“Nessuno proteggerà ciò che non gli interessa e nessuno si prenderà cura di ciò che non ha mai sperimentato”. Sir David Attenborough, uno dei padri storici del naturalismo mondiale, sottolinea così l’importanza dell’esperienza come fattore determinante per alimentare nelle giovani generazioni l’interesse e il desiderio di proteggere la Natura. Non siamo motivati a prenderci cura di quello che non ci interessa e nessuno può essere interessato a qualcosa con cui non è mai entrato in relazione. È lo stesso principio che ispira il WWF nel suo percorso educativo e formativo rivolto ai più giovani e che costituisce il fulcro del nuovo progetto Aule Natura lanciato in questi giorni anche attraverso una campagna di raccolta fondi con il numero solidale 45585.
Ma il paradosso del nostro tempo è che i giovani che potrebbero aspirare a guidare la difesa della natura hanno sempre meno a che fare con essa. È urgente quindi recuperare il Deficit di Natura, ovvero, la separazione dagli elementi naturali che ormai gli studiosi riconoscono come “male/malattia” del nostro tempo per le nuove generazioni, e che vede bimbi e adolescenti crescere separati dagli alberi e dalla terra, dai formicai e dai nidi, dalle farfalle e dalle bacche.
Tra gli strumenti per cambiare questo paradigma il WWF propone una speciale MAPPA su “Le 50 cose da fare prima degli 11 anni” , 50 ‘pillole di attività in natura’ da ‘prendere’ sin da piccoli con il supporto delle famiglie svolgendo attività all’aperto, nei cortili scolastici, durante le vacanze. La MAPPA, che prende spunto dalla lista proposta dal National Trust, storico ente britannico, non tratta semplicemente di azioni per ‘stare all’aperto’, ma esplora tutte le attività sensoriali, di movimento, di gioco e di conoscenza sfruttando le potenzialità magiche dello stupore e della fascinazione tipiche dell’età più giovane, quella appunto prima degli 11 anni: dall’arrampicarsi sugli alberi al tirare ciottoli sull’acqua, dall’ascoltare i versi e i richiami degli animali all’osservare un tratto di prato con la lente di ingrandimento, fino agli orecchini fatti con le ciliegie. E così si può stimolare l’emozione di attraversare a piedi un ruscello o di sentire i propri passi nella neve, lo stupore nel veder crescere un seme piantato da sé o l’avventura nel trovare la strada di casa usando solo bussola e mappa o visitare una caverna, tutte esperienze capaci di lasciare un segno indelebile. La forza di queste esperienze sta nel fatto che coinvolgono tutto l’individuo nella sua fisicità, emotività, affettività e intelligenza.
LE PAROLE ‘PERDUTE’ DELLA NATURA
Sono tanti gli indicatori che ci dimostrano il distacco tra i giovani e le esperienze in ambiente naturale. Per esempio, i risultati di una recente analisi promossa sempre dal National Trust sottolineano come il distacco fisico dalle esperienze in natura si rifletta anche nel linguaggio corrente, soprattutto tra le nuove generazioni.
Nel Regno Unito in 25 anni alcune parole di uso comune tra cui web, cloud, tweet, stream hanno via via assunto un significato molto lontano da quello originariamente legato alla natura: questi termini vengono ormai associati quasi esclusivamente al mondo digitale. Nel linguaggio corrente appena l’1% degli intervistati associa la parola ‘cinguettio-tweet’ a quella dei versi degli uccelli, solo il 7% la parola ‘web-rete’ richiama la tela tessuta dai ragni mentre ‘cloud-nuvola’ in 30 anni ha perso il suo significato originale in almeno tre quarti di chi la utilizza. Persino il termine ‘stream-ruscello’ se negli anni ’90 richiamava praticamente sempre l’ambiente fluviale, oggi lo fa solo per il 36% delle persone. Significati quindi in pericolo di estinzione che evidenziano come sia influente nel vissuto quotidiano la sostituzione del mondo naturale con quello artificiale. Una seconda ricerca condotta da YouGov su bambini di 6-12 anni ha osservato che in media l’allontanamento dal significato ‘naturale’ di alcune parole avvenga già intorno ai 10 anni. Se questi esperimenti venissero condotti anche in Italia si avrebbero probabilmente risultati simili. E’ sicuramente urgente recuperare questa relazione perduta tra bambini, ragazzi e mondo naturale se si vuole costruire una generazione consapevole, sana, attenta e capace di prendersi cura del proprio pianeta.
“Se vogliamo salvare l’ambientalismo e l’ambiente, dobbiamo anche salvare una specie a rischio di estinzione: il bambino in natura” come sostiene Richard Louv nel libro “L’ultimo bambino nei boschi”.
Campagna Aule Natura: Dona al 45585
Oggi in Italia ci sono più di 40.000 cortili scolastici, ma tantissimi sono completamente inagibili o non fruibili, oppure sono fazzoletti di cemento, utilizzati soltanto per una breve ricreazione. Il WWF Italia vuole regalare alle scuole aule all’aperto dove bambini e ragazzi possano giocare, imparare, relazionarsi con i compagni e riconquistare il rapporto con la natura.
Per questo, fino al 4 ottobre ha attivato la raccolta fondi straordinaria del WWF Italia che attraverso il numero solidale 45585 sta raccogliendo risorse per costruire le prime 10 Aule Nature distribuite da nord a sud nella penisola. Investire sulla scuola significa investire sul futuro.