“Inviterei a far presto per munire le scuole di test rapidi in loco”, che in casi sospetti “possano immediatamente dire se il bambino è stato infettato da Sars-CoV-2 o no”. E’ il primo consiglio che, “da tecnico”, la microbiologa dell’ospedale Sacco di Milano Maria Rita Gismondo si sente di dare a chi sta lavorando per una ripartenza in sicurezza delle attività didattiche nell’anno della pandemia di Covid-19.
“E attenzione anche agli insegnanti”, e al loro ruolo nella possibile trasmissione del nuovo coronavirus, perché bisogna assolutamente “evitare che nelle scuole si identifichino dei bambini come untori. Sarebbe un danno psicologico grave”, ammonisce l’esperta sentita dall’Adnkronos Salute. “Il rientro a scuola è assolutamente necessario e non discutibile”, premette la direttrice del Laboratorio di Microbiologia clinica, Virologia e Diagnostica delle bioemergenze del Sacco. “Dobbiamo preservare i nostri bambini da danni sociali e psicologici – avverte – dopo che già il lockdown ha infierito” in questo senso sui più piccoli. Ma ovviamente “dobbiamo anche aiutarli perché non subiscano un danno culturale” legato a “un ritardo di frequenza”. Anche se “vorrei precisare anche un’altra cosa: se qualche scuola chiuderà”, per Gismondo “non si può parlare del fallimento del piano riapertura. E’ un argomento molto complesso che stanno affrontando anche le altre nazioni“, perché anche altri Paesi “magari si trovano a dover chiudere e riaprire qualche scuola per massima cautela”.
Il secondo suggerimento che la specialista del Sacco vuole dare “da tecnico” è che “forse potremmo essere un po’ più generosi nel controllo dei bambini”, specie “in questo momento” in cui “per fortuna il virus circola, ma non ci sta danno particolari problemi“. Gismondo si riferisce alle precauzioni anti-Covid previste in classe: “Imporre le mascherine ai bambini è in qualche caso quasi impossibile”, osserva la microbiologa, e “anche sul distanziamento sociale invito le mamme a dire quanto i loro bimbi possono stare distanziati socialmente”. Quindi cosa fare? “Più che sulla cautela nel farli stare tra loro – dice l’esperta – io punterei più l’attenzione sulla cautela che i bambini devono avere nello stare a contatto con i nonni, soprattutto se questi nonni hanno delle patologie”.