Allerta Meteo – E’ sempre più profondo il Ciclone Mediterraneo denominato ufficialmente “Udine” dall’Università di Berlino, con caratteristiche tipiche di un Medicane – Uragano Mediterraneo. Il centro di bassa pressione è sceso a 1005hPa per un gradiente barico non indifferente in pochi chilometri, se consideriamo che sulla costa a Siracusa abbiamo ben 1015hPa. E la tempesta sta continuando ad intensificarsi: il “clou” sarà domani, Giovedì 17 Settembre. Intanto sta già alimentando maltempo diffuso nell’Italia meridionale, soprattutto tra Calabria e Sicilia. Forti temporali hanno colpito nel primo pomeriggio la fascia meridionale della Sicilia centro/occidentale, con un nubifragio a Sciacca e 18mm di pioggia ad Agrigento. Piove in modo meno intenso ma più costante in Calabria, dove abbiamo 6mm di accumulo pluviometrico a Reggio Calabria, dove la temperatura massima non ha superato i +25°C e la pioggia cade lieve ma senza sosta dalle 11:00 di stamattina.
Intanto nello Jonio, al largo dell’estremità Sud/Orientale della Sicilia, si è formato l’occhio del ciclone dell’Uragano Mediterraneo “Udine”: forti temporali si muovono minacciosi verso la Sicilia orientale, dove giungeranno in serata colpendo in modo intenso Siracusa, Catania e l’entroterra delle due province. Nubifragi anche su ragusano e messinese, oltre che nella Calabria meridionale dove la pioggia debole di oggi diventerà intensa.
Il “clou” del maltempo è confermato per domani mattina, con piogge torrenziali nella Calabria tirrenica meridionale (piana di Gioia Tauro, Costa Viola e Aspromonte) e nello Stretto di Messina.
Per seguire megliio l’evoluzione meteorologica, in casi così estremi è di fondamentale importanza consultare pagine del nowcasting che raccolgono le migliori mappe in tempo reale tra satelliti e radar utili a monitorare la situazione meteo minuto per minuto:
Cosa sono i Medicane, o “TLC”: alla scoperta degli “Uragani Mediterranei”
Alcune particolari perturbazioni che colpiscono il Mediterraneo vengono classificate tecnicamente con il termine di “TLC”, o “Tropical Like Ciclones”. In gergo meteorologico li chiamiamo “Medicane“, gli Uragani Mediterranei. Per caratteristiche interne e per forza i “TLC” non hanno nulla da invidiare ai classici cicloni tropicali (che vengono chiamati “Uragani” nell’oceano Atlantico, “Tifoni” nell’oceano Pacifico e “Cicloni” nell’oceano Indiano, ma sono lo stesso identico fenomeno) che sferzano il settore tropicale dell’Atlantico, il Pacifico e l’oceano Indiano. Essendo caratterizzati internamente da un “cuore caldo”, ben presente soprattutto nei bassi strati, i “TLC” si differenziano notevolmente dai più comuni cicloni extratropicali che si formano continuamente tra l’Europa e il bacino del Mediterraneo (le classiche ondate di maltempo), e sono molto più violenti. I Medicane hanno solitamente una estensione molto più limitata, ma attorno al profondo minimo barico riescono a conservare una grandissima potenza che spesso si traduce con una intensa attività convettiva al centro, dove si possono celare dei sistemi temporaleschi particolarmente attivi, e da venti molto forti e turbolenti, spesso sotto forma di tempesta anche se il “Fetch” non raggiunge mai grandi estensioni concentrandosi proprio a ridosso dell’occhio. Un’altra caratteristica dei “TLC” è rappresentata dalla loro grande “barotropicità”, tipica delle perturbazioni tropicali, al contrario delle depressioni extratropicali delle medie latitudini che sono caratterizzata da “baroclinicità”. Questi profondi vortici ciclonici tropicali mediterranei si formano molto spesso nella stagione autunnale, fra Agosto e il mese di Gennaio, più frequentemente tra Settembre e Dicembre, nel periodo dell’anno in cui le temperature delle acque superficiali dei mari mediterranei raggiungono i massimi valori, anche con picchi di +27°C +28°C anche intorno all’Italia, come accaduto appunto quest’anno.
