Le cellule tumorali, è noto da tempo, consumano grandi quantità di glucosio, il principale zucchero presente nel sangue, per crescere ed espandersi.
Non a caso l’eccessivo assorbimento di glucosio da parte dei tumori è sfruttato nella PET, l’esame più utilizzato per individuare le eventuali metastasi nei pazienti oncologici, tramite l’impiego di glucosio radioattivo quale biomarcatore. “La dipendenza della cellula tumorale dal glucosio non è tuttavia la causa del tumore – spiega Marco Foiani, Direttore del programma ‘Integrità del Genoma’ dell’IFOM e Professore dell’Università degli Studi di Milano – che risiede in alterazioni del DNA. È piuttosto una conseguenza, dovuta a sbilanciamenti metabolici delle cellule tumorali stesse che le inducono a richiedere più energia di quelle sane”. Proprio perché le cellule tumorali sono glucosio-dipendenti e instabili geneticamente, è possibile che la chemioterapia, che danneggia il DNA del tumore, possa risultare più efficiente se abbinata a un intervento metabolico sul glucosio in grado di ridurre la capacità del tumore di procacciarsi zucchero. ”Tuttavia – precisa Foiani – è riscontrato che non tutti i tumori sono ugualmente dipendenti dal glucosio e fino a oggi non era ancora chiaro da quale fattore dipendesse questa variabilità. Decrittare l’origine della glucosio-dipendenza dei tumori risulta pertanto cruciale per individuare successivamente degli specifici biomarcatori”.
Il gruppo guidato da Foiani, focalizzato da oltre 20 anni sui meccanismi cellulari e molecolari preposti all’integrità del DNA e comunemente alterati nelle cellule tumorali, ha studiato il problema da una prospettiva ribaltata, partendo non dal metabolismo cellulare ma dalle strutture preposte all’integrità del genoma. “Abbiamo inizialmente osservato in cellule caratterizzate da una ridotta capacità di risposta ai danni del DNA come queste diventino estremamente dipendenti dall’apporto di glucosio – illustra Christopher Bruhn, autore dello studio con il Professor Foiani e in precedenza titolare di una borsa iCARE 2014 cofinanziata da AIRC e Unione europea –. Questo indizio trovava corrispondenza nella correlazione in molti tumori fra una risposta insufficiente ai danni del DNA e un consumo di grandi quantità di zucchero. Ci siamo allora chiesti se potesse sussistere una connessione tra queste due caratteristiche del cancro”.
Combinando screening genetici con analisi metabolomica, fosfo-proteomica e analisi dell’espressione genica, gli scienziati di IFOM hanno osservato come la risposta al danni del DNA regoli la produzione degli istoni, ovvero le proteine cruciali per “imballare” il DNA all’interno del nucleo, con un impatto significativo sul metabolismo cellulare.
“Le cellule caratterizzate da una scarsa risposta al danno del DNA – precisa Bruhn – producono istoni in eccesso. Gli istoni si accumulano e interferiscono con il metabolismo cellulare, che in queste condizioni consuma alti livelli di glucosio. La conseguenza nella cellula, già geneticamente instabile, è che paradossalmente sembra affamata anche se è alimentata con glucosio.”
“Dopo aver identificato gli istoni come mediatori molecolari della dipendenza da glucosio – prosegue il ricercatore – abbiamo ripetuto queste misurazioni del metabolita ‘correggendo’ gli squilibri con manipolazioni genetiche. Siamo rimasti colpiti da come questa piccola correzione abbia sorprendentemente ripristinato i normali livelli di metaboliti e la crescita in condizioni di limitazione del glucosio.”
“L’interdipendenza tra epigenetica e metabolismo è cruciale – evidenzia Foiani – e gli istoni sono i principali mediatori di queste interazioni, perché influenzano sia l’espressione dei geni sia alcuni flussi metabolici. I risultati emersi ora dal laboratorio dimostrano come sia la risposta al danno al DNA a operare modificazioni agli istoni, facendone degli straordinari ‘sensori metabolici’ con un impatto diretto sui fabbisogni nutrizionali della cellula tumorale”.
La scoperta ottenuta dal Professor Foiani, possibile grazie al contributo di Fondazione AIRC, apre ora la strada ad approcci terapeutici combinati che affianchino alle terapie oncologiche convenzionali approcci farmacologici e regimi dietetici mirati a biomarcatori metabolici specifici. Proprio in questa direzione, grazie alla collaborazione con l’Istituto Nazionale dei Tumori, e in particolare con il Dottor Claudio Vernieri (IFOM-INT) e il Professor Filippo De Braud (UNIMI-INT), i risultati dello studio potranno contribuire alla messa a punto di sperimentazioni cliniche mirate che combinino approcci terapeutici sperimentali, di tipo nutrizionale o farmacologico, in combinazione con i tradizionali farmaci chemioterapici. Giovanni Apolone, direttore scientifico dell’Istituto nazionale tumori, ha commentato: “La collaborazione con IFOM, di cui INT è uno dei fondatori, è per noi motivo di soddisfazione e dimostrazione della virtuosa interazione tra la ricerca di laboratorio e la ricerca clinica. Inoltre, stiamo lavorando per creare una linea di ricerca istituzionale co-finanziata con IFOM sul tema del metabolismo del cancro”.
Link alla ricerca: https://www.nature.com/articles/s41467-020-17961-4