbagliate e non garantiscono sicurezza: “sono un atto di fede“, afferma l’esperto.
Per il geologo Mario Tozzi, la soluzione è di aumentare la pericolosità, pensando al peggio. Più cauto, ma dello stesso parere, il direttore dell’INGV, Carlo Doglioni: la mappa è in via di aggiornamento, spiega. La priorità non deve essere solo quella di salvare le vite, ma è necessario che nelle nuove costruzioni si pensi che deve resistere anche l’abitazione, per evitare che si sgretoli l’economia di una data comunità.
Il caso: la Calabria e l’alto rischio sismico
Come spiega Carlo Tansi, geologo e ricercatore del Cnr, la Calabria è uno dei territori tra i più esposti al rischio sismico al mondo. La faglia di Cosenza, in particolare, che segue il fiume Crati e passa tra Cosenza e Rende, copre una zona dove vivono più di 120 mila persone e vi sono edifici pubblici strategici. Ben 150 edifici sono considerati ad alto rischio e tra questi la prefettura, l’Ospedale dell’Annunziata, il municipio e la caserma vigili del fuoco. “Non ci sono stati mai stati adeguamenti o miglioramenti sismici”, precisa Tansi. Per quanto riguarda l’edilizia privata, invece, il geologo spiega come gran parte dell’edificato della città risalga agli anni ’60 e ’70, quando si costruiva con materiali scadenti. Il centro storico, ‘Cosenza vecchia’, risale al 1600. Il CIPE ha stanziato 90 milioni di euro da spendere entro il 2021 per mettere in sicurezza, ma ancora non ci sono progetti. Per approfondire:
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