Come si formano i “Medicane”, gli Uragani Mediterranei
Tutto dipende dall’energia termica accumulata sul mare. I mari cosi caldi, con i primi transiti di masse d’aria instabili in quota e il passaggio della “Jet Stream“, divengono delle fucine temporalesche, con la genesi di grossi nuclei temporaleschi come gli “MSC” (mesoscale convective system), sistemi temporaleschi a mesoscala, che interagendo in aree dove sono in atto significative avvezioni di vorticità positiva alle quote superiori della troposfera possono successivamente evolvere in sistemi ciclonici a cuore caldo, e di tipo tropicale, apportatori di precipitazioni torrenziali, in grado di scatenare degli eventi alluvionali lungo le aree colpite, scaricando anche oltre 400–500mm di pioggia nel giro delle 24 ore. Non per caso parte degli eventi alluvionali che hanno sconvolto negli ultimi anni il nostro paese o altre nazioni dell’area mediterranea sono da attribuire al passaggio di questo tipo di perturbazioni dalla struttura tropicale. Più rari ma non impossibili i casi in cui dei sistemi a cuore freddo, come un semplice “CUT-OFF” in quota o un vecchio ciclone extratropicale, riescono a tramutarsi in sistemi a cuore caldo, acquistando spiccate caratteristiche tropicali.
Che differenza c’è tra i “Medicane” e le normali perturbazioni?
La caratteristica fondamentale che distingue i “Medicane” dai comuni cicloni extratropicali è rappresentata dalla loro grande “barotropicità”, tipica delle perturbazioni tropicali, al contrario delle depressioni extratropicali delle medie latitudini che sono caratterizzata da “baroclinicità”. In genere un sistema depressionario assume piene caratteristiche “barotropiche” solo quando i minimi di pressione corrispondono perfettamente alle varie quote, uno sopra l‘altro. Di solito le circolazione di tipo “barotropico” si sviluppano durante il termine del processo di “CUT-OFF”, ossia quando avviene la cessazione dell’alimentazione fredda in quota e si chiude l’onda principale (taglio della saccatura ad opera di una spinta zonale dell’anticiclone oceanico o del rinforzo della “Jet Stream” lungo il bordo settentrionale di quest’ultimo) che ha dato origine alla circolazione depressionaria strutturata in quota, isolandola dal flusso perturbato principale. Cosa ben diversa sono le circolazioni “barocline” tipiche dei cicloni extratropicali o delle gocce fredde in quota, i cui minimi alle varie quote non coincidono mai nella stessa posizione. In più, in questo tipo di circolazioni depressionarie extratropicali, le avvezioni fredde dalle alte latitudini si accompagnano sempre al margine occidentale della struttura ciclonica, seguendo le ondulazione del “getto polare” che funge da nastro trasportare per le profonde aree cicloniche delle medie e alte latitudini. La grande potenza di queste ciclogenesi di tipo tropicale deriva dalla grande energia termica sprigionata dalle calde acque del mare. Tutta questa energia potenziale viene poi trasformata in energia cinetica che produce un improvviso scoppio dell’attività convettiva (correnti ascensionali in rotazione vorticosa) attorno il centro della bassa pressione, comportando un notevole approfondimento di quest’ultima a seguito del calore latente sprigionato dalla condensazione del vapore acqueo messo a disposizione dalla calda superficie del mare.
