Il cancro al colon fa sempre meno paura: coppia di anticorpi combatte le metastasi

Nuove speranze di sopravvivenza anche per i malati più gravi di cancro al colon-retto, anche nel caso non rispondano più alle cure
MeteoWeb

Una coppia di anticorpi monoclonali è in grado di raddoppiare la sopravvivenza dei malati più gravi di cancro al colon-retto, anche nel caso non rispondano più alle cure. La speranza arriva da uno studio di fase II su 77 pazienti: la combinazione di cetuximab, farmaco intelligente a bersaglio molecolare, e di avelumab, immunoterapico, aumenta da 8 a 13 mesi la sopravvivenza in pazienti con tumore colorettale metastatico in fase avanzata, con un controllo globale della malattia nel 65% dei casi. Nei pazienti senza mutazioni dei geni della famiglia Ras, valutate con biopsia liquida, la sopravvivenza è raddoppiata da 8 a 16 mesi e il controllo di malattia è stato raggiunto nel 73% dei casi. Il trial ‘Cave mCrc’, a singolo braccio di trattamento, è stato condotto in 8 centri di ricerca italiani con il coordinamento dell’università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’ nell’ambito del progetto ‘I-Cure’, interamente finanziato dalla Regione Campania per il triennio 2018-2020. I dati sono stati presentati al congresso virtuale della European Society for Medical Oncology (Esmo).

Questi gli ingredienti del ‘combo della speranza’, un’associazione ‘chemio-free’: cetuximab blocca il recettore per il fattore di crescita epidermico (Egfr) presente sulle cellule neoplastiche, mentre avelumab è un immunoterapico anti-Pd-L1 che modula la risposta immunitaria del paziente contro le cellule tumorali. Un mix che agisce in sinergia – sottolineano gli autori – rallentando la progressione del tumore metastatico e candidandosi a diventare “una strategia di terza linea per i pazienti in cui le altre opzioni terapeutiche abbiano fallito”.

La terapia con cetuximab e avelumab viene effettuata in questi pazienti con una strategia definita di ‘rechallenge’ – spiega Fortunato Ciardiello, professore ordinario del Dipartimento di Medicina di precisione dell’università Luigi Vanvitelli (dove è stato trattato il 30%dei pazienti coinvolti nel trial), coordinatore dello studio e past-president dell’Esmp – Si tratta della ripresa del trattamento con farmaci anti-Egfr in terza linea di terapia in pazienti che, dopo un’iniziale risposta a tali farmaci, hanno purtroppo avuto la progressione di malattia e hanno pertanto ricevuto un successivo, diverso trattamento. In questi pazienti la malattia metastatica riprende e diventa resistente alle terapie oncologiche: la prognosi è negativa e i trattamenti di terza linea attuali sono efficaci in una porzione relativamente piccola di pazienti, con una sopravvivenza in media di circa 8 mesi”.

I ricercatori hanno quindi provato una combinazione di cetuximab e avelumab, già utilizzato nel carcinoma a cellule di Merkel (un tumore raro della pelle), ma non nel cancro del colon-retto, per verificare se possono agire ‘spalleggiandosi’ l’un l’altro. “La prova ha funzionato molto bene”, indicano i dati. Eccoli nel dettaglio, riportati in una nota: “Con la terapia combinata la sopravvivenza mediana sale a 13,1 mesi, con una sopravvivenza libera da progressione di 3,6 mesi e un controllo di malattia globale nel 65% dei pazienti, 2 su 3. In 56 pazienti è stata effettuata anche una biopsia liquida, per analizzare se nel corso della terapia si fossero manifestate mutazioni di Kras, Nras e Braf che potrebbero averne influenzato l’efficacia: il test, facilmente ripetibile, fornisce una sorta di carta d’identità genetica del tumore e consiste nella raccolta del plasma del paziente con un semplice prelievo di sangue per evidenziare la presenza di mutazioni che caratterizzano la neoplasia nel Dna circolante, derivato dai siti tumorali del singolo paziente“.

Le mutazioni, che rendono il tumore non responsivo a cetuximab, si sono verificate soltanto in 15 casi, mentre gli altri sono rimasti Ras ‘wild type’, ovvero senza alcuna mutazione durante tutto il trattamento – riferisce Erika Martinelli, professore associato del Dipartimento di Medicina di precisione dell’università Luigi Vanvitelli – L’efficacia della cura è risultata ancora più significativa nei pazienti rimasti senza mutazioni: la sopravvivenza mediana è stata di 16,5 mesi, quella libera da progressione di 4,3 mesi e si è avuto il controllo globale di malattia nel 73% dei casi, 3 su 4. Il 39% dei pazienti con malattia Ras wild type, inoltre, ha una sopravvivenza libera da progressione maggiore di 6 mesi. Tutto questo con un profilo di sicurezza assolutamente accettabile: soltanto una leggera tossicità cutanea (nel 14% dei casi) e diarrea (nel 4%)”.

L’associazione usata – evidenziano gli esperti – consente di applicare l’immunoterapia ai tumori del colon-retto, che in genere rispondono poco all’impiego di farmaci attivi sulla risposta immunitaria anti-cancro. “Solo circa il 5% dei tumori al colon-retto risponde all’immunoterapia – precisa Ciardiello – ma in questo studio l’impiego di un immunoterapico quale avelumab in terza linea su pazienti metastatici sembra in grado di potenziare la risposta a cetuximab”. “Se confermati da studi randomizzati di fase III – commenta lo specialista – questi risultati permetterebbero di aggiungere una nuova efficace linea di terapia nella strategia globale e sequenziale di trattamento per i pazienti con cancro del colon-retto metastatico. Nei pazienti senza mutazioni per i geni Kras, Nras e Braf, cetuximab e avelumab potrebbero costituire una nuova terza linea di terapia che, grazie all’associazione di due anticorpi monoclonali e in assenza di chemioterapia, comporta un significativo incremento dell’attesa di vita”. Gli altri 7 centri italiani coinvolti nello studio sono l’ospedale Pascale di Napoli, l’ospedale Moscati di Avellino, l’università di Pisa, l’Istituto nazionale tumori di Milano, l’Irccs di Reggio Emilia, l’pspedale Casa del Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia) e il Campus Biomedico di Roma.

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