Gli effetti di un “Medicane” nel Mediterraneo: sono tempesta potenti come gli Uragani oceanici fino alla 1ª o 2ª categoria della scala Saffir-Simpson
Dopo la sua formazione, un Medicane diventa quindi pienamente autonomo e prende la sua energia dal calore latente fornito dal mare, di conseguenza la convenzione esplode nel centro del sistema, il “gradiente barico” attorno il sistema si rafforza notevolmente, divenendo anche molto fitto, mentre i venti si intensificano improvvisamente fino a superare i 120-140 km/h, e nei casi più estremi persino i 160–170km/h favorendo la formazione del tipico occhio del ciclone dentro la massa temporalesca, molto ben visibile dalle moviole satellitari. Come i cicloni tropicali per stimare la forza dei Medicane si fa ricorso ad una scala simile alla più famosa scala “Saffir-Simpson” la quale, in base alla velocità dei venti medi sostenuti e alla pressione centrale, li suddivide a sua volta in; “Mediterranean Tropical Depression” quando la velocità del vento medio sostenuto è inferiore ai 63 km/h; “Mediterranean Tropical Storm” quando il vento si aggira fra i 64 e 111 km/h e “Medicane o Mediterranean Hurricane” quando il vento medio supera la soglia dei 111 km/h. I “Medicane” possono raggiungere la forza degli Uragani oceanici di 1ª o 2ª categoria sulla scala Saffir-Simpson: mai nel Mediterraneo, almeno fino ad oggi, s’è verificata una tempesta di questo tipo d’entità superiore. Nell’unico caso in cui è stata misurata la pressione nei pressi del minimo, durante il Medicane del 16 gennaio 1995 grazie ad una nave meteorologica tedesca, la Meteor che si trovava nei pressi della tempesta, è stato di 975 hPa.
I fenomeni meteorologici provocati dai Medicane sui territori sono analoghi a quelli ordinari: forti venti, temporali intensi, grandinate, trombe d’aria, piogge torrenziali e mareggiate sulle coste. Cambia, ovviamente, l’entità di questi fenomeni che può risultare devastante, soprattutto per l’entità dei venti, che nella zona intorno all’occhio del ciclone possono superare i 150km/h non in modo isolato (come nei più forti temporali), ma in modo continuato, per ore e su vaste aree di territorio, distruggendo tutto ciò che incontrano sulla loro strada che non sia costruito in cemento armato. Inoltre le piogge assumono caratteristiche tropicali, diventano torrenziali con scrosci impressionanti. La grandine può diventare grossa come uova, e le onde sotto-costa possono superare i 9-10 metri di altezza.
Con quale frequenza di formano i Medicane?
Solitamente i “Medicane” che si formano sul Mediterraneo sono, in media, 2-3 in ogni stagione, questi raggiungono lo stadio di “Mediterranean tropical depression” oppure “Mediterranean Tropical Storm”. Molto più rari sono i “Medicane” (Mediterranean Hurricanes) il massimo grado dei sistemi “TLC”. Per “Medicane” si intende un vero uragano mediterraneo, si tratta delle tempeste più potenti e devastanti che il mare Mediterraneo può sfornare. Pur avendo la forma di un “Mediterranean Tropical Storm” o di una più semplice “Mediterranean Tropical depression” il “Medicane” è contraddistinto da venti molto più violenti, spesso possono toccare punte di 140 km/h e da una pressione centrale molto più profonda che può scivolare persino sui 975 hpa, valore estremamente basso per l’area mediterranea. Poi nel “Medicane” il valore barico cosi profondo porta a generare il tipico occhio persistente al centro del sistema temporalesco principale. La media degli ultimi decenni vede la formazione di un “Medicane” almeno una volta ogni 3-4 anni.
Medicane: i precedenti storici più significativi in Italia
Nell’ultimo secolo il servizio meteorologico nazionale ha catalogato diversi casi di “Medicanes” e più precisamente nel Settembre 1947, Settembre 1969, Settembre 1973, Agosto 1976, Gennaio 1982, Settembre 1983, Dicembre 1984, Dicembre 1985, Ottobre 1994, Gennaio 1995 con “Samir”, Ottobre 1996 con il devastante “Cornelia” (molto simile all’evento che si prospetta per Lunedì come posizione e intensità), Settembre 1997 e “Vince” nel Dicembre 2005. Più recentemente, da ricordare “Grace” nel 2009, “Qendresa I” nel novembre 2014 e la tempesta di inizio novembre 2016, meno di un anno fa, su Malta e nella Sicilia meridionale.
I Medicane più violenti della storia in Italia: “Cornelia” nel 1996, “Celeno” nel 1995 e “Zeo” nel Dicembre 2005
“Cornelia” si formò a sud delle Isole Baleari fra il 6 e il 7 Ottobre del 1996, la tempesta dopo aver attraversato il sud della Sardegna, come “tropical storm”, giorno 8 si riversò sul Tirreno centro-meridionale, qui a contatto con le calde acque superficiali tirreniche il ciclone si intensifico divenendo un piccolo uragano mediterraneo, in questo caso un “Medicane”. Giorno 9 Ottobre il “Medicane Cornelia” passerà con il suo occhio vicino l’arcipelago eoliano devastando letteralmente le sette isole con venti furiosi di 140-145 km/h che hanno abbattuto le linee elettriche, sradicando decine di alberi, mentre le impressionanti mareggiate che hanno flagellato le coste isolane hanno affondato numerose barche e yacht. Durante il suo passaggio dal basso Tirreno allo Ionio il ciclone “Cornelia” riusci a richiamare su tutta Italia un flusso di umidissime correnti meridionali che hanno innescato dei fenomeni alluvionali fra Piemonte, Emilia, Calabria (alluvione a Crotone) e sul nord-est della Sicilia (messinese), con precipitazioni molto abbondanti e spesso sotto lo sfogo temporalesco. “Cornelia” dopo aver devastato le Eolie, la Calabria e il messinese si è portata sullo Ionio dove si è rapidamente indebolita prima di toccare le coste di Creta sul Mediterraneo orientale.
Andando indietro di un anno nel Gennaio del 1995 fu la volta del “Medicane Celeno”, uno dei pochi casi studiati di “Mediterranean Hurricane”, seppur con mille difficoltà. “Celeno” si formò in mezzo al Mar Ionio, fra Grecia e Sicilia, il 14 Gennaio 1995. Giorno 15 Gennaio, la nave di ricerca Meteor, si trovava molto vicino alla tempesta, qui gli studiosi riuscirono a misurare raffiche di vento talmente forti da lambire i 135-140 km/h, ossia 1^ categoria della Saffir-Simpson, mentre il barometro a bordo segno un valore di 975 hpa al livello del mare, cifra impressionante. Fu impossibile per i ricercatori della Meteor lanciare dei palloni meteorologici causa la violenza del fortunale in corso. Il 16 Gennaio il ciclone “Celeno” spostandosi verso est si rafforzerà ulteriormente, con venti stimati sui 140-150 km/h, rimanendo fortunatamente in azione in mare aperto sul Mediterraneo centro-orientale. Il giorno dopo “Celeno” muovendosi verso sud-sud/est tenderà rapidamente a perdere potenza prima di fare il “landfall” definitivo sulla costa libica, con venti di tempesta a 100 km/h che hanno prodotto furiose mareggiate e tempeste di sabbia sulle zone interne (non si hanno notizie di vittime da parte delle autorità libiche, ma i danni materiali furono ingenti).
Tra i più recenti “Medicane” “Zeo” fu uno dei più violenti nel Dicembre 2005. Si formò tra Canale di Sicilia e mar Libico dall’evoluzione di un potente “MSC” e portò forti venti orientali e piogge alluvionali con vittime sulla Sicilia, malgrado il suo occhio era posizionato più vicino alle coste africane. “Zeo” poi proseguirà la sua corsa su tutto il Mediterraneo centro-orientale sfiorando dapprima le coste libiche e l’isola di Creta con furiose tempeste di vento fino a 100 km/h. La tempesta effettuerà il “landfall” definitivo lungo le coste dell’Asia minore come una tempesta tropicale.
E’ vero che questi fenomeni stanno diventando sempre più frequenti e che entro pochi decenni anche nel Mediterraneo ci saranno gli Uragani?
Gli Uragani nel Mediterraneo, come abbiamo appunto avuto modo di vedere, ci sono sempre stati. Si chiamano “Medicane”, ne stiamo ampiamente parlando in quest’articolo e la storiografia di alcuni tra i Paesi più antichi del mondo (Italia, Grecia, Turchia, Israele, Giordania, Egitto) è zeppa di documenti storici anche antichi che ne certificano l’esistenza persino in tempi antichi. Ovviamente in un mare chiuso e in area temperata come il Mediterraneo è estremamente difficile che si possano verificare Uragani violenti come quelli delle acque tropicali oceaniche, ma è anche vero che esistono numerosi studi scientifici che hanno dimostrato come entro 70-80 anni questi fenomeni diventeranno sempre più frequenti e anche intensi a causa dell’aumento delle temperature che provocherà anche un aumento delle temperature del mar Mediterraneo. Ed è un’ipotesi assolutamente plausibile, anzi: già negli ultimi anni questi fenomeni sono in aumento e ormai ad ogni autunno si verificano intorno all’Italia e sulle coste degli altri Paesi mediterranei. Probabilmente non bisognerà attendere 70-80 anni: dovremmo già abituarci a vivere l’autunno come la nostra “stagione degli Uragani”, esattamente come accade nelle zone tropicali.
Le autorità competenti stanno facendo qualcosa per attuare misure volte a garantire la sicurezza dei cittadini in caso di Medicane?
No. Si continua a sottovalutare il problema. Non solo da un punto di vista istituzionale, ma anche popolare. Ogni volta che viene lanciata un’allerta, la gente ci ride e ci scherza su. C’è chi conferma le gite in montagna o gli appuntamenti a pesca in riva al mare, e spesso e volentieri ci scappa il morto. Sempre e solo per imprudenza, incoscienza e scetticismo nei confronti del meteo. Leggerezze legate all’ignoranza e alla mentalità fatalista che ci trasciniamo dietro da secoli di dna “latino”. Durante la conferenza stampa ‘Il riscaldamento globale in Italia: quanto ci costa aspettare ancora’ del 13 giugno 2017 alla Camera, la deputata del Pd Stella Bianchi ha dichiarato che “l’Italia e la regione del Mediterraneo sono in più uno dei cosiddetti Hot spot, un’area cioè nella quale l’impatto dei cambiamenti climatici è più forte con una aumento più marcato della temperatura giù registrato e una maggiore riduzione delle precipitazioni. E con conseguenti impatti sui ghiacciai e quindi sulla portata dei fiumi, sulla maggiore salinità e innalzamento del mar Mediterraneo, su eventi eccezionali come i Medicanes, sorta di uragani mediterranei, su una più forte perdita di biodiversità e maggiori impatti sulla salute. Questi sono ottimi motivi in più per guidare e accelerare nell’attuazione dell’accordo di Parigi. Dobbiamo ascoltare la scienza e saper accettare scomode verità piuttosto che lasciarci ingannare da rassicuranti bugie. La scienza è chiara sul fatto che i cambiamenti climatici sono in atto e dipendono dalla attività umana e in particolare dall’uso di carbone, petrolio e gas, per questo sosteniamo la necessità di una strategia energetica nazionale in linea con l’obiettivo di riduzione drastica delle emissioni di gas serra e l’impegno internazionale del nostro paese per le politiche per il clima. Non abbiamo più un minuto da perdere”. Non ha tutti i torti. Ma è una questione culturale: bisogna iniziare a vivere la meteorologia in modo più serio, comprendendo che è un elemento fondamentale della nostra vita quotidiana, e che quindi merita la giusta considerazione.